Contenuti:
- Premessa
- Principi fondamentali della medicina omeopatica
- Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
- Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
- Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
- Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
- Apparizione di vecchi sintomi
- Conclusioni
Premessa
Per semplicità di esposizione e per una migliore comprensione dei fenomeni partiremo dall’aggravamento che riguarda i sintomi da curare.
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che i sintomi da curare, alcuni o tutti, invece di migliorare, peggiorino: si verifica quello che viene chiamato l’aggravamento omeopatico. Tale situazione che può presentarsi nella fase iniziale della terapia, in genere non deve preoccupare perché è assolutamente naturale e sta ad indicare la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico. E’ una situazione transitoria, ma se dovesse perdurare è opportuno avvisare il proprio medico omeopata.
Per comprendere meglio tale fenomeno occorre ricordare i principi terapeutici ed i meccanismi d’azione della medicina omeopatica.
Principi fondamentali della medicina omeopatica
La medicina tradizionale adopera prioritariamente sistemi di cura che sfruttano l’azione dei principi contrari a quelli che hanno provocato la malattia, con l’obiettivo di sopprimere la sintomatologia che caratterizza la malattia. Per questo motivo è detta anche “medicina allopatica” o “allopatia”. Il termine, che fu coniato proprio da Hahnemann, deriva dal greco allos = diverso e pathos = malattia, cioè malattia del diverso, del contrario. E’ quindi una medicina che identifica prevalentemente la malattia nei sintomi della malattia stessa. Di solito viene prescritto un farmaco per ogni sintomo, che ha un’azione contrapposta al sintomo stesso, cioè provoca effetti direttamente contrari a quelli della malattia (es. in caso di febbre si somministra un antipiretico, in caso di pressione alta un antipertensivo o un diuretico, in caso di diarrea un astringente, in caso di cefalea un analgesico e così via). Se il paziente presenta più malattie dovrà assumere più farmaci. Il più delle volte le varie malattie, sia che si presentino contemporaneamente che in successione, vengono considerate ognuna a sé stante, senza cercare alcuna correlazione tra di loro.
La medicina omeopatica, o semplicemente omeopatia, invece si basa sul concetto di “simile”. Il termine deriva dalle parole greche ómois = simile e pàthos = malattia. Si deve a Samuel Hahnemann (1755–1843), il medico tedesco considerato il padre dell’omeopatia, la riscoperta del principio di similitudine già teorizzato da Ippocrate nel V secolo a.c. (“similia similibus curantur”: i simili si curano con i simili). Secondo tale principio è possibile curare una malattia con la stessa sostanza che la induce nel soggetto sano. Una sostanza (di origine vegetale, animale o minerale) può avere un effetto tossico o curativo a seconda della quantità ingerita. Ossia, un quadro sintomatologico, provocato da una sostanza assunta in dosi ponderali dall’individuo sano, è curato dalla stessa sostanza se viene assunta in dosi diluite dall’individuo che ne è ammalato. Questo quadro sintomatologico, che riguarda sia l’aspetto fisico che mentale, è unico e caratteristico per ciascuna sostanza.
Hahnemann, che provava su di sé le sostanze tossiche prudenzialmente diluite, si rese conto che quanto più continuava a diluire la sostanza di origine, tanto più si riduceva la sua azione tossica a vantaggio di una reazione dell’organismo, prima nascosta dall’azione tossica, che portava alla guarigione. Ricordiamoci che dopo la diluizione 12CH siamo oltre il numero di Avogadro e pertanto la soluzione non contiene più alcuna molecola della sostanza originale. Per conferire maggiore omogeneità alla soluzione in termini energetici, inoltre, ogni volta scuoteva energicamente il contenitore (si racconta che lo sbatteva 100 volte sulla Sacra Bibbia), dotando la soluzione della dinamizzazione. Nascono così i rimedi omeopatici. La diluizione e la dinamizzazione, senza le quali non si può parlare di rimedio omeopatico, conferiscono al rimedio la potenza terapeutica. Questa tecnica di preparazione dei rimedi omeopatici è tuttora ancora utilizzata.
Diventa fondamentale però individuare correttamente la sostanza di origine, ovverosia il rimedio omeopatico capace di produrre l’effetto terapeutico desiderato nella persona ammalata. Sono ancora gli studi e le osservazioni di Hahnemann che ci confortano in questa scelta.
Il criterio che si segue è che bisogna individuare un rimedio la cui sostanza di origine è in grado di sviluppare una complessità di sintomi, fisici e psichici, simili a quelli presenti nella persona affetta da quella determinata malattia, cioè un rimedio (ovvero la persona) che presenta un modo di ammalarsi simile. L’essenza e la straordinaria originalità dell’omeopatia è che “ogni rimedio è una persona”, capace cioè di personificare il malato in tutte le sue manifestazioni.
