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Risultati della ricerca per: ortica

Ortica – Parietaria

Sommario di Ortica e Parietaria:

◊ TM di Ortica o ortica comune, Nettle o anche Stinging Nettle

◊ TM di Parietaria o Erba Vetriola, Erba dei muri o anche Muraiola

Tintura Madre di Ortica

Dosi

L’Ortica (Urtica dioica L.) è una pianta erbacea spontanea e perenne, originaria dell’Asia occidentale e dell’Africa, oggi presente in tutte le regioni temperate del mondo. È la più conosciuta e diffusa specie del genere Urtica. Il termine Urtica deriva dal latino urere, cioè bruciare e sta a indicare l’effetto delle sostanze irritanti contenute nei peli.

L’irritazione per contatto provoca la formazione di piccoli eritemi sulla pelle, accompagnati ad una sensazione di bruciore, di prurito e anche di intorpidimento. Quest’effetto dura da pochi minuti ad alcune ore.

Il colore della pianta è verde, l’odore è debole, il gusto è amaro.

Tra i componenti principali ci sono: Clorofilla A e B; sostanze azotate, nitrati, ammine, aminoacidi; flavonoidi; acido salicilico; glucidi: mono, di e trisaccaridi, cellulosa; vitamine B2, K1, A; derivati dell’acido caffeico; Olio essenziale: metileptenone, acetofenone ed altri chetoni, esteri, alcoli; oligoelementi; Sali minerali, in particolare quelli di calcio e di potassio; carotenoidi e in particolare licopene, xantofilla, isoxantina; acidi formico ed acetico; acidi ascorbico, folico e pantotenico; tannini; mucillagini.

I semi della pianta sono ricchi di acido linoleico, nell’insaponificabile vi è beta-sitosterolo e beta-carotene.

Il tempo di raccolta è da aprile a settembre. La pianta si recide 10 cm. al di sopra del terreno, ma si devono proteggere le mani con dei guanti per evitare dolorose irritazioni.

Nella medicina popolare i preparati a base di radice di ortica erano utilizzati come diuretici, astringenti e per gargarismi.

Questa pianta è utilizzata ancora oggi per scopi culinari (previa bollitura). È considerato un alimento ad alto valore nutritivo. I valori nutrizionali variano a seconda del periodo di raccolta e diminuiscono con la preparazione e anche con la cottura.

Dall’ortica (Urtica) deriva il termine “orticaria”. Le foglie di queste piante presentano, infatti, una sostanza ad azione revulsiva contenuta nei tricomi, una sorta di peli dell’ortica. Questa sostanza risulta irritante per la pelle e dà una reazione pomfo-eritematosa immediata.

L’eruzione cutanea, può dipendere da una reazione allergica IgE-mediata, con attivazione dei mastociti e il rilascio di mediatori chimici. In un soggetto suscettibile, i pomfi diventano evidenti qualche minuto dopo il contatto con questo specifico allergene.

La maggior parte degli episodi acuti di orticaria è temporanea e si risolve completamente entro poche settimane dall’esordio. Complessivamente, la durata può variare da pochi giorni fino a qualche settimana.

L’orticaria cronica invece dura per diverse settimane o addirittura per tutta la vita. Questa forma è caratterizzata da fasi di remissione, durante le quali i sintomi migliorano o scompaiono, a periodi di riacutizzazione.

Preparazione

La T. M. si prepara mettendo le foglie della pianta in infusione in alcol a 25° nella proporzione 1:5

Proprietà

DIURETICA, ANTINFIAMMATORIA, REVULSIVA. ANTIANEMICA, EMOSTATICA, ASTRINGENTE, GALATTOGOGA, IPOGLICEMICA. La pianta fresca è anche REVULSIVA e VESCICANTE.

Utilizzo

Eczema nervoso, emorragia uterina, eruzioni cutanee, eczema infantile, epistassi, dolori reumatici, artriti, dolori muscolari e dolori articolari, gotta, prurito cutaneo e del cuoio capelluto

Dosi

Secondo il parere medico.

(*) V. Note esplicative

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Tintura Madre di Parietaria

Ortica e Parietaria

In Italia la parietaria è nota anche con i termini di Vetriola, Erba dei muri, Muraiola. Il suo nome proviene dal latino paries. Il suo habitat preferito è costituito dai vecchi muri.

Fino a pochi anni fa, questa pianta veniva comunemente usata per pulire l’interno delle bottiglie e anche dei fiaschi grazie ai microscopici peli delle sue foglie (da qui il nome comune erba vetriola).

La parietaria (Parietaria officinalis L.)  fa parte della famiglia delle Urticaceae ed è una specie fortemente allergenica. Ha tra i principali componenti: Glicosidi flavonoidici; Sali minerali, tra cui il nitrato di potassio; mucillagini; sostanze solforate; ac. glicolico; ac. glicerico; tannini.

