Contenuti:
- Premessa
- Principi fondamentali della medicina omeopatica
- Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
- Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
- Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
- Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
- Apparizione di vecchi sintomi
- Conclusioni
Premessa
Per semplicità di esposizione e per una migliore comprensione dei fenomeni partiremo dall’aggravamento che riguarda i sintomi da curare.
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che i sintomi da curare, alcuni o tutti, invece di migliorare, peggiorino: si verifica quello che viene chiamato l’aggravamento omeopatico. Tale situazione che può presentarsi nella fase iniziale della terapia, in genere non deve preoccupare perché è assolutamente naturale e sta ad indicare la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico. E’ una situazione transitoria, ma se dovesse perdurare è opportuno avvisare il proprio medico omeopata.
Per comprendere meglio tale fenomeno occorre ricordare i principi terapeutici ed i meccanismi d’azione della medicina omeopatica.
Principi fondamentali della medicina omeopatica
La medicina tradizionale adopera prioritariamente sistemi di cura che sfruttano l’azione dei principi contrari a quelli che hanno provocato la malattia, con l’obiettivo di sopprimere la sintomatologia che caratterizza la malattia. Per questo motivo è detta anche “medicina allopatica” o “allopatia”. Il termine, che fu coniato proprio da Hahnemann, deriva dal greco allos = diverso e pathos = malattia, cioè malattia del diverso, del contrario. E’ quindi una medicina che identifica prevalentemente la malattia nei sintomi della malattia stessa. Di solito viene prescritto un farmaco per ogni sintomo, che ha un’azione contrapposta al sintomo stesso, cioè provoca effetti direttamente contrari a quelli della malattia (es. in caso di febbre si somministra un antipiretico, in caso di pressione alta un antipertensivo o un diuretico, in caso di diarrea un astringente, in caso di cefalea un analgesico e così via). Se il paziente presenta più malattie dovrà assumere più farmaci. Il più delle volte le varie malattie, sia che si presentino contemporaneamente che in successione, vengono considerate ognuna a sé stante, senza cercare alcuna correlazione tra di loro.
La medicina omeopatica, o semplicemente omeopatia, invece si basa sul concetto di “simile”. Il termine deriva dalle parole greche ómois = simile e pàthos = malattia. Si deve a Samuel Hahnemann (1755–1843), il medico tedesco considerato il padre dell’omeopatia, la riscoperta del principio di similitudine già teorizzato da Ippocrate nel V secolo a.c. (“similia similibus curantur”: i simili si curano con i simili). Secondo tale principio è possibile curare una malattia con la stessa sostanza che la induce nel soggetto sano. Una sostanza (di origine vegetale, animale o minerale) può avere un effetto tossico o curativo a seconda della quantità ingerita. Ossia, un quadro sintomatologico, provocato da una sostanza assunta in dosi ponderali dall’individuo sano, è curato dalla stessa sostanza se viene assunta in dosi diluite dall’individuo che ne è ammalato. Questo quadro sintomatologico, che riguarda sia l’aspetto fisico che mentale, è unico e caratteristico per ciascuna sostanza.
Hahnemann, che provava su di sé le sostanze tossiche prudenzialmente diluite, si rese conto che quanto più continuava a diluire la sostanza di origine, tanto più si riduceva la sua azione tossica a vantaggio di una reazione dell’organismo, prima nascosta dall’azione tossica, che portava alla guarigione. Ricordiamoci che dopo la diluizione 12CH siamo oltre il numero di Avogadro e pertanto la soluzione non contiene più alcuna molecola della sostanza originale. Per conferire maggiore omogeneità alla soluzione in termini energetici, inoltre, ogni volta scuoteva energicamente il contenitore (si racconta che lo sbatteva 100 volte sulla Sacra Bibbia), dotando la soluzione della dinamizzazione. Nascono così i rimedi omeopatici. La diluizione e la dinamizzazione, senza le quali non si può parlare di rimedio omeopatico, conferiscono al rimedio la potenza terapeutica. Questa tecnica di preparazione dei rimedi omeopatici è tuttora ancora utilizzata.
Diventa fondamentale però individuare correttamente la sostanza di origine, ovverosia il rimedio omeopatico capace di produrre l’effetto terapeutico desiderato nella persona ammalata. Sono ancora gli studi e le osservazioni di Hahnemann che ci confortano in questa scelta.