Non bastano quindi i soli sintomi del paziente, ma occorre tenere conto di tutte le altre peculiarità che rendono il soggetto unico rispetto a tutti gli altri affetti dalla stessa malattia. Sarà il medico omeopata a cercare nella storia del paziente e nelle sue manifestazioni somatiche e psichiche, il rimedio omeopatico più “simile” a lui. Si valuteranno quindi le caratteristiche ereditarie, le patologie passate, le cure effettuate, gli aspetti somatici, i sintomi psichici, lo stile di vita, i comportamenti, l’ambiente, la reattività, la sensibilità e quant’altro, senza trascurare niente (processo di individualizzazione). Si va cioè ad indagare in modo particolare il “terreno” caratteristico di quel paziente, di cui la manifestazione patologica ne è l’espressione. Il concetto è che l’omeopatia non prescrive il rimedio considerando la malattia, ma lo prescrive considerando il malato affetto da quella malattia.
Si riesce così ad individuare, tra i tanti possibili, il rimedio omeopatico che ha caratteristiche simili a quelle del paziente, a fronte di una certa patologia. Tanto più alta è questa similitudine, tanto maggiore sarà l’azione terapeutica. Il rimedio omeopatico perfettamente simile al paziente è chiamato simillimum ed è quello teorizzato e privilegiato da Hahnemann. La scuola di Medicina Omeopatica Unicista, rimasta fedele al pensiero del medico tedesco, prescrive un solo rimedio alla volta che è proprio il simillimum. Tale rimedio è molto personalizzato, è <<l’abito su misura>> e per questo può essere prescritto alle alte ed altissime diluizioni. La sua azione terapeutica è sistemica, profonda e veloce.
Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
I sintomi non sono quindi la malattia ma sono lo sforzo di reazione dell’organismo nel tentativo di ripristinare l’equilibrio perduto, per andare naturalmente verso la guarigione. Nel caso delle malattie croniche, citando ancora Hahnemann, i sintomi sono l’espressione della malattia che si manifesta all’esterno sulla base del miasma predominante (l’odierna diatesi, che ricordiamo è la modalità propria di sviluppo e di evoluzione della malattia verso la quale esiste una predisposizione acquisita o congenita).
Per ulteriori informazioni in merito consultare l’articolo “Diatesi in omeopatia” della presente sezione.
Per i motivi esposti l’approccio terapeutico della medicina omeopatica non è quello della soppressione dei sintomi, che addirittura sarebbe controproducente, come invece avviene nella medicina allopatica, ma di agire sullo squilibrio che ha provocato i sintomi, sulla causa profonda della malattia. L’utilizzo del simillimum porta proprio a questo risultato: l’eliminazione dei sintomi diventa la conseguenza della terapia e non il suo obiettivo, che resta la guarigione.
Per il fatto che il rimedio provoca gli stessi sintomi da curare (ossia, come visto, la sostanza di origine a dosi ponderali o lo stesso rimedio omeopatico somministrato ripetutamente), è possibile che all’inizio della cura si produca un’esaltazione di questi sintomi, un loro aggravamento temporaneo. Il fenomeno è noto in omeopatia sotto la denominazione di “aggravamento omeopatico” e va considerato in senso positivo, anche se a volte fastidioso e opposto alla psicologia del malato che dalla terapia si aspetta solo il miglioramento. Esso è la misura concreta di quanto il rimedio stia agendo correttamente e stia mettendo in atto la sua azione terapeutica. Quindi l’aggravamento omeopatico consiste in un’esaltazione temporanea dei sintomi da curare, che si manifesta nella fase iniziale della terapia ed è di tipo terapeutico, nel senso che sta ad indicare l’inizio di un percorso terapeutico favorevole. Lo stato di salute generale del paziente nel frattempo incomincia a migliorare, trasmettendo quella sensazione interna, non meglio precisabile, di inizio di benessere.
Diciamo subito che generalmente tale aggravamento temporaneo nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. Però la situazione relativa al suo presentarsi, alla sua durata ed alla sua entità è piuttosto articolata. Tutto è strettamente legato in misura proporzionale a diversi fattori individuali (come al solito in campo omeopatico), quali ad es. la reattività e sensibilità dell’organismo allo stimolo del rimedio omeopatico, la profondità della patologia o del disturbo (acuto, sub-acuto, cronico), il livello d’azione terapeutica (drenaggio, lesionale, funzionale, generale, mentale, diatesico), la diluizione del rimedio (bassa, media, alta, altissima), la presenza o meno di danni tissutali, le caratteristiche intrinseche del rimedio, ecc. In linea del tutto generale e in estrema sintesi, fermo restando che la diversa reattività del singolo organismo potrebbe fare la differenza, quando il rimedio omeopatico è ben scelto (nella condizione ideale il simillimum), nelle malattie acute, solitamente curate con le basse diluizioni, l’aggravamento omeopatico è quasi immediato e di breve durata, invece nelle malattie croniche, solitamente curate con le alte diluizioni, l’aggravamento si manifesta comunque più tardi, ma da più precocemente a più tardivamente con il crescere della diluizione. L’esistenza dei danni tissutali rende poi l’aggravamento proporzionalmente più severo.