Il tempo di raccolta è da giugno a settembre; si recide la pianta ad alcuni cm. dalla base.

Caratteri organolettici:

ODORE: Debole.

SAPORE: Debole

Nella medicina popolare viene raccomandata per sgretolare ed espellere i calcoli renali.

Un altro utilizzo popolare di questa pianta è quello strofinare le foglie senza troppo vigore sulla parte lesa, per lenire il prurito dovuto al contatto con la sostanza urticante dell’ortica.

La parietaria, nel periodo di pollinazione, può causare allergie nei soggetti predisposti.

Il periodo di pollinazione della parietaria va da febbraio a ottobre.

I pollini sono le cellule riproduttive maschili (gametofiti) prodotte dalle piante durante la fioritura. Questi granelli piccoli e leggeri hanno il compito di fecondare altri vegetali della stessa specie.

Considerate le loro ridotte dimensioni, i pollini anemofili (trasportati dal vento) sono veicolati anche a grande distanza e possono essere facilmente inalati, quindi sono in grado di penetrare nelle vie respiratorie. Nel polline sono contenute particolari sostanze, dette antigeni, capaci di “sensibilizzare” i soggetti geneticamente predisposti.

I granuli di polline vagano nell’aria e gli allergeni sono liberati al contatto del granulo con la superficie umida delle vie respiratorie. Gli stessi pollini presentano attività enzimatiche che facilitano la penetrazione degli allergeni attraverso le mucose.

La pollinosi è una reazione allergica che si manifesta con cadenza stagionale in soggetti ipersensibili a pollini di specifiche famiglie di erbe, di fiori e di alberi. Tra le diverse aree italiane esistono differenze significative nella sensibilizzazione ai vari pollini: la presenza di granuli allergenici è influenzata dal clima e dalla diffusione della vegetazione nel territorio.

L’incidenza della sensibilizzazione alla parietaria è abbastanza elevata ed è spesso caratterizzata da crisi asmatiche.

Preparazione

La tintura si prepara dalle parti aeree della pianta lasciate a macerare in alcol 25° nel rapporto 1:5

Proprietà

DIURETICA, EMOLLIENTE, SUDORIFERE, DEPURATIVE ed ESPETORANTI.

Utilizzo

Cistite ricorrente con litiasi urinaria, pielite, disuria con cistite, edema di origine renale, oliguria, calcoli urinari o vescicali.

Dosi

Secondo il parere del medico

La T.M. di Ortica e anche la T. M. di Parietaria si ottengono dalle relative piante, per estrapolazione del principio attivo.

T. M. di Ortica e Parietaria

T. M. Ortica e Parietaria
T. M. Ortica e Parietaria

(*) V. Note esplicative

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Noce moscata

La noce moscata o Nutmeg è, in botanica, la Myristica fragrans Houtt o semplicemente Myristica. L’epiteto fragrans significa “fragrante” e il termine Hott proviene dal botanico olandese Martinus Houttuyn che nel 1774 la descrisse per la prima volta. La noce m. è un albero della famiglia Myristicaceae originario delle isole Molucche (Indonesia) e oggi coltivato nelle zone intertropicali.

Myristica

Il nome noce moscata significa “noce di Mascate” e fa riferimento alla capitale dell’Oman, luogo dal quale la pianta cominciò a essere commercializzata.

È un albero sempreverde, dioico (i fiori maschili e quelli femminili sono portati su diverse piante), alto 5–10 m ma può raggiungere occasionalmente l’altezza di 20 metri.

Le foglie sono a fillotassi alterna, di colore verde scuro, lunghe 5–15 cm e larghe 2–7 cm con piccioli lunghi circa 1 cm. I fiori sono a forma di campana, giallo pallido e un po’ cerosi e carnosi. I fiori maschili, portanti gli stami, sono disposti in gruppi da uno a dieci, ciascuno lungo 5–7 mm; i fiori femminili, che daranno il frutto, sono in gruppi più piccoli, da uno a tre, e un po’ più lunghi, fino a 10 mm.

I frutti sono delle drupe.

Il seme della pianta, di forma ovaleggiante simile appunto a una noce, è una spezia usata in cucina. Si utilizza sotto forma di polvere già macinata oppure si grattugia il seme.

Dal seme della pianta si ricavano due spezie le cui caratteristiche organolettiche sono: Odore aromatico, sapore aromatico ed amaro.

Le due spezie sono la noce decorticata e l’involucro esterno che ricopre il seme.

  • Il seme decorticato è la noce moscata usata in cucina come ingrediente in preparazioni sia dolci (es. budini e creme) sia salate (es. salsa besciamella, purè e verdure lesse).