Il criterio che si segue è che bisogna individuare un rimedio la cui sostanza di origine è in grado di sviluppare una complessità di sintomi, fisici e psichici, simili a quelli presenti nella persona affetta da quella determinata malattia, cioè un rimedio (ovvero la persona) che presenta un modo di ammalarsi simile. L’essenza e la straordinaria originalità dell’omeopatia è che “ogni rimedio è una persona”, capace cioè di personificare il malato in tutte le sue manifestazioni.
Non bastano quindi i soli sintomi del paziente, ma occorre tenere conto di tutte le altre peculiarità che rendono il soggetto unico rispetto a tutti gli altri affetti dalla stessa malattia. Sarà il medico omeopata a cercare nella storia del paziente e nelle sue manifestazioni somatiche e psichiche, il rimedio omeopatico più “simile” a lui. Si valuteranno quindi le caratteristiche ereditarie, le patologie passate, le cure effettuate, gli aspetti somatici, i sintomi psichici, lo stile di vita, i comportamenti, l’ambiente, la reattività, la sensibilità e quant’altro, senza trascurare niente (processo di individualizzazione). Si va cioè ad indagare in modo particolare il “terreno” caratteristico di quel paziente, di cui la manifestazione patologica ne è l’espressione. Il concetto è che l’omeopatia non prescrive il rimedio considerando la malattia, ma lo prescrive considerando il malato affetto da quella malattia.
Si riesce così ad individuare, tra i tanti possibili, il rimedio omeopatico che ha caratteristiche simili a quelle del paziente, a fronte di una certa patologia. Tanto più alta è questa similitudine, tanto maggiore sarà l’azione terapeutica. Il rimedio omeopatico perfettamente simile al paziente è chiamato simillimum ed è quello teorizzato e privilegiato da Hahnemann. La scuola di Medicina Omeopatica Unicista, rimasta fedele al pensiero del medico tedesco, prescrive un solo rimedio alla volta che è proprio il simillimum. Tale rimedio è molto personalizzato, è <<l’abito su misura>> e per questo può essere prescritto alle alte ed altissime diluizioni. La sua azione terapeutica è sistemica, profonda e veloce.
Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
I sintomi non sono quindi la malattia ma sono lo sforzo di reazione dell’organismo nel tentativo di ripristinare l’equilibrio perduto, per andare naturalmente verso la guarigione. Nel caso delle malattie croniche, citando ancora Hahnemann, i sintomi sono l’espressione della malattia che si manifesta all’esterno sulla base del miasma predominante (l’odierna diatesi, che ricordiamo è la modalità propria di sviluppo e di evoluzione della malattia verso la quale esiste una predisposizione acquisita o congenita).
Per ulteriori informazioni in merito consultare l’articolo “Diatesi in omeopatia” della presente sezione.
Per i motivi esposti l’approccio terapeutico della medicina omeopatica non è quello della soppressione dei sintomi, che addirittura sarebbe controproducente, come invece avviene nella medicina allopatica, ma di agire sullo squilibrio che ha provocato i sintomi, sulla causa profonda della malattia. L’utilizzo del simillimum porta proprio a questo risultato: l’eliminazione dei sintomi diventa la conseguenza della terapia e non il suo obiettivo, che resta la guarigione.
Per il fatto che il rimedio provoca gli stessi sintomi da curare (ossia, come visto, la sostanza di origine a dosi ponderali o lo stesso rimedio omeopatico somministrato ripetutamente), è possibile che all’inizio della cura si produca un’esaltazione di questi sintomi, un loro aggravamento temporaneo. Il fenomeno è noto in omeopatia sotto la denominazione di “aggravamento omeopatico” e va considerato in senso positivo, anche se a volte fastidioso e opposto alla psicologia del malato che dalla terapia si aspetta solo il miglioramento. Esso è la misura concreta di quanto il rimedio stia agendo correttamente e stia mettendo in atto la sua azione terapeutica. Quindi l’aggravamento omeopatico consiste in un’esaltazione temporanea dei sintomi da curare, che si manifesta nella fase iniziale della terapia ed è di tipo terapeutico, nel senso che sta ad indicare l’inizio di un percorso terapeutico favorevole. Lo stato di salute generale del paziente nel frattempo incomincia a migliorare, trasmettendo quella sensazione interna, non meglio precisabile, di inizio di benessere.