Inoltre l’aggravamento omeopatico è tanto più sensibile quanto più il rimedio si avvicina al simillimum, in quanto questo riesce a coprire sempre più sintomi e ad agire più in profondità. Invece quando, secondo il pensiero della cosiddetta Scuola francese, si adoperano i rimedi sintomatici (che ricordiamo sono i rimedi caratterizzati da pochi sintomi, in bassa diluizione e che quindi hanno un’azione locale, di organo, non sistemica) per la cura delle malattie acute, l’aggravamento omeopatico è quasi del tutto assente o poco significativo. Può essere presente, ovviamente in una forma più blanda, solo se il rimedio sintomatico viene utilizzato per curare le malattie croniche (ricordiamo che il rimedio è lo stesso, si allungano solo i tempi ed il periodo di somministrazione): questo si verifica perché nella malattia cronica, che dura da molto tempo, c’è un coinvolgimento più profondo dell’individuo e quindi è possibile riscontrare un numero più alto di sintomi caratteristici, per cui il rimedio sintomatico si avvicina di più al simillimum.
Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
Abbiamo detto che l’aggravamento omeopatico, ovverosia l’esaltazione dei sintomi da curare contenuti nel rimedio somministrato, che può presentarsi all’inizio di una terapia, è una situazione transitoria del tutto naturale che in genere non deve preoccupare in quanto rappresenta proprio l’efficacia dell’azione terapeutica del rimedio omeopatico.
Nel caso che l’aggravamento sia particolarmente molesto per il paziente, ma ancora sopportabile, si potranno momentaneamente allungare i tempi delle somministrazioni.
Quando invece siamo in presenza di un aggravamento omeopatico non sopportabile dal paziente, al punto tale da determinare una condizione di tracollo generale, fisico e psichico, è opportuno far valutare dal medico omeopata se è il caso di sospendere le somministrazioni o di ricorrere ad un antidoto omeopatico per i sintomi disturbanti. Ricordiamo che l’antidoto di un rimedio omeopatico, per determinati sintomi, non è l’antidoto allopatico, ossia non è il controveleno, ma è un rimedio omeopatico che controlla l’azione del rimedio principale, controllando proprio quei sintomi per i quali si rivela antidoto. In altre parole l’antidoto omeopatico è il rimedio che incanala gli effetti troppo impetuosi, troppo violenti del rimedio principale prescritto, relativamente ad alcuni sintomi. Nelle cure omeopatiche l’antidoto omeopatico può essere affiancato al rimedio principale, aiutandone l’azione nella fase acuta della patologia e riducendo sensibilmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Le diluizioni cinquantamillesimali LM, preconizzate da Hahnemann nella VI e ultima edizione dell’Organon, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di diminuire notevolmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
Nel corso di una cura omeopatica, il più delle volte nella fase iniziale ma a volte anche più tardi, possono comparire dei nuovi sintomi, completamente estranei ai sintomi da curare. In tali casi bisogna saper leggere attentamente questi nuovi sintomi, nel senso di saperli opportunamente riconoscere per attribuirne l’origine e quindi adottare i provvedimenti conseguenti. Vediamo cosa può succedere.
Escludendo ovviamente che questi nuovi sintomi siano i sintomi evolutivi della malattia, perché in tal caso vorrebbe significare che il rimedio prescritto non è quello giusto, bisogna stare attenti a non confondere i nuovi sintomi con il ritorno di vecchi sintomi del proprio passato patologico, di cui diremo nell’apposito paragrafo successivo.
Una volta accertato che il nuovo sintomo (o i nuovi sintomi) può definirsi tale, ossia che non è un sintomo patologico e non è un vecchio sintomo, è importante notarlo bene e con tutte le sue caratteristiche, perché la prima cosa da fare è di controllare se tale sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio omeopatico. Nella stragrande maggioranza dei casi la verifica di tale riscontro è positiva, nel senso che il nuovo sintomo è contenuto nel rimedio, ossia rientra tra i sintomi che il rimedio normalmente è in grado di curare. Ma che è in grado anche di provocare qualora venga ripetuto incautamente con frequenza elevata, vale a dire con intervalli di tempo troppo brevi. Ciò si verifica in particolare con le alte diluizioni, quando la posologia, ovverosia la distanza tra le assunzioni, viola di molto la durata di copertura terapeutica del rimedio, quando, in parole più povere, il rimedio è ripetuto troppo spesso, anche giornalmente nelle diluizioni medie e alte.