La polvere rosso-bruno oleosa è spesso, nella cucina italiana, aggiunta nei ripieni per tortellini, cappelletti, ravioli e cannelloni fatti a base di carne, formaggio o spinaci. Il suo aroma, in quantità moderate, è gradevole, caldo, piccante, esotico.

  • La parte esterna che ricopre il seme fornisce il macis chiamato anche mace o fiore della noce moscata, di gusto più delicato. Il macis è di uso meno frequente nella cucina italiana. Di color rosso brillante nel frutto fresco, diventa di colore arancione con l’essiccazione. Il suo sapore è più delicato di quello della noce moscata ed è utilizzato in cucina per piatti salati composti di colore chiaro e luminoso, giallo o arancione, in modo analogo allo zafferano (conferisce un colore giallo-arancione, simile allo zafferano). È altresì utilizzato nella preparazione di miscele di spezie (ad esempio il curry), negli aceti speziati, per la conservazione delle verdure o nella preparazione di liquori casalinghi come il nocino. È gradevole nelle salse di formaggio, grattugiato fresco.

Nel campo erboristico e in cucina si usano i semi essiccati e polverizzati, per le loro innumerevoli proprietà benefiche.

E’ CARMINATIVA, SPASMOLITICA, ANTIEMETICA, APERITIVA, STIMOLANTE DELLA SECREZIONE GASTRICA. Viene usata nei casi di dispepsia, nervosa, flatulenza, nausea, diarrea, dissenteria alle dosi di Max 1 g di polvere in uso alimentare o in tisane.

In uso topico è un buon prodotto ANTIREUMATICO

Noce moscata
Noce moscata

La noce moscata è una spezia preziosa, rinomata per le sue proprietà afrodisiache. Il seme rappresenta una fonte di beta-carotene, di beta-criptoxantina e di oli essenziali. Inoltre esso contiene proteine, lipidi, carboidrati, fibre, vitamine, Sali minerali.

In diverse medicine tradizionali viene utilizzata anche come antimicotico, antidepressivo, afrodisiaco, digestivo e carminativo. Ciò è dovuto alla presenza, al suo interno di carotenoidi, vitamina A e manganese, molecole dall’attività antiossidante.

Questa spezia si conserva a lungo, purché sia posta all’interno di un barattolo di vetro ben chiuso, per non disperderne l’aroma.

Il suo sapore dolce ma intenso si sposa bene con preparazioni a base di latte come la besciamella, e si utilizza spesso in abbinamento alla ricotta, sia nel ripieno di pasta e torte salate, ma anche nei dolci. La noce moscata è indicata come spezia nelle ricette a base di carne, soprattutto per i piatti più elaborati, come arrosti, polpette, sughi o ripieni. Spesso arricchisce brodi sia di carne che vegetali, ma anche purè di patate, vellutate, o verdure gratinate. Ottima nei dolci insieme ad altre spezie come la cannella, i chiodi di garofano, zenzero.

Dal punto di vista nutrizionale, si tratta di una buona fonte di molecole alleate del metabolismo (le vitamine del gruppo B), di minerali necessari per la produzione dei globuli rossi (rame e ferro), di sostanze alleate della salute di ossa e denti (calcio, fosforo e magnesio) e di alleati della salute cardiovascolare (potassio e fibre).

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(*) V. Note esplicative

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Cataratta

La cataratta è l’opacità del cristallino dovuta a un perturbamento dei processi chimici o chimicofisici che regolano il ricambio del cristallino. Può essere determinata da cause traumatiche, tossiche o dismetaboliche che determinano profonde modificazioni organiche a carattere degenerativo, che comportano sempre perdita o diminuzione della trasparenza.

Nell’accezione più ricorrente il termine c. si riferisce alle opacità che si sviluppano, senza causa riconoscibile, nel cristallino di individui, per altro sani, oltre una certa età. Il limite d’età, con larga approssimazione, può essere fissato intorno ai 50 anni. Si tratta della c. senile dovuta alla senescenza.

In altre forme di c. invece è riconosciuto un rapporto causale. Esse sono separabili per evoluzione clinica e sintomatologia, e perché legate a precise malattie generali (c. patologiche) o locali (c. complicate), a intossicazioni o a traumi. Più oscura è invece l’etiologia delle c. congenite, dove possono essere in causa fattori disgenetici (forme familiari, forme associate ad altre anomalie oculari o extraoculari congenite) o tossici o dismetabolici (forme sporadiche).

La c. senile è una delle malattie oculari più comuni tra le persone di età avanzata. A seconda della sede dell’opacità, si sogliono distinguere forme nucleari e forme corticali.

