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Rimedi Omeopatici

Omeopatia - Rimedi della Nonna - Cure Omeopatiche

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Cataratta

La cataratta è l’opacità del cristallino dovuta a un perturbamento dei processi chimici o chimicofisici che regolano il ricambio del cristallino. Può essere determinata da cause traumatiche, tossiche o dismetaboliche che determinano profonde modificazioni organiche a carattere degenerativo, che comportano sempre perdita o diminuzione della trasparenza.

Nell’accezione più ricorrente il termine c. si riferisce alle opacità che si sviluppano, senza causa riconoscibile, nel cristallino di individui, per altro sani, oltre una certa età. Il limite d’età, con larga approssimazione, può essere fissato intorno ai 50 anni. Si tratta della c. senile dovuta alla senescenza.

In altre forme di c. invece è riconosciuto un rapporto causale. Esse sono separabili per evoluzione clinica e sintomatologia, e perché legate a precise malattie generali (c. patologiche) o locali (c. complicate), a intossicazioni o a traumi. Più oscura è invece l’etiologia delle c. congenite, dove possono essere in causa fattori disgenetici (forme familiari, forme associate ad altre anomalie oculari o extraoculari congenite) o tossici o dismetabolici (forme sporadiche).

La c. senile è una delle malattie oculari più comuni tra le persone di età avanzata. A seconda della sede dell’opacità, si sogliono distinguere forme nucleari e forme corticali.

Le prime sono caratterizzate da un’opacità diffusa del nucleo. Iniziano dagli strati più interni di esso, progrediente verso la periferia fino a comprendere l’intero nucleo adulto. Le seconde sono le forme più comuni di c. senile. Le forme corticali comprendono molte varietà: c. equatoriale, cuneiforme, cupoliforme, perinucleare, deiscente, ecc. Nelle forme corticali le opacità iniziano negli strati più superficiali, più spesso nel segmento inferiore della lente, e hanno forma diversa. In genere ripetono la struttura radiale del tessuto ed hanno perciò l’aspetto di piccoli cunei con l’apice verso il centro della lente, isolati o confluenti verso masse più grossolane. Altre volte prevale una disposizione delle opacità a sottocoppa negli strati corticali più posteriori, o attorno al nucleo.

I caratteri di ogni tipo si cancellano gradatamente a mano a mano che la c. procede verso la maturazione.

Il cristallino umano è in effetti una “lente naturale”, che insieme alla cornea converge i raggi di luce (ha la stessa funzione dell’obiettivo in una macchina fotografica). La lente si trova all’interno del bulbo oculare tra l’iride e il corpo vitreo dell’occhio. In un occhio giovane il cristallino è trasparente ed elastico con una capacità di cambiare forma istantaneamente per fornire il fuoco che permette all’occhio di vedere bene sia da vicino che da lontano. La capacità del cristallino di modificare il potere di rifrazione nella visione da vicino e da lontano è definita accomodazione. Oltre alla funzione diottrica e all’accomodazione, il cristallino assorbe parte dei raggi ultravioletti, quindi contribuisce alla protezione della retina.

L’opacità del parenchima lenticolare, cioè della sostanza propria del cristallino può essere parziale o completa, quindi solo una parte dei raggi di luce sono in grado di raggiungere la retina. Ciò significa che la persona interessata lamenta una diminuzione della vista e le immagini sono poco chiare e offuscate.

Con gli anni la malattia progredisce, l’opacità si intensifica e si estende e la visione si deteriora ulteriormente.

Il disturbo fondamentale da cui deriva la perdita della trasparenza del parenchima lenticolare può essere riassunto in due tipi.

Il primo è l’opacità da rigonfiamento, un’alterazione reversibile. L’alterazione è connessa con una modificazione del grado di imbibizione dei complessi micellari costituenti le fibre del cristallino. Di ciò è responsabile l’azione di enzimi proteolitici presenti nella stessa lente, attivati dallo spostamento della reazione attuale verso l’acidità. È un processo di autolisi che libera complessi proteolitici solubili. Questi processi causano un aumento della pressione osmotica e il rigonfiamento del tessuto con la perdita della trasparenza del cristallino. La trasparenza del cristallino è strettamente collegata al contenuto di acqua. Al rigonfiamento succede la diffusione nell’umor acqueo di prodotti di degradazione protidici solubilizzati, sicché le fibre risultano in ultimo deformate, raggrinzite, e finiscono per scomparire del tutto, o lasciare detriti amorfi coagulati. Contemporaneamente altre modificazioni secondarie, anch’esse di carattere regressivo, hanno luogo a carico degli altri componenti del tessuto reticolare (lipidi, glicidi, minerali).

Il secondo è l’opacità da coagulazione, un’alterazione irreversibile. L’alterazione consiste in una denaturazione e successiva agglutinazione. In ultimo risulta una profonda disorganizzazione delle strutture.