L’aggravamento iatrogeno è dovuto quindi allo sviluppo del potere patogeno del rimedio, come conseguenza di un uso troppo ripetuto dello stesso durante la sua copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. Ecco perché il fenomeno è molto più probabile con le alte diluizioni.
Ovviamente è un aggravamento da evitare perché non è terapeutico, è disturbante e complica inutilmente il percorso di guarigione.
Per evitare il rischio di incorrere nell’aggravamento iatrogeno bisognerebbe astenersi dal ripetere la dose durante la fase di copertura terapeutica del rimedio, ossia finché lo stesso fa registrare dei miglioramenti ed assumerla perciò solo verso la fine di tale fase quando i miglioramenti incominciano a non progredire più.
Nella sporadica eventualità che il nuovo sintomo non figura nella patogenesi del rimedio prescritto e lo stato di salute generale del paziente è buono, nel senso che si sta comunque procedendo verso la guarigione, allora si tratta ancora di aggravamento iatrogeno perché certamente nuovi provings che saranno fatti in futuro mostreranno che il nuovo sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio.
Un’altra eventualità, abbastanza singolare, di poter incorrere nell’aggravamento iatrogeno è quando il paziente possiede una sensibilità eccessiva, una suscettibilità estrema nei confronti dei rimedi omeopatici, per cui manifesta i sintomi del rimedio somministrato qualsiasi esso sia. Il fenomeno è noto con il termine “idiosincrasia”, che in campo omeopatico intende descrivere un soggetto che presenta una ipersensibilità, una reazione eccessiva e violenta verso i rimedi omeopatici. In altre parole, ci troviamo al di sopra della normale soglia di reazione dell’organismo. Dal punto di vista della ricerca pura, questi pazienti si dimostrano essere degli eccellenti “provers”, però sono difficili da curare. L’azione da mettere in atto, prima di stabilire la terapia vera e propria, è di tentare di diminuire tale sensibilità esagerata utilizzando certi rimedi omeopatici che possono apportare una desensibilizzazione generale, quali ad es. Asarum europaeum, Chamomilla, Coffea, China, Ignatia amara, Nux vomica, Pulsatilla, Teucrium marum, Valeriana.
L’aggravamento iatrogeno è comunque temporaneo e sparirà, senza altre conseguenze, in un arco di tempo che generalmente va da qualche giorno a qualche settimana.
Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
Ovviamente la prima modalità da mettere in atto è quella di evitare che l’aggravamento iatrogeno insorga, ossia di stare attenti a non ripetere eccessivamente il rimedio con le diluizioni più alte in particolare, tenendo in debito conto la durata di copertura terapeutica che è crescente con la diluizione.
La modalità di carattere generale per ridurre il rischio dell’aggravamento iatrogeno è adottabile con il rimedio omeopatico in forma liquida, che consente di poter accrescere ad ogni assunzione la potenza del rimedio, accrescendo leggermente o la diluizione o la dinamizzazione. In tal modo si fornisce al paziente ogni volta uno stimolo non sempre uguale, anche se simile e quindi una risposta di reazione dell’organismo sempre un po’ diversa, con il risultato che si scongiura o si attenua l’aggravamento in parola. Vediamo come.
Il sistema, adoperato dai Maestri del passato, consiste nel lasciar sciogliere alcuni granuli (3 sono sufficienti) in mezzo bicchiere d’acqua e poi berne un sorso nel numero di volte giornaliero prescritto. Si rabbocca di volta in volta l’acqua che viene bevuta, allo scopo di aumentare leggermente la diluizione della soluzione e quindi la sua potenza terapeutica, come raccomandava Hahnemann, per evitare qualsiasi effetto iatrogeno. Se non si effettua il rabbocco, la soluzione, prima di ogni assunzione, o deve essere travasata rapidamente più volte (almeno 20 volte) da un bicchiere all’altro, oppure deve essere scossa energicamente più volte (almeno 10 volte) ed in quest’ultimo caso occorre una bottiglietta. Ciò sempre allo scopo di aumentare ad ogni assunzione la potenza energetica della soluzione, aumentando in tal caso la dinamizzazione.
Se si dispone del rimedio già in forma liquida basta avere la sola accortezza di scuotere energicamente la bottiglietta ad ogni assunzione.
Tale modalità di assunzione è in grado di ridurre anche l’aggravamento omeopatico vero e proprio, quello terapeutico, di cui in precedenza.