Le prime sono caratterizzate da un’opacità diffusa del nucleo. Iniziano dagli strati più interni di esso, progrediente verso la periferia fino a comprendere l’intero nucleo adulto. Le seconde sono le forme più comuni di c. senile. Le forme corticali comprendono molte varietà: c. equatoriale, cuneiforme, cupoliforme, perinucleare, deiscente, ecc. Nelle forme corticali le opacità iniziano negli strati più superficiali, più spesso nel segmento inferiore della lente, e hanno forma diversa. In genere ripetono la struttura radiale del tessuto ed hanno perciò l’aspetto di piccoli cunei con l’apice verso il centro della lente, isolati o confluenti verso masse più grossolane. Altre volte prevale una disposizione delle opacità a sottocoppa negli strati corticali più posteriori, o attorno al nucleo.

I caratteri di ogni tipo si cancellano gradatamente a mano a mano che la c. procede verso la maturazione.

Il cristallino umano è in effetti una “lente naturale”, che insieme alla cornea converge i raggi di luce (ha la stessa funzione dell’obiettivo in una macchina fotografica). La lente si trova all’interno del bulbo oculare tra l’iride e il corpo vitreo dell’occhio. In un occhio giovane il cristallino è trasparente ed elastico con una capacità di cambiare forma istantaneamente per fornire il fuoco che permette all’occhio di vedere bene sia da vicino che da lontano. La capacità del cristallino di modificare il potere di rifrazione nella visione da vicino e da lontano è definita accomodazione. Oltre alla funzione diottrica e all’accomodazione, il cristallino assorbe parte dei raggi ultravioletti, quindi contribuisce alla protezione della retina.

L’opacità del parenchima lenticolare, cioè della sostanza propria del cristallino può essere parziale o completa, quindi solo una parte dei raggi di luce sono in grado di raggiungere la retina. Ciò significa che la persona interessata lamenta una diminuzione della vista e le immagini sono poco chiare e offuscate.

Con gli anni la malattia progredisce, l’opacità si intensifica e si estende e la visione si deteriora ulteriormente.

Il disturbo fondamentale da cui deriva la perdita della trasparenza del parenchima lenticolare può essere riassunto in due tipi.

Il primo è l’opacità da rigonfiamento, un’alterazione reversibile. L’alterazione è connessa con una modificazione del grado di imbibizione dei complessi micellari costituenti le fibre del cristallino. Di ciò è responsabile l’azione di enzimi proteolitici presenti nella stessa lente, attivati dallo spostamento della reazione attuale verso l’acidità. È un processo di autolisi che libera complessi proteolitici solubili. Questi processi causano un aumento della pressione osmotica e il rigonfiamento del tessuto con la perdita della trasparenza del cristallino. La trasparenza del cristallino è strettamente collegata al contenuto di acqua. Al rigonfiamento succede la diffusione nell’umor acqueo di prodotti di degradazione protidici solubilizzati, sicché le fibre risultano in ultimo deformate, raggrinzite, e finiscono per scomparire del tutto, o lasciare detriti amorfi coagulati. Contemporaneamente altre modificazioni secondarie, anch’esse di carattere regressivo, hanno luogo a carico degli altri componenti del tessuto reticolare (lipidi, glicidi, minerali).

Il secondo è l’opacità da coagulazione, un’alterazione irreversibile. L’alterazione consiste in una denaturazione e successiva agglutinazione. In ultimo risulta una profonda disorganizzazione delle strutture.

La maturazione della cataratta, che rappresenta quindi l’evoluzione dell’opacità del cristallino, può determinare una diminuzione quantitativa (5/10, 2/10, ecc.) oppure una diminuzione della qualità della visione (appannamento, visione sbiadita, diminuzione della visione serale).

Rimedi

 

I rimedi più prescritti in omeopatia per la gestione della cataratta e per rallentarne il decorso sono Causticum, Cineraria maritima, Kalium chloratum o muriaticum, Secale cornutum, Silicea, Sulphur, Lycopodium.

Cataratta
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(*) V. Note esplicative

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Kali carbonicum

DESCRIZIONE di Kali Carbonicum

Kali carbonicum si ricava dal carbonato di potassio diluito e dinamizzato.

Il carbonato di potassio (K2CO3) è il sale di potassio dell’acido carbonico (H2CO3), un acido di media forza e molto instabile che non è noto allo stato puro; inoltre, poiché diprotico (cioè è in grado di cedere due protoni), l’acido dà luogo a due serie di Sali, gli idrogenocarbonati detti anche carbonati acido bicarbonati, caratterizzati dallo ione HCO3– , ed i carbonati caratterizzati dallo ione  CO32- .

Il carbonato di potassio è un popolarmente noto con il nome di potassa (da non confondersi con la potassa caustica, denominazione impropria, ma comune dell’idrossido di potassio). A temperatura ambiente si presenta come un solido bianco inodore, molto solubile in acqua, dando una soluzione decisamente basica. È un composto nocivo e irritante e può dar luogo a fastidiose irritazioni. La potassa viene usata nella produzione artigianale del sapone e del vetro ed è una sostanza presente nelle ceneri del legno. Facendo bollire cenere di legno con acqua le nostre nonne solevano preparare un liquido saponoso sbiancante e disinfettante: la liscivia con la quale facevano il bucato.