La maturazione della cataratta, che rappresenta quindi l’evoluzione dell’opacità del cristallino, può determinare una diminuzione quantitativa (5/10, 2/10, ecc.) oppure una diminuzione della qualità della visione (appannamento, visione sbiadita, diminuzione della visione serale).

Rimedi

 

I rimedi più prescritti in omeopatia per la gestione della cataratta e per rallentarne il decorso sono Causticum, Cineraria maritima, Kalium chloratum o muriaticum, Secale cornutum, Silicea, Sulphur, Lycopodium.

Cataratta
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(*) V. Note esplicative

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Kali carbonicum

DESCRIZIONE di Kali Carbonicum

Kali carbonicum si ricava dal carbonato di potassio diluito e dinamizzato.

Il carbonato di potassio (K2CO3) è il sale di potassio dell’acido carbonico (H2CO3), un acido di media forza e molto instabile che non è noto allo stato puro; inoltre, poiché diprotico (cioè è in grado di cedere due protoni), l’acido dà luogo a due serie di Sali, gli idrogenocarbonati detti anche carbonati acido bicarbonati, caratterizzati dallo ione HCO3– , ed i carbonati caratterizzati dallo ione  CO32- .

Il carbonato di potassio è un popolarmente noto con il nome di potassa (da non confondersi con la potassa caustica, denominazione impropria, ma comune dell’idrossido di potassio). A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco inodore, molto solubile in acqua, dando una soluzione decisamente basica. È un composto nocivo e irritante e può dar luogo a fastidiose irritazioni. La potassa viene usata nella produzione artigianale del sapone e del vetro ed è una sostanza presente nelle ceneri del legno. Facendo bollire cenere di legno con acqua le nostre nonne solevano preparare un liquido saponoso sbiancante e disinfettante: la liscivia con la quale facevano il bucato.

La cenere, prima setacciata per eliminare eventuali grumi e parti incombuste, si mette in una pentola contenente acqua, nel rapporto di una parte di cenere e cinque di acqua, e poi si porta ad ebollizione. Il tempo di cottura è di circa 2 ore a fuoco lento e si rimesta frequentemente.

Lasciata prima decantare e raffreddare, la liscivia si filtra attraverso un panno di cotone su cui si versa con cautela evitando il deposito sul fondo. Il liquido giallino ottenuto si conserva poi in recipienti di vetro o di plastica robusta per periodi abbastanza lunghi. Il filtrato si usa per sgrassare padelle e altre stoviglie, ma anche per le pulizie domestiche. Si stende sulla superficie da trattare e si strofina con una puretta, dopodiché si risciacqua con acqua corrente.

Il carbonato di potassio trova applicazione nell’industria nella preparazione di agenti tannati del cioccolato, nella produzione di frutta secca, nel vetro cristallo, nella detergenza, nell’industria fotografica e dei coloranti e come decongelante non corrosivo. Il prodotto in polvere è utilizzato nell’industria farmaceutica.

Il carbonato di potassio è la sostanza più importante che fornisce l’equilibrio alcalino nel corpo umano. L’interruzione dell’equilibrio del pH del corpo e una dieta di base portano a molte patologie di una certa rilevanza. Il carbonato di potassio è quindi molto importante.

I Sali di potassio hanno, a debole dose un’azione tonica sui muscoli lisci, a forte dose hanno invece un’azione inibitrice.

Il potassio è un elemento dell’organismo, si trova in tutte le cellule ed è indispensabile per molte funzioni importanti.

CARATTERISTICHE

Kali carbonicum, o Kalium carbonicum, è uno dei rimedi della famiglia carbone come Baryta carbonica e Calcarea carbonica. La costituzione è ovviamente carbonica e il temperamento linfatico. Il rimedio ha una lateralità destra ed è uno dei rimedi cronometro.

Organospecificità: Parasimpatico, S.N.C., cuore, circolazione, vie respiratorie, apparato gastrointestinale, apparato genitale, Occhi, orecchie.

Indicazioni cliniche: Anemia, Vagotonia, stati di esaurimento in particolare dopo malattie infettive, astenia del miocardio di natura muscolare, tendenza a edemi; menopausa; menorragia; metrorragia, amenorrea; dispepsia con flatulenza, gastralgia, vomito, stipsi, emorroidi; sudorazione, incontinenza urinaria, edemi; catarri cronici delle vie respiratorie superiori, bronchite, afonia e raucedine, tosse, pertosse, asma, rinite, faringite, sinusite; cefalea, vertigini; debolezza muscolare, lombaggine, lombalgia, coxalgia, rachialgia, sciatica, odontalgia; infiammazione degli occhi e delle orecchie; orticaria; infiammazione dei reni.