Diciamo subito che generalmente tale aggravamento temporaneo nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. Però la situazione relativa al suo presentarsi, alla sua durata ed alla sua entità è piuttosto articolata. Tutto è strettamente legato in misura proporzionale a diversi fattori individuali (come al solito in campo omeopatico), quali ad es. la reattività e sensibilità dell’organismo allo stimolo del rimedio omeopatico, la profondità della patologia o del disturbo (acuto, sub-acuto, cronico), il livello d’azione terapeutica (drenaggio, lesionale, funzionale, generale, mentale, diatesico), la diluizione del rimedio (bassa, media, alta, altissima), la presenza o meno di danni tissutali, le caratteristiche intrinseche del rimedio, ecc. In linea del tutto generale e in estrema sintesi, fermo restando che la diversa reattività del singolo organismo potrebbe fare la differenza, quando il rimedio omeopatico è ben scelto (nella condizione ideale il simillimum), nelle malattie acute, solitamente curate con le basse diluizioni, l’aggravamento omeopatico è quasi immediato e di breve durata, invece nelle malattie croniche, solitamente curate con le alte diluizioni, l’aggravamento si manifesta comunque più tardi, ma da più precocemente a più tardivamente con il crescere della diluizione. L’esistenza dei danni tissutali rende poi l’aggravamento proporzionalmente più severo.
Inoltre l’aggravamento omeopatico è tanto più sensibile quanto più il rimedio si avvicina al simillimum, in quanto questo riesce a coprire sempre più sintomi e ad agire più in profondità. Invece quando, secondo il pensiero della cosiddetta Scuola francese, si adoperano i rimedi sintomatici (che ricordiamo sono i rimedi caratterizzati da pochi sintomi, in bassa diluizione e che quindi hanno un’azione locale, di organo, non sistemica) per la cura delle malattie acute, l’aggravamento omeopatico è quasi del tutto assente o poco significativo. Può essere presente, ovviamente in una forma più blanda, solo se il rimedio sintomatico viene utilizzato per curare le malattie croniche (ricordiamo che il rimedio è lo stesso, si allungano solo i tempi ed il periodo di somministrazione): questo si verifica perché nella malattia cronica, che dura da molto tempo, c’è un coinvolgimento più profondo dell’individuo e quindi è possibile riscontrare un numero più alto di sintomi caratteristici, per cui il rimedio sintomatico si avvicina di più al simillimum.
Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
Abbiamo detto che l’aggravamento omeopatico, ovverosia l’esaltazione dei sintomi da curare contenuti nel rimedio somministrato, che può presentarsi all’inizio di una terapia, è una situazione transitoria del tutto naturale che in genere non deve preoccupare in quanto rappresenta proprio l’efficacia dell’azione terapeutica del rimedio omeopatico.
Nel caso che l’aggravamento sia particolarmente molesto per il paziente, ma ancora sopportabile, si potranno momentaneamente allungare i tempi delle somministrazioni.
Quando invece siamo in presenza di un aggravamento omeopatico non sopportabile dal paziente, al punto tale da determinare una condizione di tracollo generale, fisico e psichico, è opportuno far valutare dal medico omeopata se è il caso di sospendere le somministrazioni o di ricorrere ad un antidoto omeopatico per i sintomi disturbanti. Ricordiamo che l’antidoto di un rimedio omeopatico, per determinati sintomi, non è l’antidoto allopatico, ossia non è il controveleno, ma è un rimedio omeopatico che controlla l’azione del rimedio principale, controllando proprio quei sintomi per i quali si rivela antidoto. In altre parole l’antidoto omeopatico è il rimedio che incanala gli effetti troppo impetuosi, troppo violenti del rimedio principale prescritto, relativamente ad alcuni sintomi. Nelle cure omeopatiche l’antidoto omeopatico può essere affiancato al rimedio principale, aiutandone l’azione nella fase acuta della patologia e riducendo sensibilmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Le diluizioni cinquantamillesimali LM, preconizzate da Hahnemann nella VI e ultima edizione dell’Organon, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di diminuire notevolmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
Nel corso di una cura omeopatica, il più delle volte nella fase iniziale ma a volte anche più tardi, possono comparire dei nuovi sintomi, completamente estranei ai sintomi da curare. In tali casi bisogna saper leggere attentamente questi nuovi sintomi, nel senso di saperli opportunamente riconoscere per attribuirne l’origine e quindi adottare i provvedimenti conseguenti. Vediamo cosa può succedere.