Anche stavolta se i sintomi iatrogeni, comunque verificatesi, sono particolarmente disturbanti e debilitanti si può adottare un antidoto omeopatico per i sintomi in questione.
Le diluizioni cinquantamillesimali hahnemanniane LM, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di evitare l’eventuale aggravamento iatrogeno, mantenendo sempre l’accortezza di scuotere energicamente, ad ogni assunzione, la bottiglietta del rimedio in forma liquida.
Apparizione di vecchi sintomi
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che ritornino dei vecchi sintomi che appartengono al proprio passato patologico. Tale apparizione non deve preoccupare, conviene astenersi da qualsiasi terapia specifica, perché questo ritorno è un’eccellente prognosi. Ci troviamo nel pieno rispetto della legge di guarigione naturale di Hering (da Constantin Hering, uno dei più brillanti allievi di Hahnemann), secondo la quale la guarigione terapeutica segue una direzione ben precisa: “dall’alto al basso, da dentro a fuori, nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”. Nella fattispecie ci interessa considerare “nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”, per cui durante la terapia sono riapparsi i vecchi sintomi del passato, che però non sono in grado di riproporre la malattia e quindi saranno solo passeggeri. Infatti dopo un arco di tempo variabile, da una a qualche settimana, questi vecchi sintomi scompaiono, senza che si intervenga, non lasciando alcuna conseguenza e contemporaneamente si instaura il processo di miglioramento del paziente. In tale evenienza ci si trova nell’ambito del naturale aggravamento omeopatico (quello terapeutico) di cui in precedenza.
Nella sporadica circostanza che i vecchi sintomi persistano con la stessa intensità, occorrerà procedere ad una seconda prescrizione di un rimedio omeopatico diverso mettendo in primo piano nella ricerca repertoriale i vecchi sintomi.
Conclusioni
Nel corso di una cura omeopatica può presentarsi un aggravamento sintomatico temporaneo che può risultare di due tipi: l’aggravamento omeopatico vero e proprio e l’aggravamento iatrogeno. Il primo è terapeutico, il secondo no.
L’aggravamento omeopatico, consistente in un’esaltazione transitoria dei sintomi da curare, è da considerarsi terapeutico, nel senso che indica la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico e quindi è indice prognostico di percorso terapeutico favorevole. Nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. I modi per contenerlo sono il diradamento delle assunzioni, la loro sospensione o l’uso di un antidoto omeopatico.
L’aggravamento iatrogeno, consistente nell’apparizione transitoria di nuovi sintomi contenuti nel rimedio come sviluppo del suo potere patogeno, è dovuto ad un uso eccessivo e ripetuto del rimedio durante la sua fase di copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. E’ un aggravamento assolutamente da evitare perché non è terapeutico e complica inutilmente il percorso di guarigione. Generalmente scompare in un arco di tempo variabile da qualche giorno a qualche settimana. I modi per contenerlo o per evitarlo si traducono nell’uso proprio della diluizione senza eccessi, nelle somministrazioni a potenze crescenti o nel ricorso ad un antidoto omeopatico.
L’apparizione temporanea di vecchi sintomi del proprio passato patologico è da considerarsi di natura terapeutica, in quanto in sintonia con la legge di guarigione di Hering e con il naturale aggravamento omeopatico.
Bartolomeo dice
Buongiorno, è da due settimane che sto assumendo arsenicum album.
Il primo giorno 200 k dose unica, mentre i giorni seguenti 2 granuli alla sera di 35 k.
Il 7 giorno Mk dose unica e così via.
Sto tuttavia notando un peggioramento del mio stato di salute con batticuore, incubi, nausea, giramenti di testa con pressione alta e tendenza allo svenimento.
Cosa devo fare secondo lei poiché il mio medico omeopatico vuole farmi andare avanti con la cura ma io sono preso da forte ansia e paura che già avevo prima di iniziare la cura e questo non fa altro che aumentarle. Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Bartolomeo, se nel giro di un’altra settimana il peggioramento non si esaurisce, allora verosimilmente non si tratta di aggravamento omeopatico o iatrogeno, ma di un fenomeno completamente estraneo alla somministrazione dei rimedi omeopatici, che richiede un controllo medico. Le consiglio pertanto di fare il punto della situazione con il medico omeopata, che potrà anche valutare se transitoriamente diradare o sospendere le somministrazioni, oppure cambiare rimedio e posologia. Cordiali saluti.
