DESCRIZIONE
Il rimedio omeopatico Calendula si ottiene dalla Tintura Madre di foglie e fiori di Calendula officinalis e dalle successive diluizioni-dinamizzazioni in soluzione idroalcolica.
Per ulteriori informazioni sulla preparazione, consultare l’articolo “Rimedi omeopatici: origine” della sezione del sito “Approfondimenti”.
Calendula officinalis è una pianta erbacea perenne, con varietà ornamentali annue, appartenente alla famiglia delle Composite. Selvatica, cresce qua e là nei campi e soprattutto nei luoghi erbosi di tutt’Italia, principalmente nelle regioni meridionali. Spesso adorna le tombe nei cimiteri, donde il nome popolare di Fiore dei morti o Erba dei morti. E’ nota volgarmente anche col nome di Calendola o Fiorrancio. Può essere coltivata nei giardini. Fiorisce quasi tutto l’anno (da aprile a ottobre). Presenta un fusto angoloso, striato, alto 20 – 50 cm, coperto di peluria; foglie, anch’esse pelose, lanceolate, acuminate, di colore verde chiaro; fiori simili a margherite, gialli o aranciati, odorosi, in capolini con disco centrale; frutti ad achenio ricurvo. Per le diverse proprietà terapeutiche la pianta è utilizzata in medicina naturale. E’ antisettica, antifungina e contiene ormoni e precursori della vitamina A I petali tonificano la pelle, ne curano le screpolature, le ustioni e gli eczemi. Inoltre con essi è possibile preparare lavaggi calmanti per gli occhi e un colorante giallo. I fiori del disco mostrano effetti che riducono lo sviluppo dei peli, utili nelle creme per il viso. Per uso interno cura dolori di stomaco, infiammazioni dei nodi linfatici e stimola il fegato, aiutando gli alcolisti a disintossicarsi. Le foglie si usano nelle insalate e i fiori per decorare piatti di riso e di pesce.
CARATTERISTICHE DEL RIMEDIO
Calendula è un rimedio che agisce sul sistema linfatico e sugli organi emopoietici. Ha una particolare affinità per l’apparato genitale femminile. Ha proprietà antisettiche, antiflogistiche (antinfiammatorie) e cicatrizzanti: è un vulnerario della stessa famiglia di Arnica e di Bellis perennis. Però a differenzia di questi, per uso esterno, può essere applicato sulla cute lesa, sulle ferite lacerocontuse e sulle bruciature di qualsiasi parte del corpo, portando alla guarigione ed evitando la suppurazione.
Il rimedio è utile anche nei casi di adenite tubercolare, mastopatia (noduli alle mammelle), ulcere, eruzioni erpetiche, indurimento delle ghiandole con tendenza alla suppurazione, ascessi tonsillari, difficoltà ad urinare degli anziani. Si rivela un rimedio prezioso in ostetricia e in odontoiatria.
Calendula è etichettato come l’antisettico dell’omeopatia.
Il soggetto Calendula è irritabile, depresso, nervoso, ha un udito molto acuto, si spaventa facilmente e l’atto del bere gli provoca brividi con pelle d’oca.
I sintomi peggiorano all’aria aperta, con il freddo, con l’umidità, con il tempo nuvoloso (i fiori della pianta si chiudono al passaggio di una nuvola scura). Migliorano con il riposo o, nel caso di malattia con febbre, se il soggetto passeggia.
I principali sinergici (complementari) di Calendula sono Hepar e Sulfuricum acidum. Nei casi di ferite con sensazione di dolore non sopportabile, è utile l’associazione con Hypericum o Chamomilla.
USO DEL RIMEDIO
Il rimedio omeopatico Calendula si usa nei seguenti principali casi, quando i sintomi corrispondono e si associano alle caratteristiche del rimedio stesso.
1) GHIANDOLE. Adenite tubercolare conseguente ad una febbre dovuta a malattia virale. Gonfiore e indurimento dei linfonodi di qualsiasi parte del corpo (sottomandibolari, ascellari, inguinali, ecc.), meglio se in associazione con Phytolacca.
2) PELLE. Eritema, eczema, tagli, bruciature, punture d’insetti, arrossamenti in generale, ferite infette, orticaria, calli, micosi, piaghe, fistole, herpes (in associazione con Rhus toxicodendron). Per maturare gli ascessi in via di formazione e portarli a definitiva guarigione (con applicazioni calde locali di Calendula).
3) OCCHI. Congiuntivite o blefarite, con sensazione di punzecchiamento e secchezza delle palpebre, come dovuta a esposizione a fumo.