Debolezza generale, sudori e dolori alla schiena sono molto tipici. Il rimedio ha una tendenza agli edemi e al movimento ma il soggetto suda al minimo esercizio perché ha una debolezza muscolare, ha la discresia sanguigna dell’anemico e una tendenza emorragica: ha emorragie nasali e mestrui abbondanti.

Kali carbonicum
Kali carbonicum

Kali carbonicum ha tendenza ad ingrassare, è piagnucoloso, depresso, pauroso, di umore instabile, si spaventa facilmente, è lento e meticoloso, discretamente irritabile e agitato, ha vertigini. I suoi dolori sono improvvisi e si rendono manifesti soprattutto nella zona lombare e nell’articolazione dell’anca; le sue mucose sono secche e provocano dolori simili a fitte. La secchezza interessa in modo particolare le vie respiratorie, le vie digerenti e gli organi genitali femminili.

Come tutti i rimedi della sua famiglia carbone Kali c. reagisce con lentezza agli stimoli e le malattie si protraggono fino a divenire croniche. Ma Kali, al contrario dei suoi familiari, possiede una certa forza, una discreta energia e vivacità sia fisica che psichica, che contrastano con l’atonia di fondo del biotipo.

Il dinamismo di Kali c. è dovuto all’elemento potassio che contrasta con la staticità del carbonio e si esprime con violenti picchi improvvisi, instabilità e punte di eccitazione cui segue la depressione.

Kali c, ha una prima fase stenica alla quale segue una seconda fase astenica.

Nella prima fase il soggetto che di base è calmo si agita all’improvviso, si inalbera, va in ansia e diventa nervoso; egli si eccita, si irrita, è brontolone e si spaventa per un nonnulla, non è mai tranquillo, è ipersensibile ed idrogenoide, è pallido e freddoloso, ha nevralgie, spasmi, crampi muscolari, dolori addominali, … e poi si spegne.

Inizia la seconda fase in cui diventa triste, depresso, inespressivo finché si ricarica e il ciclo ricomincia.

La seconda fase è quindi quella dell’astenia generale. La depressione e l’anemia di questa fase contrastano con la profonda irritabilità e con ipersensibilità alle correnti d’aria. Il soggetto in questa fase ha brividi di freddo, senso di dolenzia, di tensione e di debolezza muscolare in quasi tutto l’organismo: a livello dei muscoli degli arti, al cuore, allo stomaco, all’intestino, alla vescica, all’utero. Egli ha cioè astenia muscolare, affaticamento fisico e atonia viscerale. Il cuore batte poco e male, ciò comporta tachicardia, parestesie (formicolii) agli arti, gonfiore ai piedi e alle gambe, e disturbi da deficit di tutti i principali organi. La pelle può presentare orticaria.

I dolori di Kali c. sono lancinanti, intensi ed improvvisi, acuti e trafittivi alla testa, occhio, orecchio, faringe con sensazione di una spina di pesce conficcata, al ventre e all’ipocondrio destro, alle emorroidi, al torace, al polmone e soprattutto quello destro; ha dolori alla schiena e in particolare al rachide lombare, all’uretra, ai reni, a qualsiasi organo e apparato, a tutte le articolazioni e a tutti i muscoli, al ginocchio con gonfiore dello stesso (il dolore va dall’anca al ginocchio, più in particolare a destra), ai tendini e persino alle estremità delle dita delle mani e dei piedi.

La contrazione ed il successivo rilassamento dei muscoli dell’albero bronchiale sono le condizioni che creano la dispnea e l’asma bronchiale. Durante le crisi d’asma il soggetto va alla finestra in cerca d’aria, ma vuole qualcuno accanto a sé. Il paziente si raffredda facilmente e il minimo freddo lo fa tossire; ha tosse secca, raucedine e afonia, catarro nasale cronico. Le riniti, le faringiti, e le sinusiti del rimedio hanno catarro spesso e verdastro; le bronchiti croniche sono caratterizzate da dolori, tosse spastica e espettorato.

Kali c. è un grande rimedio respiratorio: è il rimedio dell’asma bronchiale e delle polmoniti del lato destro; è un grandissimo rimedio per gli stati depressivi, circolatori, anemici e reumatici; è un grande rimedio del dolore e della lombaggine.

Altre caratteristiche del rimedio sono: la minzione frequente che costringe il paziente ad alzarsi più volte durante la notte, gli edemi e gonfiori alle caviglie e alle ginocchia, Il paziente ha incontinenza al minimo sforzo per la paresi dei muscoli vescicali che mancano di tono sufficiente ad espellere l’urina. I suoi reni sono infiammati, le sue gambe sono pesanti e edematiche.

Le labbra di Kali c. sono secche e screpolate, con sono escoriazioni nella bocca e sulle gengive; la faringe è secca e irritata; gli occhi sono infiammati e hanno edema attorno, cioè gonfiori tipo piccole sacche tra le palpebre e le sopracciglia. Anche l’orecchio e i denti sono infiammati e dolenti.