Escludendo ovviamente che questi nuovi sintomi siano i sintomi evolutivi della malattia, perché in tal caso vorrebbe significare che il rimedio prescritto non è quello giusto, bisogna stare attenti a non confondere i nuovi sintomi con il ritorno di vecchi sintomi del proprio passato patologico, di cui diremo nell’apposito paragrafo successivo.
Una volta accertato che il nuovo sintomo (o i nuovi sintomi) può definirsi tale, ossia che non è un sintomo patologico e non è un vecchio sintomo, è importante notarlo bene e con tutte le sue caratteristiche, perché la prima cosa da fare è di controllare se tale sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio omeopatico. Nella stragrande maggioranza dei casi la verifica di tale riscontro è positiva, nel senso che il nuovo sintomo è contenuto nel rimedio, ossia rientra tra i sintomi che il rimedio normalmente è in grado di curare. Ma che è in grado anche di provocare qualora venga ripetuto incautamente con frequenza elevata, vale a dire con intervalli di tempo troppo brevi. Ciò si verifica in particolare con le alte diluizioni, quando la posologia, ovverosia la distanza tra le assunzioni, viola di molto la durata di copertura terapeutica del rimedio, quando, in parole più povere, il rimedio è ripetuto troppo spesso, anche giornalmente nelle diluizioni medie e alte.
L’aggravamento iatrogeno è dovuto quindi allo sviluppo del potere patogeno del rimedio, come conseguenza di un uso troppo ripetuto dello stesso durante la sua copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. Ecco perché il fenomeno è molto più probabile con le alte diluizioni.
Ovviamente è un aggravamento da evitare perché non è terapeutico, è disturbante e complica inutilmente il percorso di guarigione.
Per evitare il rischio di incorrere nell’aggravamento iatrogeno bisognerebbe astenersi dal ripetere la dose durante la fase di copertura terapeutica del rimedio, ossia finché lo stesso fa registrare dei miglioramenti ed assumerla perciò solo verso la fine di tale fase quando i miglioramenti incominciano a non progredire più.
Nella sporadica eventualità che il nuovo sintomo non figura nella patogenesi del rimedio prescritto e lo stato di salute generale del paziente è buono, nel senso che si sta comunque procedendo verso la guarigione, allora si tratta ancora di aggravamento iatrogeno perché certamente nuovi provings che saranno fatti in futuro mostreranno che il nuovo sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio.
Un’altra eventualità, abbastanza singolare, di poter incorrere nell’aggravamento iatrogeno è quando il paziente possiede una sensibilità eccessiva, una suscettibilità estrema nei confronti dei rimedi omeopatici, per cui manifesta i sintomi del rimedio somministrato qualsiasi esso sia. Il fenomeno è noto con il termine “idiosincrasia”, che in campo omeopatico intende descrivere un soggetto che presenta una ipersensibilità, una reazione eccessiva e violenta verso i rimedi omeopatici. In altre parole, ci troviamo al di sopra della normale soglia di reazione dell’organismo. Dal punto di vista della ricerca pura, questi pazienti si dimostrano essere degli eccellenti “provers”, però sono difficili da curare. L’azione da mettere in atto, prima di stabilire la terapia vera e propria, è di tentare di diminuire tale sensibilità esagerata utilizzando certi rimedi omeopatici che possono apportare una desensibilizzazione generale, quali ad es. Asarum europaeum, Chamomilla, Coffea, China, Ignatia amara, Nux vomica, Pulsatilla, Teucrium marum, Valeriana.
L’aggravamento iatrogeno è comunque temporaneo e sparirà, senza altre conseguenze, in un arco di tempo che generalmente va da qualche giorno a qualche settimana.
Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
Ovviamente la prima modalità da mettere in atto è quella di evitare che l’aggravamento iatrogeno insorga, ossia di stare attenti a non ripetere eccessivamente il rimedio con le diluizioni più alte in particolare, tenendo in debito conto la durata di copertura terapeutica che è crescente con la diluizione.
La modalità di carattere generale per ridurre il rischio dell’aggravamento iatrogeno è adottabile con il rimedio omeopatico in forma liquida, che consente di poter accrescere ad ogni assunzione la potenza del rimedio, accrescendo leggermente o la diluizione o la dinamizzazione. In tal modo si fornisce al paziente ogni volta uno stimolo non sempre uguale, anche se simile e quindi una risposta di reazione dell’organismo sempre un po’ diversa, con il risultato che si scongiura o si attenua l’aggravamento in parola. Vediamo come.
