DESCRIZIONE
Baryta carbonica è il carbonato di bario, cioè è il sale di bario dell’acido carbonico (formula chimica BaCO3). A temperatura ambiente si presenta sotto forma di cristalli rombici, traslucidi o come polvere microcristallina bianca, pesante, inodore. E’ insolubile in acqua, ma è solubile nei cloruri, nei nitrati ammonici e negli acidi (eccetto
il solforico). In natura si rinviene nel minerale Witherite (dal nome dell’inglese William Withering, 1741-1799, che per primo lo scoprì), avente l’aspetto di cristalli dal colore bianco, grigio, giallo, bruno o verde e dalla lucentezza vitrea. Le miniere si trovano in molte località europee, come in Inghilterra e in Austria, ed americane, come in USA e in Canada.
Lo ione bario è estremamente velenoso ed esplica la sua azione tossica a livello cellulare andando a modificare la permeabilità della membrana plasmatica, soprattutto delle cellule muscolari lisce, striate e cardiache. Il carbonato di bario è anch’esso tossico per l’organismo, potendosi sciogliere nell’acido cloridrico dello stomaco. Il solfato di bario (altro composto del bario, dalla formula chimica BaSO4) invece non è tossico, in quanto, essendo completamente insolubile, non viene assorbito dal tratto gastroenterico e viene successivamente espulso con le feci. Per questo motivo e per la sua opacità ai raggi X, è utilizzato in radiologia come mezzo di contrasto per l’esame dell’apparato digerente.
Il carbonato di bario, a livello industriale, viene adoperato nella produzione di ceramiche, mattoni, vetri ottici, derattizzanti e come additivo antimuffa nelle vernici, nonché per la preparazione degli altri composti del bario.
Il rimedio omeopatico Baryta carbonica si ottiene dalla triturazione con lattosio del carbonato di bario e dalle successive diluizioni/dinamizzazioni in soluzione idroalcolica.
Per ulteriori informazioni sulla preparazione, consultare l’articolo “Rimedi omeopatici: origine” della sezione del sito “Approfondimenti”.
CARATTERISTICHE DEL RIMEDIO
Baryta carbonica è uno dei principali policresti dell’omeopatia. E’ un rimedio costituzionale, ad azione profonda, la cui costituzione è soprattutto carbonica, per cui prevale l’aspetto rotondeggiante, grasso e talvolta obeso. In ciò assomiglia molto a Calcarea carbonica. La presenza dello ione bario aggiunge però al rimedio una connotazione fluorica che conferisce al biotipo una tendenza ulcerativa, una lassità legamentosa ed una predisposizione alla sclerosi. La diatesi è psorica, il temperamento è linfatico.
Baryta c. agisce elettivamente sui tessuti linfatici di tutto il corpo, determinando ipertrofia (aumento di volume) e indurimento delle ghiandole. Agisce sui vasi sanguigni, determinando arteriosclerosi e cerebro sclerosi della senilità e dell’invecchiamento precoce, nonché ipertensione arteriosa. Agisce a livello psichico, determinando debolezza della memoria. E’ il rimedio del puerilismo e del ritardo mentale, sia che il soggetto sia un bambino, un adulto, o un anziano. E’ un duro di comprendonio, ha un’espressione stupida, è lento a capire, a ricordare, a muoversi, è preciso e metodico nel fare le cose. Gli indurimenti si manifestano non solo a livello mentale, ma anche sul piano fisico. Compaiono fibromi, lipomi, adenopatie occipitali, ingrossamento delle ghiandole linfatiche, soprattutto alla regione della nuca, alla base del collo, sotto la mandibola, a livello delle ascelle e dell’inguine. Baryta c. è un ottimo rimedio dell’ipertrofia ghiandolare e si rivela particolarmente utile nei casi di ritardo dello sviluppo mentale, invecchiamento precoce, perdita di memoria, impotenza, adenoma prostatico, incanutimento, ipertensione arteriosa, arteriosclerosi, vertigini, conseguenze di un ictus cerebrale, oltre che per problemi digestivi e respiratori.
I bambini sono timidi, sono schivi, hanno difficoltà a legare con i compagni, mostrano scarso interesse per le materie scolastiche, in particolare per la matematica, sono lenti ad imparare. A scuola, nonostante gli sforzi, non rendono, “non ci arrivano”, non riescono ad afferrare i concetti più semplici. Inoltre sono freddolosi e facili ad ammalarsi, specialmente per problemi alle ghiandole linfatiche. Baryta c. è pertanto un ottimo rimedio delle rinofaringiti infantili e delle angine di gola recidivanti, specie in associazione con altri rimedi quali ad es. Psorinum.