La cenere, prima setacciata per eliminare eventuali grumi e parti incombuste, si mette in una pentola contenente acqua, nel rapporto di una parte di cenere e cinque di acqua, e poi si porta ad ebollizione. Il tempo di cottura è di circa 2 ore a fuoco lento e si rimesta frequentemente.

Lasciata prima decantare e raffreddare, la liscivia si filtra attraverso un panno di cotone su cui si versa con cautela evitando il deposito sul fondo. Il liquido giallino ottenuto si conserva poi in recipienti di vetro o di plastica robusta per periodi abbastanza lunghi. Il filtrato si usa per sgrassare padelle e altre stoviglie, ma anche per le pulizie domestiche. Si stende sulla superficie da trattare e si strofina con una puretta, dopodiché si risciacqua con acqua corrente.

Il carbonato di potassio trova applicazione nell’industria nella preparazione di agenti tannati del cioccolato, nella produzione di frutta secca, nel vetro cristallo, nella detergenza, nell’industria fotografica e dei coloranti e come decongelante non corrosivo. Il prodotto in polvere è utilizzato nell’industria farmaceutica.

Il carbonato di potassio è la sostanza più importante che fornisce l’equilibrio alcalino nel corpo umano. L’interruzione dell’equilibrio del pH del corpo e una dieta di base portano a molte patologie di una certa rilevanza. Il carbonato di potassio è quindi molto importante.

I Sali di potassio hanno, a debole dose un’azione tonica sui muscoli lisci, a forte dose hanno invece un’azione inibitrice.

Il potassio è un elemento dell’organismo, si trova in tutte le cellule ed è indispensabile per molte funzioni importanti.

CARATTERISTICHE

Kali carbonicum, o Kalium carbonicum, è uno dei rimedi della famiglia carbone come Baryta carbonica e Calcarea carbonica. La costituzione è ovviamente carbonica e il temperamento linfatico. Il rimedio ha una lateralità destra ed è uno dei rimedi cronometro.

Organospecificità: Parasimpatico, S.N.C., cuore, circolazione, vie respiratorie, apparato gastrointestinale, apparato genitale, Occhi, orecchie.

Indicazioni cliniche: Anemia, Vagotonia, stati di esaurimento in particolare dopo malattie infettive, astenia del miocardio di natura muscolare, tendenza a edemi; menopausa; menorragia; metrorragia, amenorrea; dispepsia con flatulenza, gastralgia, vomito, stipsi, emorroidi; sudorazione, incontinenza urinaria, edemi; catarri cronici delle vie respiratorie superiori, bronchite, afonia e raucedine, tosse, pertosse, asma, rinite, faringite, sinusite; cefalea, vertigini; debolezza muscolare, lombaggine, lombalgia, coxalgia, rachialgia, sciatica, odontalgia; infiammazione degli occhi e delle orecchie; orticaria; infiammazione dei reni.

Debolezza generale, sudori e dolori alla schiena sono molto tipici. Il rimedio ha una tendenza agli edemi e al movimento ma il soggetto suda al minimo esercizio perché ha una debolezza muscolare, ha la discresia sanguigna dell’anemico e una tendenza emorragica: ha emorragie nasali e mestrui abbondanti.

Kali carbonicum
Kali carbonicum

Kali carbonicum ha tendenza ad ingrassare, è piagnucoloso, depresso, pauroso, di umore instabile, si spaventa facilmente, è lento e meticoloso, discretamente irritabile e agitato, ha vertigini. I suoi dolori sono improvvisi e si rendono manifesti soprattutto nella zona lombare e nell’articolazione dell’anca; le sue mucose sono secche e provocano dolori simili a fitte. La secchezza interessa in modo particolare le vie respiratorie, le vie digerenti e gli organi genitali femminili.

Come tutti i rimedi della sua famiglia carbone Kali c. reagisce con lentezza agli stimoli e le malattie si protraggono fino a divenire croniche. Ma Kali, al contrario dei suoi familiari, possiede una certa forza, una discreta energia e vivacità sia fisica che psichica, che contrastano con l’atonia di fondo del biotipo.

Il dinamismo di Kali c. è dovuto all’elemento potassio che contrasta con la staticità del carbonio e si esprime con violenti picchi improvvisi, instabilità e punte di eccitazione cui segue la depressione.

Kali c, ha una prima fase stenica alla quale segue una seconda fase astenica.