L’addome è dolente, con borborigmi e gonfiore. Al soggetto sembra che ogni cosa mangi si trasformi in aria; ha disturbi gastrici e digestivi, secchezza delle mucose gastroenteriche con molte fermentazioni ed eruttazioni, con sensazione di avere lo stomaco gonfio e pieno d’acqua; ha stipsi con falsi stimoli; le sue emorroidi sono voluminose, sanguinanti e sporgenti, sensibili al tatto con dolori acuti, pungenti. Il rimedio è utilizzato per la dispepsia di persone anziane e per il vomito in gravidanza.

Le mucose vaginali sono secche e la secrezione vaginale è maleodorante; durante i mestrui la donna avverte indolenzimenti e dolori alla schiena. Il rimedio è utile per i disturbi dovuti alla menopausa, per la menorragia e la metrorragia.

Kali c. ha sudori, rachialgia e debolezza: è quella che Kent chiama triade chiave.

Tutti i sintomi peggiorano con il freddo ed alle 2 – 3 del mattino, solo le emorroidi migliorano con il freddo. I dolori e l’asma migliorano chinandosi in avanti, i dolori peggiorano camminando. Peggioramento stando coricati sulla parte malata. Miglioramento con il calore.

Suoi complementari sono: : Carbo vegetabilis, Phosphorus, Sepia, Nitric acidum, Natrum muriaticum.

USO di Kali carbonicum

Apparato gastrointestinale: Insufficienza digestiva (dovuta all’alterazione della motilità della muscolatura volontaria), biliare e pancreatica: dispepsia con flatulenza, gastralgia, vomito, stipsi, emorroidi, meteorismo. dolori addominali. Bocca, labbra e gola molto secche con sete costante e mucosità dense, collose e difficili da sputare.

Sintomi cardiovascolari: Sensazione di avere il cuore appeso ad un filo. Palpitazioni e disturbi cardiaci, astenia del miocardio di natura muscolare, edemi, anemia.

Apparato respiratorio: Raucedine, afonia, asma, faringite, sinusite, bronchite, tosse, pertosse, rinite, catarri cronici delle vie respiratorie superiori.

Sistema muscolare: Debolezza di tutti i muscoli

Apparato genitale: menopausa. menorragia, metrorragia, amenorrea, dolori alla schiena e indolenzimenti durante i mestrui.

Apparato urinario: incontinenza, infiammazione dei reni

Dolori: cefalea, vertigini, lombaggine, lombalgia, coxalgia, rachialgia, sciatica, odontalgia; infiammazione e dolore agli occhi e alle orecchie, alla faringe, all’ipocondrio…

Pelle: orticaria; sudorazione

Stato generale: Vagotonia, stati di esaurimento in particolare dopo malattie infettive.

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Prurito

Il prurito è definito come una parestesia, una sensibilità dolorifica o paradolorifica essenzialmente tegumentale che provoca una reazione motoria che si manifesta con il grattamento.

Clinicamente si possono distinguere diverse categorie di prurito:

 provocato, imputabile a più o meno evidenti agenti esterni pruritogeni;

secondario, sintomo soggettivo abituale di determinate dermatosi;

da cause endogene, dovuto a malattie di organi interni, intossicazioni e intolleranze;

da cause indeterminate, p. primitivo, essenziale, sine materia.

Prurito
Prurito

L’interrogatorio e l’esame obiettivo del paziente devono essere molto accurati per evitare di disconoscere cause banali o complesse, complicazioni (infezioni) o concause. Nell’individuazione etiopatogenetica del p. è da tener presente, oltre al facile associarsi delle diverse categorie suindicate, la possibilità di dermatosi pruriginose con lesioni obiettive constatabili solo istologicamente (dermatosi invisibili) ed è utile precisare le circostanze favorenti.

Secondo le cause, il p. può essere di varia estensione (localizzato, diffuso, disseminato, generalizzato), di tipo e durata diversi (fisso o migrante, occasionale, episodico, periodico, notturno o vespertino, stagionale, accessionale, intermittente, remittente, più raramente continuo, ecc.), di vario grado (sulla sua intensità, come sulla sua provocabilità, influisce sempre, spesso in notevole misura, la sensibilità individuale anche in funzione di fattori predisponenti etnici, costituzionali, ecc.), dalle forme più miti a forme intollerabili.

Il grattamento, adattato istintivamente dal malato al tipo di p. e di effetto sedativo più o meno rapido nei p. lievi, può, al contrario, estendere ed esasperare, con fasi di parossismo, i p. di maggiore gravità, portando tuttavia, in genere, dopo un certo tempo, alla loro cessazione anche se momentanea, parallelamente a una ipoestesia delle zone traumatizzate. Le lesioni da grattamento, per la massima parte proporzionali all’intensità, durata e tipo del p. consistono in eritemi spesso urticati, in escoriazioni puntiformi (follicolari) e lineari, superficiali o profonde, in papule lichenoidi follicolari o do tipo speciale (lichen simplex), in lesioni piodermitiche ed aczematoidi, pigmentarie e cicatriziali, in ipertrofia dei linfonodi superficiali, il abnorme lucidezza delle unghie ed erosione del loro bordo libero.