Valeria dice
Buonasera dottoressa, sto usando un rimedio omeopatico per il mio cane anziano che tra le varie problematiche di cui soffre (reni, prostata, fegato…) sta avendo anche nell’ultimo mese attacchi di convulsioni della durata di 20-3040″. Crisi convulsive che avvengono quasi sempre in seguito a stress psicoemotivo o a sforzo fisico o dopo il pasto. Inizialmente erano abbastanza distanziate tra di loro (si verificavano anche a distanza di 3 o 4 settimane) ma nell’ultima settimana si sono molto ravvicinate e sono più frequenti (è capitato anche 2 volte nello stesso giorno). Prima di procedere con i farmaci epilettici classici, che hanno tante gravi controindicazioni soprattutto a livello epatico e renale (e il mio cane soffre a livello renale, ha problemi alla cistifellea e potrebbe averei un’encefalopatia epatica), sto provando a somministrargli da 2 gg EPILOXb (Sodio cloruro, fruttosio, tilia tomentosa, aesculus, hippocastanum). Mi sembra non ci sia alcun miglioramento, ma forse anche un peggioramento (o aggravamento omeopatico). Saprebbe indicarmi se le sostanze contenute in questo integratore omeopatico sono adatte al suo problema o forse esiste qualcosa di più efficace e con meno probabilità di aggravamento omeopatico o iatrogeno?
Grazie mille e cordiali saluti
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Valeria, com’è noto, l’Omeopatia applicata agli animali richiede tecniche, strategie e pratiche terapeutiche completamente differenti da quelle per l’uso umano, con riflessi sulla scelta dei rimedi omeopatici, sulle diluizioni, sulle posologie, sui tempi di cura, ecc. Gli animali hanno anatomia, fisiologia e patologia generale diverse dalla specie umana e ciò indispensabilmente richiede un approccio terapeutico distinto. Di tanto si occupa l’Omeopatia Veterinaria. Sarebbe quindi opportuno porre il quesito a un sito veterinario che tratta l’Omeopatia o direttamente a un veterinario omeopata. Ciò che posso dirle, che ovviamente riguarda gli organismi umani, è che per le convulsioni vengono spesso adoperati rimedi omeopatici come Belladonna, Cuprum metallicum, Hyoscyamus niger, Ignatia amara, Kali carbonicum, Lachesis, Stramonium, Sulphur, Zincum metallicum… L’EPILEXb, da quanto mi risulta, è un integratore fitocomplesso per cani e gatti cui viene attribuita la proprietà di coadiuvante nelle manifestazioni epilettiche. Cordiali saluti.
STEFANO dice
Salve Dott.ssa ho dovuto sospendere dopo 4 settimane Aurum metallicum 9ch preso x artrite Autoimmune e riprendere dei rimedi Fitoterapici causa un deciso peGGioramento dei sintomi.E’ il caso di cambiare diluizione,della 9ch ne ho ancora 2,Grazie Molte
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Stefano, l’utilizzo di una diluizione più alta può ravvivare l’azione terapeutica di un rimedio omeopatico. Infatti il ricorso a una diluizione superiore si giustifica quando, dopo un certo periodo di sollievo dei sintomi, il paziente torna a soffrire di nuovo, sebbene in maniera più blanda, oppure, dopo un iniziale miglioramento, entra in una fase di stallo in cui, benché attenuati, persistono gli stessi sintomi che hanno indotto la prima prescrizione. Al di fuori di ciò il cambio della diluizione diventa inutile. Ovviamente la prescrizione giusta per lei la può garantire solo un medico omeopata, previa visita. Cordiali saluti.
pierangela dice
Buongiorno
Soffro da diversi anni di emorroidi, dapprima non sanguinavano da 2 anni sanguinano, ho provato diversi rimedi in questi ultimi 5 anni rimedi unici, quindi cambiati ma assunti come rimedio unico, lachesis, sepia, thuja, aescolus hippocastanum, sulphu e in diverse diluizioni dal 5ch al 30ch e al 200ch ovviamente prescritte da un omeopata, adesso sono in confusione totale ho emorroidi dolorosissime e sanguinanti, le gambe che sembrano in una morsa, non so cosa fare ho provato con medicina tradizionale iniezioni etc,,,ma il mio fegato ne risente immediatamente.
Ho letto, mi sono informata ma non sono d’accordo con la medicina fai da te, l’unico dubbio che mi pongo è questo: è possibile assumere più rimedi contemporaneamente visto che non c’è un unico rimedio che descriva i miei sintomi ma questi sono individuati in vari rimedi ?