Gli adulti sono infantili e puerili, hanno un ritardo nello sviluppo fisico ed intellettivo, lentezza psico-motoria con tendenza all’ebetismo
Gli anziani hanno difetti di memoria recente, spesso si perdono nelle strade che abitualmente frequentano, dimenticano i nomi propri e qualsiasi avvenimento. Trattasi di vecchi rimbambiti, divenuti tali anche a seguito di un problema cerebrale, sospettosi, stizzosi, litigiosi, bastian-contrari per le futilità, paurosi, che hanno i tipici problemi legati all’età (arteriosclerosi, ipertensione arteriosa, colesterolo e trigliceridi elevati, quadro generale alterato, ecc.).
Al rimedio si attribuisce l’etichetta: Baryta carbonica è lo “scemo del villaggio”.
Il tipo Baryta c. è un soggetto pletorico, con tendenza alla congestione nella parte alta del corpo. Ha testa grande, occhi inespressivi, bocca grande, sorriso da ebete, aspetto da malaticcio. Avendo un metabolismo rallentato, è lento a reagire alle infezioni e quindi a guarire.
I sintomi peggiorano con il freddo e l’umido (tranne la cefalea congestizia che migliora con il freddo), con la pressione, tanto che il soggetto non può coricarsi sul lato dolente, in presenza di altre persone, quando deve sbrigarsi, pensando ai propri mali (come Arsenicum più pensa ai propri mali più si aggrava). I sintomi si manifestano soprattutto alla parte sx del corpo. Le infiammazioni non sono acute come quelle di Belladonna, ma compaiono lentamente dopo molti giorni di esposizione al freddo e all’umido, con progressivo aumento dei volumi e con decorso progressivo.
I principali sinergici (complementari) di Baryta c. sono Antimonium tartaricum, Dulcamara, Psorinum, Silicea, Syphilinum.
USO DEL RIMEDIO
Il rimedio omeopatico Baryta carbonica si usa nei seguenti principali casi, quando i sintomi corrispondono e si associano alle caratteristiche del rimedio stesso.
1) SISTEMA NERVOSO. Ritardo dello sviluppo intellettivo nei bambini e negli adulti. Senilità precoce. Perdita di memoria. Stati depressivi degli anziani, che hanno paura di tutto e mancano di fiducia in se stessi. Vertigini collegate ad un deficit della circolazione cerebrale.
2) GHIANDOLE. Ipertrofia (aumento di volume) delle ghiandole del collo, delle ascelle, dell’inguine. Cisti sebacee. Parotite.
3) APP. CIRCOLATORIO. Palpitazioni avvertite in testa e che aumentano stando coricati sul lato sx o pensandoci. Ipertensione, per la quale Baryta c. si rivela uno dei rimedi chiave nei soggetti ultracinquantenni ed è spesso associato ad Aurum metallicum nei soggetti congestionati e pletorici, a Plumbum nei soggetti pallidi e dimagriti, oppure a Sulphur, Luesinum, Nux vomica, Kali carbonicum ed altri. Conseguenze lontane di un ictus. Arteriosclerosi e aterosclerosi.
4) GOLA. Angine di gola, faringiti, tonsilliti, gonfiore e indurimento delle ghiandole sottomascellari, delle parotidi, delle tonsille e delle adenoidi. Bambini che soffrono di tonsilliti frequenti, cioè di ipertrofia tonsillare e adenoidea con tendenza alla suppurazione: si ammalano e guariscono, ma le tonsille non si sgonfiano completamente e, al primo colpo di freddo, si riammalano.
5) APP. RESPIRATORIO. Raffreddore, tosse, raucedine, asma, dispnea. Ipertrofia delle ghiandole tracheobronchiali. Sensazione di pressione al torace. Accumuli di muco vischioso che non si riesce ad espellere.
6) TESTA. Cefalea a volte congestizia, determinata dalla vicinanza di una fonte di calore, con sensazione di cervello vagante. Cuoio capelluto sensibile al tatto e con prurito dovuto ad eruzioni crostose, sia secche che umide, specialmente nei bambini. Alopecia, soprattutto nei giovani.
7) LIPOMI. Lipomi (tumori benigni del tessuto adiposo) soprattutto alla nuca.
8) PROSTATA. Ipertrofia della prostata.
9) PELLE. Verruche.
10) APP. DIGERENTE. Ipertrofia delle ghiandole gastroenteriche. Digestione lenta. Spasmi dell’esofago con sensazione di pesantezza come di cibo bloccato. Eruttazioni e flatulenza. Intestino pigro con defecazione non regolare. Emorroidi.
DOSI
In tutti i casi, se acuti, diluizione 4CH, 3 – 5 granuli o 5 – 10 gocce ogni 3 ore; se cronici, diluizione 9 – 15 -30CH, 3 – 5 granuli o 5 – 10 gocce una volta al giorno o ad intervalli più lunghi a seconda delle situazioni.
(*) V. Note esplicative

L’alopecia (invece del termine generico calvizie) è il fenomeno configurante la perdita dei capelli, che interessa zone più o meno ampie della testa. Essa può avere diverse cause, tra cui ricordiamo i fattori genetici di tipo ereditario, gli abbassamenti delle difese immunitarie, gli stati di stress, ecc. Anche alcuni tipi di medicinali possono causare la caduta dei capelli (si pensi ad es. ai chemioterapici), che però è reversibile quando cessa il trattamento.