Pruriti provocati

Tra le molteplici cause esterne del p. sono da tenere presenti quelle: a) fisiche (meccaniche come lo strisciamento, specialmente in regioni particolarmente sensibili quali le labbra o il naso, di stimoli puntiformi, di insetti…; il lieve sfregamento superficiale con indumenti, specie se di lana o di nylon; la penetrazione nell’epidermide di minuti corpi estranei inerti, come spine di cactacee, fibre di vetro o d’acciaio; ambientali, come l’esposizione al freddo o al caldo, l’aria condizionata, il clima molto secco, specie se ventoso, o, viceversa, eccessivamente umido, la polvere; b) chimiche, ovvero da contatto con sostanze varie di origine minerale, vegetale, indumenti colorati, prodotti industriali, cosmetici, lacche e tinture per capelli, medicinali, lavaggi irritanti, ecc.

Pruriti secondari

Tra le diverse dermatosi che si accompagnano a prurito sono da elencare quelle dalle seguenti cause: a) Parassitarie quali la scabbia, le acariasi, la pediculosi, l’ascaridiasi, la ossiuriasi, l’anchilostomiasi, la schistosomiasi, ecc. b) Infettive quali le paracheratosi streptostafilococciche, le micosi comprese le candidosi, uretriti, cistiti, ecc. c) Varie quali orticaria, varicella, rosolia, eczemi da contatto e atopici, eritema da radiazioni U.V., reazioni fotoallergiche e fototossiche, prurigini, neurodermiti e lichenificazioni, dermatite erpetiforme, lichen ruber, secchezza della cute, malattia di Gougerot-Sjogren, geloni, ecc.

Pruriti da malattie di organi interni

Tra le cause interne del p. devono essere considerate le seguenti: a) cause alimentari e farmacologiche (ad es. alimenti ricchi di istamina spezie, abuso di stimolanti quali tabacco o caffè); b) Malattie epatiche; c) Malattie renali: d) Malattie endocrine; e) Malattie neoplastiche; f) Malattie del sistema nervoso compresi particolari stati emotivi; g) Pruriti da malattie di organi vicini quali ad es. i pruriti genitali nella donna in presenza di cerviciti, metriti, e nell’uomo per prostatiti, vescicoliti, varicocele; pruriti anali possono essere fatti risalire a proctocoliti, prostatiti, emorroidi, ecc.

Pruriti da cause indeterminate

Possono essere localizzati o più o meno diffuse o generalizzati

Tra i primi vanno menzionati i p. del cuoio capelluto, della nuca, della fronte, del padiglione auricolare e del condotto uditivo esterno, della cute, delle mucose nasali, labiali, della lingua, della trachea, ecc.

Tra i secondi sta in primo piano il p. senile. Più frequente nell’uomo che nella donna, si manifesta soprattutto con il tempo freddo. Compare oltre la sessantina.

Tra i principali rimedi omeopatici che vengono adoperati per lenire il prurito troviamo:

Apis, p. che migliora con le applicazioni fredde;

Arsenicum album, p. bruciante, paradossalmente migliorato dal calore e dalle applicazioni calde;

Calcarea carbonica, p. che peggiora con l’umidità e l’acqua, migliora all’aria aperta;

Dolichos pruriens, p. senza causa apparente, che colpisce perlopiù le persone anziane e/o migliora se con il grattamento la pelle sanguina;

Natrum sulphuricum, p. che si manifesta scoprendosi e/o quando è presente una dermatosi desquamante;

Ignatia amara, p. di origine nervosa;

Psorinum, p. estremamente intenso che non migliora grattandosi, diminuisce con il calore del letto;

Rhus tox, p. intenso che migliora poco grattandosi, in soggetto molto irrequieto;

Rumex crispus p. che si manifesta svestendosi o esponendosi all’aria fresca;

Sulphur p. che aumenta con il grattamento, con il caldo del letto e con l’acqua fredda, in genere

migliorato dal clima freddo;

Urtica urens, p. che peggiora con le applicazioni fredde, le crisi si ripetono ogni anno alla stessa data.

Altri rimedi sono: Arsenicum iodatum, Belladonna, Mezereum, Nux vomica.