grazie anticipatamente del chiarimento
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Pierangela, è possibile associare più rimedi omeopatici, preferibilmente alternandoli nelle assunzioni, ma controllando che non ci siano incompatibili tra loro, come invece nel caso di Lachesis e Sepia che sono rimedi incompatibili l’uno dell’altro. A titolo esclusivamente informativo, le posso riepilogare i principali rimedi omeopatici che vengono utilizzati per trattare le emorroidi, tutti in bassa diluizione: Aesculus hippocastanum (le emorroidi si presentano brucianti e pruriginose, ma poco dolorose, sanguinano raramente e il paziente avverte una sensazione di pienezza rettale; i disturbi migliorano con applicazioni fredde), Muriaticum acidum (al contrario del precedente, i disturbi migliorano con le applicazioni calde; le emorroidi si presentano bluastre e dolorose, aggravate anche dal minimo contatto; il sanguinamento è scarso), Hamamelis (si differenzia dal precedente solo per l’abbondante sanguinamento), Lachesis (se i sintomi peggiorano con il caldo e migliorano con l’emorragia), Aloe socotrina (per i casi in cui le emorroidi si presentano a grappolo, se coesiste miglioramento con il freddo e se il paziente talvolta non riesce a trattenere le feci e/o il muco), Ratanhia (se il dolore si presenta dopo l’evacuazione), Nux vomica (in caso di congestione, bruciore e prurito; abuso alimentare in soggetto sedentario), Collinsonia (emorroidi sanguinanti e dolorose; sensazione di schegge o sabbia nel retto; peggioramento con il freddo e miglioramento con il caldo), Sulphur (emorroidi sensibili e sanguinanti con prurito anale intenso o violenti spasmi rettali in soggetto focoso; peggioramento con il calore), Sepia (emorroidi dolorose e sanguinanti, prospicienti durante l’evacuazione e/o camminando), Thuya (emorroidi gonfie dolenti, brucianti, pungenti e pruriginose, che peggiorano stando seduti). Le consiglio di ricontattare l’omeopata e di fare con lui il punto della situazione. Cordiali saluti.
sandro dice
Buonasera Dottoressa mi chiamo Sandro da Torino.Ho iniiato una cura per una depressione che mi dura da circa 27 anni e la cosa curiosa che l’aggravamento omeopatico mi è apparso circa un’ora dopo la prima assunione del farmaco…secondo lei è normale per una malattia cronica?
La ringrazio.
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Sandro, come lei sa l’Omeopatia è una medina piuttosto individuale, poco generalizzabile, per cui è possibile, anche se meno probabile, che per una malattia cronica l’aggravamento omeopatico si manifesti dopo breve tempo: volendo sintetizzare, molto dipende dalla reattività/sensibilità del singolo organismo allo stimolo del rimedio omeopatico, dal livello di fase acuta della malattia cronica, dal grado di somiglianza con il rimedio omeopatico, nonché dalla diluizione usata. Questi fattori, presi singolarmente o in combinazione tra loro, possono dar luogo a risposte specifiche meno diffuse. Cordiali saluti.
Ilaria dice
Buongiorno,
spero possa aiutarmi perchè la situazione sembra peggiorare ad ogni rimedio, che mi viene consigliato.
Il problema è che allatto mio figlio (un mese e mezzo), ma lui è pigro e quindi ha sempre preso aggiunte di artificiale col biberon perché al seno si addormentava. Il latte è calato drasticamente, quando ci siamo accorti che soffre di reflusso, quando tutti hanno cominciato a mettere in dubbio che avessi abbastanza latte e dopo la prima somministrazione di Calcarea carbonica 200CH (5 giorni fa), anche se il tipo fisico mi somiglia poco (io sono piuttosto minuta). Non so se prendere la seconda dose oggi perché dovrei assumerne tre tubi in tutto a distanza di 5 giorni l’uno dall’altro.
Inizialmente mi era stato consigliato Ricinus 5Ch ed effettivamente aveva parzialmente funzionato, ma ho dovuto sospenderlo perché mi faceva gonfiare (avevo accumulato 5 kg di ritenzione in 2-3 settimane. Li sto perdendo appena smesso). Mi hanno consigliato di affiancare Urtica Urens 5ch, ma non ho ottenuto risultati.
Proseguo con Calcarea Carbonica 200 Ch, nonostante il peggioramento evidente dopo il primo tubo?
Dovrei cambiare rimedio (quale?)?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Ilaria, Calcarea carbonica è uno dei rimedi omeopatici che viene utilizzato in caso di ipogalattia (scarsa produzione di latte materno), dovuta a emotività o fatica, ma generalmente con una diluizione bassa (ad es. 5CH). Probabilmente la prima cosa da fare sarebbe quella di passare a una tale diluizione, tanto più se lei assomiglia poco al rimedio in parola. A titolo informativo, altri rimedi omeopatici potenzialmente idonei sono Phosphoricum acidum, Agnus castus, Sabal serrulata, sempre in bassa diluizione. Tenga comunque presente che nella stragrande maggioranza dei casi, quando cioè non sussistono problemi di salute della madre, l’ipogalattia può essere causata da una cattiva gestione dell’allattamento, come ad es. quando il bambino non si attacca correttamente al seno, il numero di poppate è ridotto, non si effettua l’allattamento a richiesta, le poppate sono troppo brevi, si fa un uso eccessivo di ciucci e biberon, la madre non assume liquidi a sufficienza, ecc. Proprio come per Calcarea carbonica, lo stress può essere un fattore importante nella diminuzione del latte materno, per cui sarebbe opportuno evitare ansie infondate, dormire a sufficienza, mangiare bene e bere molta acqua (ne sono consigliati almeno due litri al giorno). Ovviamente la prescrizione giusta per lei la può garantire solo un medico omeopata, previa visita, al quale quindi le consiglio di rivolgersi. Se invece la prescrizione le è stata fatta da un medico omeopata, sarebbe opportuno informarlo e fare con lui il punto della situazione. Cordiali saluti.