Nella prima fase il soggetto che di base è calmo si agita all’improvviso, si inalbera, va in ansia e diventa nervoso; egli si eccita, si irrita, è brontolone e si spaventa per un nonnulla, non è mai tranquillo, è ipersensibile ed idrogenoide, è pallido e freddoloso, ha nevralgie, spasmi, crampi muscolari, dolori addominali, … e poi si spegne.

Inizia la seconda fase in cui diventa triste, depresso, inespressivo finché si ricarica e il ciclo ricomincia.

La seconda fase è quindi quella dell’astenia generale. La depressione e l’anemia di questa fase contrastano con la profonda irritabilità e con ipersensibilità alle correnti d’aria. Il soggetto in questa fase ha brividi di freddo, senso di dolenzia, di tensione e di debolezza muscolare in quasi tutto l’organismo: a livello dei muscoli degli arti, al cuore, allo stomaco, all’intestino, alla vescica, all’utero. Egli ha cioè astenia muscolare, affaticamento fisico e atonia viscerale. Il cuore batte poco e male, ciò comporta tachicardia, parestesie (formicolii) agli arti, gonfiore ai piedi e alle gambe, e disturbi da deficit di tutti i principali organi. La pelle può presentare orticaria.

I dolori di Kali c. sono lancinanti, intensi ed improvvisi, acuti e trafittivi alla testa, occhio, orecchio, faringe con sensazione di una spina di pesce conficcata, al ventre e all’ipocondrio destro, alle emorroidi, al torace, al polmone e soprattutto quello destro; ha dolori alla schiena e in particolare al rachide lombare, all’uretra, ai reni, a qualsiasi organo e apparato, a tutte le articolazioni e a tutti i muscoli, al ginocchio con gonfiore dello stesso (il dolore va dall’anca al ginocchio, più in particolare a destra), ai tendini e persino alle estremità delle dita delle mani e dei piedi.

La contrazione ed il successivo rilassamento dei muscoli dell’albero bronchiale sono le condizioni che creano la dispnea e l’asma bronchiale. Durante le crisi d’asma il soggetto va alla finestra in cerca d’aria, ma vuole qualcuno accanto a sé. Il paziente si raffredda facilmente e il minimo freddo lo fa tossire; ha tosse secca, raucedine e afonia, catarro nasale cronico. Le riniti, le faringiti, e le sinusiti del rimedio hanno catarro spesso e verdastro; le bronchiti croniche sono caratterizzate da dolori, tosse spastica e espettorato.

Kali c. è un grande rimedio respiratorio: è il rimedio dell’asma bronchiale e delle polmoniti del lato destro; è un grandissimo rimedio per gli stati depressivi, circolatori, anemici e reumatici; è un grande rimedio del dolore e della lombaggine.

Altre caratteristiche del rimedio sono: la minzione frequente che costringe il paziente ad alzarsi più volte durante la notte, gli edemi e gonfiori alle caviglie e alle ginocchia, Il paziente ha incontinenza al minimo sforzo per la paresi dei muscoli vescicali che mancano di tono sufficiente ad espellere l’urina. I suoi reni sono infiammati, le sue gambe sono pesanti e edematiche.

Le labbra di Kali c. sono secche e screpolate, con sono escoriazioni nella bocca e sulle gengive; la faringe è secca e irritata; gli occhi sono infiammati e hanno edema attorno, cioè gonfiori tipo piccole sacche tra le palpebre e le sopracciglia. Anche l’orecchio e i denti sono infiammati e dolenti.

L’addome è dolente, con borborigmi e gonfiore. Al soggetto sembra che ogni cosa mangi si trasformi in aria; ha disturbi gastrici e digestivi, secchezza delle mucose gastroenteriche con molte fermentazioni ed eruttazioni, con sensazione di avere lo stomaco gonfio e pieno d’acqua; ha stipsi con falsi stimoli; le sue emorroidi sono voluminose, sanguinanti e sporgenti, sensibili al tatto con dolori acuti, pungenti. Il rimedio è utilizzato per la dispepsia di persone anziane e per il vomito in gravidanza.

Le mucose vaginali sono secche e la secrezione vaginale è maleodorante; durante i mestrui la donna avverte indolenzimenti e dolori alla schiena. Il rimedio è utile per i disturbi dovuti alla menopausa, per la menorragia e la metrorragia.

Kali c. ha sudori, rachialgia e debolezza: è quella che Kent chiama triade chiave.

Tutti i sintomi peggiorano con il freddo ed alle 2 – 3 del mattino, solo le emorroidi migliorano con il freddo. I dolori e l’asma migliorano chinandosi in avanti, i dolori peggiorano camminando. Peggioramento stando coricati sulla parte malata. Miglioramento con il calore.

Suoi complementari sono: : Carbo vegetabilis, Phosphorus, Sepia, Nitric acidum, Natrum muriaticum.