In caso di prurito secondario da parassiti ci sono anche

Cina, soprattutto al cospetto di sintomi nervosi dovuti ai vermi, fame esagerata, prurito nasale e anale;

Ratanhia bruciore e sensazione di schegge di vetro nell’ano, ano secco e pruriginoso;

Sabadilla formicolio e p. all’ano, bruciore violento dopo averlo grattato, p. dell’ano alternato a p. del naso e dell’orecchio;

Spigelia, p. locale con sensazione di qualcosa che striscia nell’ano, p. locale;

Teucrium marum frequente p. e formicolio nell’ano, spesso dopo le evacuazioni;

Per il prurito al cuoio capelluto ci sono anche

Bryonia, Fluoricum acidum, Natrum muriaticum, Oleander, Phosphoricum acidum, Raphanus, Selenium, Silicea, Thuya.

In caso di prurito intimo ed anche vulvare

Ambra grisea,  Aurum sulphuratum, Caladium, Chininum sulphuricum, Ferula glauca, Grindelia, Hamamelis, Kali bichromicum, Lac caninum, Lilium tigrinum, Platinum, Ruta, Tarentula, Urtica urens, Zincum metallicum.

In caso di prurito intimo ed anche vaginale

Ambra grisea, Aurum muriaticum, Aurum sulphuratum, Caladium, Graphites, Chininum sulphuricum, Ferula glauca, Grindelia, Hydrocotyle asiatica, Hamamelis, Kali bichromicum, Kreosotum, Lac caninum, Lilium tigrinum, Medorrhinum, Mentha piperita, Mitchella, Platinum, Ruta, Tarentula, Urtica urens, Zincum metallicum.

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(*) V. Note esplicative

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Lichen ruber planus

Lichen ruber planus

Il Lichen ruber planus è una dermatosi ad andamento solitamente cronico. E’ caratterizzata dalla comparsa, sulla cute e sulle mucose, di papule con caratteri peculiari che, nella maggioranza dei casi, rendono la malattia facilmente differenziabile da altre malattie a carattere papuloso. Subiettivamente il sintomo predominante è il prurito. Anche l’aspetto istopatologico delle lesioni è affatto tipico, con interessamento dell’epitelio e della parte più superficiale del derma sottostante.

Oltre alla forma tipica, si distinguono diverse altre varietà del lichen r. p. che da essa più o meno si allontanano per gli aspetti clinici e anatomopatologici.

La malattia è relativamente comune; ha, all’incirca, la stessa frequenza nel sesso maschile ed in quello femminile, e predilige individui in età matura. E’ rara nell’infanzie e nella vecchiaia.

Questa malattia attirò dapprima l’attenzione della scuola francese e di quella tedesca. Tuttavia i primi veri studi furono condotti dall’inglese Erasmo Wilson. Quindi il Lichen r. p. A partire dal 1867 la malattia prese anche il nome di Lichen di Wilson.

Lichen ruber planus
Lichen ruber planus

Le cause capaci di determinare la malattia non sono del tutto note. Si è pensato ad una particolare predisposizione costituzionale piuttosto che ad un eventuale contagio o ad una possibile origine infettiva visto che alcune chiazze hanno una tendenza alla risoluzione centrale, ed hanno buoni effetti le cure con preparati chemioterapici, vaccini e antibiotici. Non è esclusa anche una correlazione con alcuni fattori psichici e neurologici dal momento che l’insorgenza del Lichen r. p. è stata osservata anche in individui colpiti da improvvisi traumi psichici. Solitamente la malattia compare in soggetti sovraffaticati intellettualmente o, comunque, debilitati mentalmente. In questi soggetti gli interventi psicoterapeutici hanno portato ad un miglioramento del quadro clinico.

Non è raro osservare il lichen zoniforme che si dispone lungo il decorso dei tronchi nervosi. Qualcuno riferisce buoni risultati con l’uso di vitamine del gruppo B.

È stato osservato che alcune sostanze chimiche, tra cui alcuni farmaci, sono capaci di far insorgere il Lichen, o di acutizzare la malattia o di provocare ricadute in coloro che ne hanno sofferto.

Qualcuno ipotizza anche una patogenesi di tipo autoimmune.

Le prime manifestazioni insorgono in corrispondenza dello strato connettivale con la dilatazione della rete vasale sottopapillare. Nel derma si forma un edema e l’epidermide è ispessita e pruriginosa.

Il Lichen r. p. insorge spesso in modo subdolo preceduto o meno da prurito. Compaiono piccoli rilievi papulosi, grandi quanto una punta di spillo, che poco a poco si ingrandiscono, di colore roseo tendenti al lilla, depressi nella parte centrale, tanto da dare l’impressione di un’ombelicatura. Qualche volta questi rilievi sono ricoperti da una scarsa desquamazione, così da assumere un colore rosso-grigiastro e una particolare lucentezza. Con l’andare del tempo i singoli elemento confluiscono costituendo chiazze che possono anche raggiungere il diametro di qualche cm. Se le chiazze vengono ripulite con olio di cedro si nota la comparsa delle “strie bianche di Wickham” su uno sfonfo roseo-lilla. Le strie bianche di W sono dovute a fenomeni di ipercheratosi e alla distribuzione irregolare della cheratoialina.