Il sistema, adoperato dai Maestri del passato, consiste nel lasciar sciogliere alcuni granuli (3 sono sufficienti) in mezzo bicchiere d’acqua e poi berne un sorso nel numero di volte giornaliero prescritto. Si rabbocca di volta in volta l’acqua che viene bevuta, allo scopo di aumentare leggermente la diluizione della soluzione e quindi la sua potenza terapeutica, come raccomandava Hahnemann, per evitare qualsiasi effetto iatrogeno. Se non si effettua il rabbocco, la soluzione, prima di ogni assunzione, o deve essere travasata rapidamente più volte (almeno 20 volte) da un bicchiere all’altro, oppure deve essere scossa energicamente più volte (almeno 10 volte) ed in quest’ultimo caso occorre una bottiglietta. Ciò sempre allo scopo di aumentare ad ogni assunzione la potenza energetica della soluzione, aumentando in tal caso la dinamizzazione.
Se si dispone del rimedio già in forma liquida basta avere la sola accortezza di scuotere energicamente la bottiglietta ad ogni assunzione.
Tale modalità di assunzione è in grado di ridurre anche l’aggravamento omeopatico vero e proprio, quello terapeutico, di cui in precedenza.
Anche stavolta se i sintomi iatrogeni, comunque verificatesi, sono particolarmente disturbanti e debilitanti si può adottare un antidoto omeopatico per i sintomi in questione.
Le diluizioni cinquantamillesimali hahnemanniane LM, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di evitare l’eventuale aggravamento iatrogeno, mantenendo sempre l’accortezza di scuotere energicamente, ad ogni assunzione, la bottiglietta del rimedio in forma liquida.
Apparizione di vecchi sintomi
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che ritornino dei vecchi sintomi che appartengono al proprio passato patologico. Tale apparizione non deve preoccupare, conviene astenersi da qualsiasi terapia specifica, perché questo ritorno è un’eccellente prognosi. Ci troviamo nel pieno rispetto della legge di guarigione naturale di Hering (da Constantin Hering, uno dei più brillanti allievi di Hahnemann), secondo la quale la guarigione terapeutica segue una direzione ben precisa: “dall’alto al basso, da dentro a fuori, nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”. Nella fattispecie ci interessa considerare “nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”, per cui durante la terapia sono riapparsi i vecchi sintomi del passato, che però non sono in grado di riproporre la malattia e quindi saranno solo passeggeri. Infatti dopo un arco di tempo variabile, da una a qualche settimana, questi vecchi sintomi scompaiono, senza che si intervenga, non lasciando alcuna conseguenza e contemporaneamente si instaura il processo di miglioramento del paziente. In tale evenienza ci si trova nell’ambito del naturale aggravamento omeopatico (quello terapeutico) di cui in precedenza.
Nella sporadica circostanza che i vecchi sintomi persistano con la stessa intensità, occorrerà procedere ad una seconda prescrizione di un rimedio omeopatico diverso mettendo in primo piano nella ricerca repertoriale i vecchi sintomi.
Conclusioni
Nel corso di una cura omeopatica può presentarsi un aggravamento sintomatico temporaneo che può risultare di due tipi: l’aggravamento omeopatico vero e proprio e l’aggravamento iatrogeno. Il primo è terapeutico, il secondo no.
L’aggravamento omeopatico, consistente in un’esaltazione transitoria dei sintomi da curare, è da considerarsi terapeutico, nel senso che indica la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico e quindi è indice prognostico di percorso terapeutico favorevole. Nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. I modi per contenerlo sono il diradamento delle assunzioni, la loro sospensione o l’uso di un antidoto omeopatico.
L’aggravamento iatrogeno, consistente nell’apparizione transitoria di nuovi sintomi contenuti nel rimedio come sviluppo del suo potere patogeno, è dovuto ad un uso eccessivo e ripetuto del rimedio durante la sua fase di copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. E’ un aggravamento assolutamente da evitare perché non è terapeutico e complica inutilmente il percorso di guarigione. Generalmente scompare in un arco di tempo variabile da qualche giorno a qualche settimana. I modi per contenerlo o per evitarlo si traducono nell’uso proprio della diluizione senza eccessi, nelle somministrazioni a potenze crescenti o nel ricorso ad un antidoto omeopatico.
L’apparizione temporanea di vecchi sintomi del proprio passato patologico è da considerarsi di natura terapeutica, in quanto in sintonia con la legge di guarigione di Hering e con il naturale aggravamento omeopatico.