USO di Kali carbonicum

Apparato gastrointestinale: Insufficienza digestiva (dovuta all’alterazione della motilità della muscolatura volontaria), biliare e pancreatica: dispepsia con flatulenza, gastralgia, vomito, stipsi, emorroidi, meteorismo. dolori addominali. Bocca, labbra e gola molto secche con sete costante e mucosità dense, collose e difficili da sputare.

Sintomi cardiovascolari: Sensazione di avere il cuore appeso ad un filo. Palpitazioni e disturbi cardiaci, astenia del miocardio di natura muscolare, edemi, anemia.

Apparato respiratorio: Raucedine, afonia, asma, faringite, sinusite, bronchite, tosse, pertosse, rinite, catarri cronici delle vie respiratorie superiori.

Sistema muscolare: Debolezza di tutti i muscoli

Apparato genitale: menopausa. menorragia, metrorragia, amenorrea, dolori alla schiena e indolenzimenti durante i mestrui.

Apparato urinario: incontinenza, infiammazione dei reni

Dolori: cefalea, vertigini, lombaggine, lombalgia, coxalgia, rachialgia, sciatica, odontalgia; infiammazione e dolore agli occhi e alle orecchie, alla faringe, all’ipocondrio…

Pelle: orticaria; sudorazione

Stato generale: Vagotonia, stati di esaurimento in particolare dopo malattie infettive.

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Prurito

Il prurito è definito come una parestesia, una sensibilità dolorifica o paradolorifica essenzialmente tegumentale che provoca una reazione motoria che si manifesta con il grattamento.

Clinicamente si possono distinguere diverse categorie di prurito:

 provocato, imputabile a più o meno evidenti agenti esterni pruritogeni;

secondario, sintomo soggettivo abituale di determinate dermatosi;

da cause endogene, dovuto a malattie di organi interni, intossicazioni e intolleranze;

da cause indeterminate, p. primitivo, essenziale, sine materia.

Prurito
Prurito

L’interrogatorio e l’esame obiettivo del paziente devono essere molto accurati per evitare di disconoscere cause banali o complesse, complicazioni (infezioni) o concause. Nell’individuazione etiopatogenetica del p. è da tener presente, oltre al facile associarsi delle diverse categorie suindicate, la possibilità di dermatosi pruriginose con lesioni obiettive constatabili solo istologicamente (dermatosi invisibili) ed è utile precisare le circostanze favorenti.

Secondo le cause, il p. può essere di varia estensione (localizzato, diffuso, disseminato, generalizzato), di tipo e durata diversi (fisso o migrante, occasionale, episodico, periodico, notturno o vespertino, stagionale, accessionale, intermittente, remittente, più raramente continuo, ecc.), di vario grado (sulla sua intensità, come sulla sua provocabilità, influisce sempre, spesso in notevole misura, la sensibilità individuale anche in funzione di fattori predisponenti etnici, costituzionali, ecc.), dalle forme più miti a forme intollerabili.

Il grattamento, adattato istintivamente dal malato al tipo di p. e di effetto sedativo più o meno rapido nei p. lievi, può, al contrario, estendere ed esasperare, con fasi di parossismo, i p. di maggiore gravità, portando tuttavia, in genere, dopo un certo tempo, alla loro cessazione anche se momentanea, parallelamente a una ipoestesia delle zone traumatizzate. Le lesioni da grattamento, per la massima parte proporzionali all’intensità, durata e tipo del p. consistono in eritemi spesso urticati, in escoriazioni puntiformi (follicolari) e lineari, superficiali o profonde, in papule lichenoidi follicolari o do tipo speciale (lichen simplex), in lesioni piodermitiche ed aczematoidi, pigmentarie e cicatriziali, in ipertrofia dei linfonodi superficiali, il abnorme lucidezza delle unghie ed erosione del loro bordo libero.

Pruriti provocati

Tra le molteplici cause esterne del p. sono da tenere presenti quelle: a) fisiche (meccaniche come lo strisciamento, specialmente in regioni particolarmente sensibili quali le labbra o il naso, di stimoli puntiformi, di insetti…; il lieve sfregamento superficiale con indumenti, specie se di lana o di nylon; la penetrazione nell’epidermide di minuti corpi estranei inerti, come spine di cactacee, fibre di vetro o d’acciaio; ambientali, come l’esposizione al freddo o al caldo, l’aria condizionata, il clima molto secco, specie se ventoso, o, viceversa, eccessivamente umido, la polvere; b) chimiche, ovvero da contatto con sostanze varie di origine minerale, vegetale, indumenti colorati, prodotti industriali, cosmetici, lacche e tinture per capelli, medicinali, lavaggi irritanti, ecc.