Rosanna dice
Buonasera, ho preso stamattina la prima fiala di Thuja Compositum( per la mia psoriasi pustolosa) consigliarmi dal mio dottore.Oggi pomeriggio mal di testa ,un po’ di senso di nausea,viso che brucia ,e normale?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Rosanna, potrebbe trattarsi del temporaneo aggravamento omeopatico/iatrogeno dovuto all’assunzione del rimedio complesso. Se così fosse, il tutto dovrebbe gradualmente esaurirsi in un arco di tempo ragionevolmente breve (da alcune ore a qualche giorno), senza lasciare alcuna conseguenza. Se invece i sintomi dovessero persistere, allora verosimilmente si tratta di un fenomeno completamente estraneo alla somministrazione del rimedio, che richiede pertanto un’indagine medica. Sarebbe comunque opportuno informare già da subito il medico, che potrà anche valutare se nel frattempo diradare le assunzioni o sospenderle o cambiare il rimedio. Cordiali saluti.
Paola dice
Buongiorno ,
un anno fa ho fatto visitare mia figlia per un fastidio agli occhi che aveva avuto nella primavera- estate precedente per il quale le era stata diagnosticata ipertrofia papillare nella palpebra inferiore causata dai pollini e che la portava a sbattere e strizzare gli occhi.
Dopo aver fatto la cura prescrittami dal medico omeopata a base di macerato di ribes nero e granuli di Pulsatilla e Pollens la primavera- estate scorsa non ha avuto più nessun problema.
Su consiglio della pediatra a settembre siamo andate a fare il prick- test che ha dato esito negativo per tutte le allergie ma l’allergologa ha comunque suggerito di rifare la cura di ribes e granuli omeopatici per scongiurare la possibilità che il test fosse un falso negativo visto l’età della bambina (4 anni)
Da una decina di giorni ho quindi iniziato nuovamente la cura che mi era stata prescritta l’anno scorso ma da un paio di giorni mia figlia ha iniziato ad avvertire prurito al naso e occhi e ricominciando quindi a sbatterli (per ora il fastidio è leggero, non paragonabile a quello che aveva avuto durante il periodo di pollinazione)
potrebbe essere un aggravamento omeopatico anche se di fatto quando ha iniziato la cura non aveva nessun sintomo ma era fatta solo a scopo preventivo? L’anno scorso non ha avuto questa reazione e anche allora essendo inverno, non avevo alcun sintomo.
grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Paola, potrebbe trattarsi di aggravamento omeopatico o iatrogeno dovuto all’assunzione di Pulsatilla e/o Pollens. A scopo precauzionale sospenda la cura e ricontatti il medico omeopata. Cordiali saluti.
Raffaella dice
È possibile che nella cura per artrite con citomegalovirus diluito i sintomi giornalieri siano di gran lunga peggiori di quelli che si provavano prima : sono.possati dieci giorni e ogni giorno sono.piu ‘ dolorosi.
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Raffaella, in genere la cura dell’artrite richiede tempi non brevi per fornire i primi risultati e la sintomatologia nel frattempo può avere degli alti e bassi. Le consiglio comunque di informare il medico che le ha prescritto la terapia. Cordiali saluti.
Giovanna dice
Salve Dottoressa ho iniziato la cura omeopatica un mese fa con sanguinaria 3 volte al di, Ignazia 1 v. al di sospesa dopo 20 giorni, follicolinum o luteine , thuya 1v. a set. Biomag 2 v.al di metasleep, e tiglio fee ma da quando ho iniziato mi sono sopraggiunti effetti indesiderati notevoli ho tremori improvvisi fino a 15 manifestazioni al di e forte senso di paura… cosa devo fare?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Giovanna, in attesa di comprendere se trattasi o meno di aggravamento omeopatico/iatrogeno, il principio di precauzione suggerisce di sospendere ogni cura e di informare il medico omeopata, se è in cura da questi, altrimenti di individuarne uno cui rivolgersi. Cordiali saluti.