Angela dice
Buona sera dottoressa.
A causa dell’ ansia sto prendendo 5 granuli di gelsemium sempervirens c 30 e 5 granuli di hyoscyamus c 9 dal 17 dicembre 2019.
Però sbagliai perché dopo 15 giorni interruppi il gelsemium per 4 giorni perché lessi cose che non mi piacevano su internet in merito a questa pianta.
Poi ho iniziato di nuovo a prendere il gelsemium insieme allo hyoscyamus ( che non ho mai staccato) dal 6 gennaio.
Ma ho dei brutti sintomi anche molto più aggravati dall inizio della terapia.
Quanto tempo possono durare questi brutti sintomi e cosa mi consiglia di fare?.
Per riuscire a dormire e ad attenuare questi sintomi prendo la valeriana.
Grazie in anticipo per la sua risposta.
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Angela, come riportato nel presente articolo, un eventuale aggravamento omeopatico o iatrogeno ha una durata relativamente breve ed estremamente variabile (da qualche ora a qualche giorno, fino a qualche settimana), in dipendenza della cronicità della malattia e della sensibilità dell’organismo. Una modalità per attenuarlo, com’è sempre riportato, consiste nell’allungamento dei tempi di somministrazione, fino alla temporanea sospensione, oppure nell’utilizzo di un antidoto omeopatico. Non era il caso di impressionarsi sulle letture del Gelsemium sempervirens, in quanto l’omologo rimedio omeopatico combatte proprio gli effetti collaterali che la pianta, ovverosia la sostanza di origine, è in grado di provocare. Se è in cura da un medico omeopata sarebbe comunque opportuno informarlo, altrimenti sarebbe consigliabile ricorrervi. Cordiali saluti.
Marta dice
Buonasera sono incappata per caso in questo articolo. È la prima volta che faccio una cura omeopatica e mi si sono accentuati i problemi per cui ho deciso di intraprendere questa via. Posso sospenderla senza avere conseguenze?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Marta, la può tranquillamente sospendere, come indicato nell’articolo. Cordiali saluti.
Nelly van den Berg dice
Per lamia instabilità di carattere, un po contento un po triste nervoso depresso poi un po più contento. Lla gente non sanno più chi hanno di fronte. Uso leusenum 200k ed SEPIA mk dose, ma poco risultato. Mi aiuti a dire se è giusto per il mio carattere. Nelly. Mai pubblicato e la prima volte che scrivo!
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Nelly, consulti l’articolo “Ansia, Depressione, Attacchi di panico” nella sezione del sito “Affezioni-Rimedi”, dove sono riportati i principali rimedi omeopatici che vengono adoperati per i vari disturbi emotivi o psichici e dove potrà trovare diverse notizie di possibile interesse. Provi ad individuare il rimedio che si avvicina di più al suo profilo psicologico. Ovviamente la prescrizione giusta per lei la può garantire solo un medico omeopata, previa visita, al quale quindi le consiglio di rivolgersi. Cordiali saluti.
Marzia dice
buona sera dottoressa, vorrei contattarla ma ho scorso tutte le pagine ma non ho trovato nessun contatto.
in attesa di un gentile riscontro
cordiali saluti
Marzia
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Marzia, se è interessata a chiedere qualche chiarimento, può rilasciare il relativo commento su qualsiasi pagina. Questo sito web nasce con lo spirito di fornire un’informazione chiara, comprensibile, oggettiva, responsabile e disinteressata su ciò che il mondo dell’Omeopatia e del Naturale può fare per la nostra salute e il nostro benessere. Anche attraverso le risposte ai commenti si intendono offrire notizie e spunti utili, delucidazioni e riflessioni, ragionamenti e chiavi di lettura, sia agli interessati che agli altri visitatori, tenendo però ben presente che il medico rimane la figura centrale di riferimento, imprescindibile e insostituibile, cui è necessario rivolgersi per la diagnosi e la prescrizione. Pertanto eventuali richieste di chiarificazioni o di interpretazioni, che rientrino nel suddetto spirito di servizio, possono essere inoltrate esclusivamente tramite il canale dei commenti, onde veicolare, nel rispetto della privacy, un’informazione utile a tutti. Cordiali saluti.