La cheratoialina è una miscela di varie sostanze, tra cui ricordiamo la profilaggrina. La profilaggrina è una proteina che viene defosforilata a filaggrina. Essa funziona come supporto meccanico per l’assemblaggio dei filamenti di cheratina. Si vengono così a formare delle macrofibrille, una specie di cordoni di cheratina che poggiano sulla filaggrina.

Il lichen r. p. può interessare qualunque regione cutanea, ma le sue localizzazioni preferenziali sono le facce flessorie degli arti, il basso addome, le regioni genitali e le parti laterali del tronco ma si localizza anche al cuoio capelluto, al palmo delle mani, alla pianta dei piedi, a livello della mucosa orale, ecc. Il Lichen ruber planus del cavo orale è una delle cause più ricorrenti della “sindrome della bocca urente”

Il Lichen ruber planus presenta un andamento decisamente cronico, di mesi o anche di anni. Può mostrare periodi di quiescenza, durante i quali si presenta estremamente ridotto in estensione o simula addirittura la guarigione.

Subiettivamente la dermatosi è caratterizzata dal prurito, che può essere discreto, intenso, e, talora, anche intensissimo. Eccezionalmente esso manca del tutto. Non pruriginose sono invece le lesioni situate sulle mucose esterne. Molto raramente c’è anche un rialzo termico.

Il Lichen ruber planus può mostrare diverse varietà, che riguardano la disposizione o la conformazione delle papule.

Lichen circinato quando la dermatosi assume aspetto girato o figurato, come nel lichen della cute dei genitali esterni.

L. lineare, zoniforme o neviforme quando le papule si dispongono linearmente lungo il decorso di un vaso o di un nervo

Lichen corimbiforme quando si ha una papula madre attorno alla quale si dispongono altre più piccole, a grappolo

Lichen bolloso o penfigoide quando il lichen si accompagna a bolle o a vescicolazione

L. piano peripilare con piccoli elementi ipercheratosici bianchi che al tatto danno l’impressione di una raspa

Lichen verrucoso o corneo o ipertrofico caratterizzato da chiazze di aspetto verrucoso e di colore bianco-sporco al centro e rosso-bruno alla periferia che compaiono sul viso o sugli arti inferiori, contornate da qualche papula isolata. Di solito sono estremamente pruriginose.

Lichen piano atrofico o sclerosus quando le papule tendono a scomparire lasciando il posto a piccole chiazze atrofiche o sclerose, di colore biancastro e di particolare consistenza alla palpazione.

Lichen spinulosus il cui termine indica una condizione di cheratosi acuminata a sede follicolare, di colore giallastro, incassato in una massa anch’essa cheratosica, che circonda lo stesso follicolo del pelo.

Tra i rimedi omeopatici che vengono spesso utilizzati nei casi di L.r.p. troviamo Mercurius corrosivus, Sulphur iodatum, Aurum muriaticum natronatum, Berberis vulgaris, Arsenicum album, anche in associazione.

Lichen scrofulosorum

La dermatosi appartiene al gruppo di alcune tbc (le tbc ematogene paucibacillari) ed è caratterizzata da un’eruzione micropapulosa con distribuzione figurata. L’affezione ha una natura tubercolare ed è considerata come una reazione secondaria ad un focolaio di tbc.

La dermatosi si manifesta con l’eruzione di piccole numerose papule lichenoidi di forma conica che si presentano sempre in agglomerati senza confluire. Sono di colore bruno-rossastre, spesso perifollicolari e insorgono principalmente sull’addome, sul tronco e soprattutto lateralmente e sulle parti prossimali degli arti. Non sono pruriginose e non provocano alcun disturbo soggettivo.

Lichen simplex cronico

È una dermatosi papulosa di solito circoscritta la cui eziologia è sconosciuta. È noto anche come neurodermite o dermatite zero ed è una condizione infiammatoria cronica della pelle caratterizzata da prurito, da placche secche, squamose, ben delimitate e da cute ispessita che peggiora nel tempo con il grattamento, specie se sono interessate le aree inguinali, sovrapubica e scrotale.

Tra i rimedi più spesso adoperati per le dermatiti secche e squamose troviamo Arsenicum album, Arsenicum iodatum, Hydrocotyle asiatica e Natrum sulphuricum.

 Lichen Striatus

È una malattia cutanea benigna a carattere infiammatorio ed evoluzione autolimitante, cioè che tende a risolversi in modo spontaneo. Infatti di solito compare improvvisamente, si sviluppa nel giro di pochi giorni o settimane e scompare spontaneamente nell’arco di qualche mese, ma può durare anche qualche anno. L’origine della malattia è sconosciuta. Colpisce prevalentemente i bambini e gli adolescenti, può essere bilaterale, non è soggetta a cronicità e recidive, non lascia conseguenze, potrebbe solo lasciare una colorazione più chiara sulla pelle che si attenua nel tempo e spesso scompare del tutto.