Pruriti secondari

Tra le diverse dermatosi che si accompagnano a prurito sono da elencare quelle dalle seguenti cause: a) Parassitarie quali la scabbia, le acariasi, la pediculosi, l’ascaridiasi, la ossiuriasi, l’anchilostomiasi, la schistosomiasi, ecc. b) Infettive quali le paracheratosi streptostafilococciche, le micosi comprese le candidosi, uretriti, cistiti, ecc. c) Varie quali orticaria, varicella, rosolia, eczemi da contatto e atopici, eritema da radiazioni U.V., reazioni fotoallergiche e fototossiche, prurigini, neurodermiti e lichenificazioni, dermatite erpetiforme, lichen ruber, secchezza della cute, malattia di Gougerot-Sjogren, geloni, ecc.

Pruriti da malattie di organi interni

Tra le cause interne del p. devono essere considerate le seguenti: a) cause alimentari e farmacologiche (ad es. alimenti ricchi di istamina spezie, abuso di stimolanti quali tabacco o caffè); b) Malattie epatiche; c) Malattie renali: d) Malattie endocrine; e) Malattie neoplastiche; f) Malattie del sistema nervoso compresi particolari stati emotivi; g) Pruriti da malattie di organi vicini quali ad es. i pruriti genitali nella donna in presenza di cerviciti, metriti, e nell’uomo per prostatiti, vescicoliti, varicocele; pruriti anali possono essere fatti risalire a proctocoliti, prostatiti, emorroidi, ecc.

Pruriti da cause indeterminate

Possono essere localizzati o più o meno diffuse o generalizzati

Tra i primi vanno menzionati i p. del cuoio capelluto, della nuca, della fronte, del padiglione auricolare e del condotto uditivo esterno, della cute, delle mucose nasali, labiali, della lingua, della trachea, ecc.

Tra i secondi sta in primo piano il p. senile. Più frequente nell’uomo che nella donna, si manifesta soprattutto con il tempo freddo. Compare oltre la sessantina.

Tra i principali rimedi omeopatici che vengono adoperati per lenire il prurito troviamo:

Apis, p. che migliora con le applicazioni fredde;

Arsenicum album, p. bruciante, paradossalmente migliorato dal calore e dalle applicazioni calde;

Calcarea carbonica, p. che peggiora con l’umidità e l’acqua, migliora all’aria aperta;

Dolichos pruriens, p. senza causa apparente, che colpisce perlopiù le persone anziane e/o migliora se con il grattamento la pelle sanguina;

Natrum sulphuricum, p. che si manifesta scoprendosi e/o quando è presente una dermatosi desquamante;

Ignatia amara, p. di origine nervosa;

Psorinum, p. estremamente intenso che non migliora grattandosi, diminuisce con il calore del letto;

Rhus tox, p. intenso che migliora poco grattandosi, in soggetto molto irrequieto;

Rumex crispus p. che si manifesta svestendosi o esponendosi all’aria fresca;

Sulphur p. che aumenta con il grattamento, con il caldo del letto e con l’acqua fredda, in genere

migliorato dal clima freddo;

Urtica urens, p. che peggiora con le applicazioni fredde, le crisi si ripetono ogni anno alla stessa data.

Altri rimedi sono: Arsenicum iodatum, Belladonna, Mezereum, Nux vomica.

In caso di prurito secondario da parassiti ci sono anche

Cina, soprattutto al cospetto di sintomi nervosi dovuti ai vermi, fame esagerata, prurito nasale e anale;

Ratanhia bruciore e sensazione di schegge di vetro nell’ano, ano secco e pruriginoso;

Sabadilla formicolio e p. all’ano, bruciore violento dopo averlo grattato, p. dell’ano alternato a p. del naso e dell’orecchio;

Spigelia, p. locale con sensazione di qualcosa che striscia nell’ano, p. locale;

Teucrium marum frequente p. e formicolio nell’ano, spesso dopo le evacuazioni;

Per il prurito al cuoio capelluto ci sono anche

Bryonia, Fluoricum acidum, Natrum muriaticum, Oleander, Phosphoricum acidum, Raphanus, Selenium, Silicea, Thuya.

In caso di prurito intimo ed anche vulvare

Ambra grisea,  Aurum sulphuratum, Caladium, Chininum sulphuricum, Ferula glauca, Grindelia, Hamamelis, Kali bichromicum, Lac caninum, Lilium tigrinum, Platinum, Ruta, Tarentula, Urtica urens, Zincum metallicum.

In caso di prurito intimo ed anche vaginale

Ambra grisea, Aurum muriaticum, Aurum sulphuratum, Caladium, Graphites, Chininum sulphuricum, Ferula glauca, Grindelia, Hydrocotyle asiatica, Hamamelis, Kali bichromicum, Kreosotum, Lac caninum, Lilium tigrinum, Medorrhinum, Mentha piperita, Mitchella, Platinum, Ruta, Tarentula, Urtica urens, Zincum metallicum.

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(*) V. Note esplicative

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