Federica dice
Buonasera dottoressa mi chiamo Federica da alcuni giorni sto assumendo ignatia amara mk in gocce 10 x 2 a giorno e ignatia plus 15 x 3.. non ho notato grossi miglioramenti sull ansia che mi attanaglia, mi consiglia di proseguire ancora per qlc giorno o è meglio ritornare dall omeopata per valutare il tutto. Ci vogliono giorni perché il rimedio faccia effetto ma una settimana mi pare troppo. Grazie e buon lavoro
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Federica, deve considerare che quando è in gioco la componente psicologica vi può essere una dilatazione di tutti i tempi, sia relativamente alla sintomatologia che alla terapia omeopatica: in genere gli effetti terapeutici significativi si manifestano in tempi mai brevi, come pure mai brevi saranno i tempi del trattamento, dove facilmente si possono alternare alti e bassi e dove ciò è tanto più pronunciato quanto più il disturbo è radicato o cronicizzato. Occorre quindi avere pazienza. Le consiglio comunque di informare il medico omeopata. Cordiali saluti.
Loredana dice
Buongiorno,dottoressa sono una 56, ho avuto problemi di depressione, adesso da due mesi ,prendo. Sepia compositum,per umore,ma niente ho problemi di cervicale(4 protrusioni) sbandamenti,vertigini. Al momento sembrava che mi aiutava,ma nulla.. Che mi consiglia. Buonagiornata
Loredana
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Loredana, una panoramica dei principali rimedi omeopatici unitari che vengono più spesso utilizzati nelle sindromi dolorose dell’apparato osteoarticolare e muscolare, come la cervicalgia e sintomi concomitanti, è consultabile all’articolo “Reumatismi” nella sezione del sito “Affezioni-Rimedi”. Com’è noto, nel rispetto della Legge di Similitudine su cui l’Omeopatia pone le basi del suo principio terapeutico, il rimedio adatto sarà quello che contiene la sintomatologia somigliante a quella del paziente e quanto maggiore è tale somiglianza tanto migliori saranno i risultati. Come riportato nel succitato articolo, in genere si ottengono dei buoni risultati alternando Bryonia e Rhus toxicodendron, pur essendo due rimedi omeopatici con modalità opposte. Ovviamente la prescrizione giusta per lei la può garantire solo un medico omeopata, previa visita. Cordiali saluti.
Sara dice
Buongiorno,
Non ho mai sofferto di cistite ma da un mese a questa parte mi è tornata 3 volte. Ho iniziato con un farmaco prescritto dal medico e ho avuto recidiva. Poi ho integrato d mannosio ma seppur a tratti migliorasse in altri momenti era fortissima. Da ieri sto prendendo belladonna 5ch e thuja 5 ch (Ho prenotato stephysagria 5 ch che non era disponibile). Il fatto è che stanotte ho un fatidio lancinante e non sò dove mettermi per placarlo. Sono incappata in questo articolo perchè cercavo notizie sul possibile peggioramento dopo assunzione di granuli. Ho letto che è normale, spero non duri molto o che non siano sbagliati i rimedi perchè è davvero insostenibile adesso… ma non credo sia corretto smettere, non vorrei vanificare la curai peggiorare ancora. Secondo lei è la strada giusta?
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Sara, lo si vedrà tra non molto se trattasi o meno di aggravamento omeopatico. Consulti comunque anche l’articolo “Infezioni delle vie urinarie” nella sezione del sito “Affezioni-Rimedi”, al fine di cogliere i gradi di somiglianza rimedi-paziente. Ovviamente la prescrizione giusta per lei la può garantire, previo esame del caso specifico, solo un medico omeopata, al quale le consiglio di rivolgersi. Cordiali saluti.
Cesare dice
Buongiorno dottoressa, siccome il professor Negro (deceduto un po’ di anni fa) mi diede Natrium Muriaticum e mi trovavo ora in una situazione molto disturbante per la sfera psichica (interruzione brusca di una relazione) ho deciso in autonomia di prenderlo di nuovo.
Essendo i sintomi prevalentemente psichici ho pensato di prendere la diluizione MK, mentre per gli acuti lei consiglia le basse diluizioni. Dalla descrizione della ‘mind’ del rimedio mi ci sono ritrovato perfettamente, leggendo decine di articoli. Quindi, non riuscendo a contattare il mio medico, ho pensato fosse molto vicino al simillimum. Ora: nel giro di poche ore un’afta ha cominciato a guarire, cosa strana perché di solito mi dura almeno una settimana. L’oppressione al Petto è diminuita, però le rimuginazioni e il senso di abbandono sono rimasti. Prendevo due globuli al giorno. Poi, sentendo che l’abulia prendeva il sopravvento, ho deciso di sciogliere due globuli in acqua e prendere sorsi più volte al giorno. Stanotte ho avuto un aggravamento dell’angoscia, ma senza la tipica “durezza” che di solito mi faceva rimuginare per ore.