Diversi casi sono stati trattati con rimedi omeopatici come Mercurius corrosivus, Sulfur iodatum, Aurum muriaticum natronatum, Berberis vulgaris, Arsenicum album, anche in associazione.

In estrema sintesi:

Arsenicum album risulta maggiormente adatto quando la desquamazione somiglia alla forfora od a piccoli lembi, il prurito è bruciante e peggiora durante la notte;

Arsenicum iodatum quando la pelle è indurita, la desquamazione avviene a lembi, il prurito è intenso;

Aurum muriaticum natronatum se il prurito è insopportabile in tutto il corpo e c’è un’eruzione di piccole protuberanze, alcune coperte con croste;

Berberis vulgaris Piccole pustole rosse e urenti su tutto il corpo. Le pustole prudono e fanno male se vengono toccate. Esse si trasformano in macchie scure, simili a grandi lentiggini.

Hydrocotyle asiatica quando la pelle è ispessita;

Mercurius corrosivus se c’è bruciore e arrossamento della cute, con formazione di piccole vesciche;

Natrum sulphuricum quando le squame si presentano larghe, sottili, e trasparenti, tanto che si intravede il derma sottostante.

Sulphur iodatum se le eruzioni pustolose sono persistenti, leggermente trasudanti, con pruriti intensi. Pustole sul labbro superiore Rash pruriginoso sulle braccia, come orticaria.

In diversi casi viene associato qualche gemmoterapico della Fitoterapia rinnovata come ad es. Ribes nigrum M.G. D1 che è un ottimo cortisone-like, con attività antinfiammatorie e antistaminiche ed è un ottimo regolatore del sistema immunitario e/o Cedrus libani M.G. D1 che è indicato nel trattamento degli eczemi secchi, delle dermatosi secche, lichenificate e pruriginose.

(*) V. Note esplicative

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Gerarchia dei sintomi

Secondo la classica omeopatia unicista vi è una gerarchia dei sintomi all’interno di una scala di valori nella quale i sintomi sono categorizzati e organizzati. I sintomi mentali sono al vertice della gerarchia e, se sono molto marcati, hanno un’importanza di primo piano.

Gerarchia dei sintomi:

Gerarchia dei sintomi
Gerarchia dei sintomi
  • Sintomi caratteristici fisici e mentali. Le malattie fisiche, con l’eccezione di quelle traumatiche, hanno un aspetto mentale, mentre quelle mentali ne hanno uno fisico; perciò devono essere considerate contemporaneamente entrambe le componenti. I sintomi caratteristici sono particolari, rari e individuali, sono quelli che personalizzano il malato e che conducono all’identificazione dei rimedi che meglio si adattano alle condizioni del soggetto. Questi sintomi sono di valore più alto e aiutano nella ricerca del simillimum. Tra i sintomi caratteristici ci sono anche le key-notes della Materia Medica, ovvero le note chiave o note di lettura. Le key-notes sono segni rari, spesso celati o mascherati, senza un rapporto diretto con la malattia ma che spesso conducono ad un unico rimedio. Le key-notes sono come chiavi dalla foggia strana, ogni chiave è capace di aprire un’unica serratura e quindi possono orientare verso un dato rimedio.
  • Sintomi generali. Sono le modalità e le connotazioni generali proprie di ciascun individuo. Sono le reazioni, la sensibilità agli agenti atmosferici, ciò che aggrava o migliora, i desideri e le avversioni, ecc. Questi, insieme ai sintomi caratteristici mentali, sono quelli più importanti ai fini della determinazione del simillimum.
  • I sintomi locali sono il motivo che induce il paziente a rivolgersi all’omeopata. Sono ad esempio il senso di bruciore agli arti, il dolore sciatico o la cefalea. Presi singolarmente i sintomi locali sono di scarso valore ma, insieme, possono condurre ai sintomi generali di più alto valore.
  • Sintomi patognomonici comuni e meno anomali (es la papula dell’orticaria o l’esantema del morbillo, l’ozena, la tosse, ecc.), sono cioè le peculiarità della malattia ma non del paziente. Questi sono sintomi di scarsa utilità ai fini di una prescrizione omeopatica ma possono mettere in risalto o condurre ad altri di valore più alto.
  • Sintomi eliminatori. Trattasi di quei sintomi che consentono di eliminare alcuni rimedi tra quelli scelti in base a quanto è emerso dall’indagine. Ad esempio i rimedi che portano nelle loro indicazioni aggravamento per il caldo, potrebbero essere esclusi nel caso di pazienti freddolosi. Ma i sintomi eliminatori non sono generalmente presi rigorosamente in considerazione perché sono quelli che potrebbero sviare la scelta piuttosto che orientarla verso il giusto rimedio.

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  (*) V. Note esplicative

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