del diavolo. Cresce lenta e strisciante, senza dare nell’occhio, lungo le siepi, le macchie ed i boschi di zone temperate e fredde dell’Europa meridionale. In Italia è molto comune e vive in tutte le regioni ad eccezione della Sardegna. Presenta una grossa radice carnosa a forma di rapa, fusti ramosi e rampicanti con lunghi viticci a spirale, foglie alterne di colore verde opaco e di forma palmato-lobata simile a quelle della vite o dell’edera, fiori piccoli con calice a tubo diviso in 5 lobi e corolla a campana, anch’essa a 5 lobi, di colore gallo pallido striato di verde, frutti costituiti da bacche globose e lisce, della grandezza di un pisello, di colore verde che diventa rosso vivo a maturazione. Fiorisce da aprile a maggio. L’intera pianta è velenosa, in particolare le radici e le bacche. L’ingestione accidentale, anche di poche bacche, può causare irritazioni gastro-intestinali molto serie, con vomito e diarrea. Dosi più elevate possono risultare fatali, conducendo alla morte per arresto cardio-circolatorio. Lo stesso contatto con la pelle può produrre irritazioni cutanee con la formazione di ulcere e vescicole. Per questi motivi, anche se le proprietà terapeutiche della pianta sono note sin dai tempi antichi, oggi non è più utilizzata né nella medicina tradizionale né in fitoterapia ma solo in omeopatia.
migliorano con una forte pressione (tranne che all’addome), con un’abbondante sudorazione, con il freddo e le bevande fredde, con il riposo e stando coricati sul lato dolente (a differenza di Belladonna ove i disturbi polmonari si aggravano coricandosi sul lato dolente). I sintomi peggiorano con il calore, al risveglio, dopo i pasti, con la tosse, con un leggero contatto e con il movimento (al contrario di Rhus toxicodendron ove migliorano muovendosi). Il calore locale, tuttavia, può migliorare alcuni sintomi articolari, gastrici e le cefalee non congestizie. Un’altra caratteristica tipica del rimedio è l’aggravamento generale verso le 9 di sera.
pericolosità, sempreché non vengano sottovalutate e trascurate ma adeguatamente trattate e curate onde evitare spiacevoli complicanze. Per la loro grande diffusione epidemiologica hanno anche un forte impatto sociale, a causa delle indisponibilità che molte volte creano. Di seguito si descrivono brevemente le forme più comuni.
maggiore permanenza in luoghi chiusi ed affollati.































forma ovale-lanceolata, alterne, con una più piccola dell’altra nella zona superiore. Come il fusto, esse sono ricoperte di una peluria responsabile dell’odore sgradevole emanato dalla pianta. I fiori, che compaiono nel periodo estivo, sono piccoli, caliciformi, poco attraenti, di colore porporino-violaceo. Il frutto è una bacca nera lucida, contornata da un calice a stella, delle dimensioni di un’amarena, dall’aspetto invitante e può essere confusa con i frutti del sottobosco come i mirtilli. La pianta cresce sporadica nelle zone montane e submontane dell’Europa centrale, Africa settentrionale ed Asia occidentale. In Italia la si può trovare nei boschi delle Alpi e degli Appennini. L’intera pianta è velenosa ed in modo particolare le sue bacche, nonostante abbiano un sapore dolciastro e gradevole. L’ingestione di solo alcune di esse può provocare la morte. I sintomi sono contenuti in una vecchia filastrocca inglese, che recita: “caldo come una lepre” (febbre), “cieco come un pipistrello” (dilatazione pupillare e inibizione dell’accomodazione), “secco come un osso” (blocco di salivazione e sudorazione), “rosso come una barbabietola” (congestione di volto e collo), “matto come una gallina” (allucinazioni, eccitazione). Proprio a questi effetti letali si deve il termine Atropa che compone il nome della pianta. Atropa infatti, era una figura della mitologia greca che aveva il compito di recidere il filo della vita. Il termine Belladonna, che è il nome comune dato alla pianta, invece deriverebbe dall’uso cosmetico che ne facevano le donne del Rinascimento, le quali la utilizzavano per migliorare il colorito del viso e per dilatare le pupille allo scopo di rendere lo sguardo più luminoso ed ammaliante.
contrario quando si ammala diventa violento e spesso delira: guai a dargli fastidio. Il più delle volte si tratta di donne e bambini con capelli chiari ed occhi azzurri, carnagione chiara, cute delicata, nervosi con tendenza alle convulsioni. Possiamo immaginare Belladonna proprio come una bella donna, formosa e piacente nell’aspetto ma estremamente sensibile, che scatta e si tinge di rosso se viene disturbata, facilmente influenzabile e stimolabile dal punto di vista emotivo.