Forse è il caso di prendere una 35 k e di usare la MK solo una volta a settimana/mese, mentre usare 35k cura le acuzie?
Grazie mille
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Cesare, una MK, che è un’altissima diluizione, richiede di solito un’unica somministrazione, da ripetere se i sintomi si ripresentano in forma significativa, mantenendo tuttavia una certa distanza tra le assunzioni. Invece una 35K, che è una diluizione medio-alta, avendo una copertura terapeutica di diversi giorni, si presta per somministrazioni da una volta al dì a una volta a settimana ed essendo abbastanza centrale risulta essere molto versatile: infatti anche se viene prioritariamente prescritta per i casi sub-cronici e cronici, per i sintomi generali e per il funzionale, ha effetto anche sui sintomi acuti e sulla componente psicologica. All’uopo consulti l’articolo “Diluizioni omeopatiche D, CH, K, LM” nella presente sezione del sito “Approfondimenti”. Cordiali saluti.
Federica dice
Grazie mille.
Ne approfitto anche per chiederle, mia figlia soffre tanto nella preparazione delle gengive sono mesi che le ha gonfie gonfie, per ora di denti ne ha 6 ma il suo problema sono sempre le gengive infiammate. Diciamo che mi riesce a dormire bene la notte solo se le do il paracetamolo. Ho provato i classici rimedi omeopatici ma senza successo, lei ha qualcosa da consigliarmi? Ho provato con Camilia, viburcol, arnica e camomilla vulgaris. Grazie davvero
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Federica, per la dentizione dei bambini e sintomi concomitanti (si ricorda che sono sintomi comuni il dolore ai denti e alle gengive, la saliva che cola dalla bocca, l’arrossamento e il gonfiore delle gengive, le alterazioni delle feci, l’irrequietezza, l’irritabilità, la difficoltà a dormire, ecc.), i rimedi omeopatici che vengono più spesso prescritti sono: Chamomilla (è il rimedio per eccellenza contro il dolore causato dalla dentizione in bambini capricciosi e irritabili), Calcarea phosphorica (se il bambino è stizzoso e incontentabile, ma non capriccioso come quello Chamomilla), Calcarea carbonica (se il bambino è grassottello, suda sulla testa e sulla nuca durante il sonno ed è in ritardo con la dentizione), Silicea (se il bambino presenta tratti delicati, soffre di stitichezza ed ha una dentizione lenta e/o difficoltosa). Però sull’opportunità d’uso di un rimedio, sulla diluizione e sulla posologia, è necessario che si esprima un medico omeopata, previa visita. Cordiali saluti.
Federica dice
Gentile Dottoressa,
Mia figlia di 14 mesi soffre di reflusso gastroesofageo dalla nascita. Siamo state in cura con diversi medicinali e devo dire che il peggio è passato. Ma ha sempre avuto mal di pancia, flatulenza e coliche.
Siamo passati 20 giorni fa a un latte di riso, e ci è stato consigliato l aspidium salix per ripristinare l intestino. I primi 4 giorni è andato tutto molto meglio, il 5 abbiamo avuto di nuovo coliche e aria per tutta notte, (mi è stato detto che era il cosiddetto peggioramento omeopatico) ora che sono quasi 20 giorni si sono ripresentati di nuovo flatulenze notturne sempre alla stessa ora (dalle 23 alle 3). E possibile che debba sospendere di prenderlo? O si può considerare in guarigione? E possibile che dopo 20 giorni ci sia di nuovo questo peggioramento? Grazie mille.
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Federica, considerato il tempo trascorso è alquanto improbabile che gli ultimi sintomi siano attribuibili all’aggravamento omeopatico. Le consiglio quindi di informare, se non l’avesse ancora fatto, il medico omeopata che ha prescritto il rimedio. Se vuole conoscere i principali rimedi omeopatici unitari che vengono più spesso utilizzati nei vari disturbi del tratto digerente, consulti l’articolo “Disturbi gastrici” nella sezione del sito “Affezioni-Rimedi”. Cordiali saluti.