4) BOCCA. Piccole vescicole agli angoli della bocca.
5) GOLA. Tonsillite con ghiandole sottomascellari gonfie e dolenti ad ogni movimento della testa.
6) DENTI. Nei casi di estrazioni dentarie con lacerazione delle gengive
7) APP. GASTROENTERICO. Gastrite e ulcera gastroduodenale. Escoriazioni dell’esofago dovute ad ingestione di alimenti troppo duri o bruciature dovute a bevande e/o cibi eccessivamente caldi.
8) APP. GENITALE FEMMINILE. Infiammazione ed infezione uterina conseguenti a parto, compreso il taglio cesareo, ad aborto o a qualsiasi intervento chirurgico, con rigonfiamento delle ghiandole e tendenza alla suppurazione. Nel post-partum l’applicazione locale di una soluzione calda di Calendula, apporta sollievo alla partoriente. Ragadi al seno e noduli mammari.
9) APP. GENITALE MASCHILE. Nel post intervento chirurgico di fimosi (per prepuzio troppo stretto) o per qualsiasi altra ferita.
10) APP. RESPIRATORIO. Raffreddore che compare dopo aver preso freddo umido, con adenite tubercolare delle ghiandole sottomascellari o cervicali. Polmonite.
11) APP. URINARIO. Difficoltà urinarie negli anziani, con sensazione di lacerazione nell’uretra.
12) DOLORI. Reumatismo della colonna vertebrale. Dolori nevralgici e reumatici avvertiti solo durante il movimento (come Bryonia). Lombaggine. Dolori muscolari con sensazione di bruciore e lacerazione ai polpacci quando si è seduti. Cefalea che fa seguito ad un trauma (il rimedio attenua la sonnolenza per un trauma alla testa). Dolori all’addome o al basso ventre, avvertiti durante il movimento.
DOSI
□ Uso interno: per tutti i casi, diluizione 3CH, 3 granuli o 5 gocce da 3 a 6 volte al dì.
□ Uso esterno: per tutti i casi, pomata o soluzione da applicare sulla parte interessata 2 – 3 volte al dì.
(*) V. Note esplicative

del diavolo. Cresce lenta e strisciante, senza dare nell’occhio, lungo le siepi, le macchie ed i boschi di zone temperate e fredde dell’Europa meridionale. In Italia è molto comune e vive in tutte le regioni ad eccezione della Sardegna. Presenta una grossa radice carnosa a forma di rapa, fusti ramosi e rampicanti con lunghi viticci a spirale, foglie alterne di colore verde opaco e di forma palmato-lobata simile a quelle della vite o dell’edera, fiori piccoli con calice a tubo diviso in 5 lobi e corolla a campana, anch’essa a 5 lobi, di colore gallo pallido striato di verde, frutti costituiti da bacche globose e lisce, della grandezza di un pisello, di colore verde che diventa rosso vivo a maturazione. Fiorisce da aprile a maggio. L’intera pianta è velenosa, in particolare le radici e le bacche. L’ingestione accidentale, anche di poche bacche, può causare irritazioni gastro-intestinali molto serie, con vomito e diarrea. Dosi più elevate possono risultare fatali, conducendo alla morte per arresto cardio-circolatorio. Lo stesso contatto con la pelle può produrre irritazioni cutanee con la formazione di ulcere e vescicole. Per questi motivi, anche se le proprietà terapeutiche della pianta sono note sin dai tempi antichi, oggi non è più utilizzata né nella medicina tradizionale né in fitoterapia ma solo in omeopatia.
migliorano con una forte pressione (tranne che all’addome), con un’abbondante sudorazione, con il freddo e le bevande fredde, con il riposo e stando coricati sul lato dolente (a differenza di Belladonna ove i disturbi polmonari si aggravano coricandosi sul lato dolente). I sintomi peggiorano con il calore, al risveglio, dopo i pasti, con la tosse, con un leggero contatto e con il movimento (al contrario di Rhus toxicodendron ove migliorano muovendosi). Il calore locale, tuttavia, può migliorare alcuni sintomi articolari, gastrici e le cefalee non congestizie. Un’altra caratteristica tipica del rimedio è l’aggravamento generale verso le 9 di sera.
pericolosità, sempreché non vengano sottovalutate e trascurate ma adeguatamente trattate e curate onde evitare spiacevoli complicanze. Per la loro grande diffusione epidemiologica hanno anche un forte impatto sociale, a causa delle indisponibilità che molte volte creano. Di seguito si descrivono brevemente le forme più comuni.
maggiore permanenza in luoghi chiusi ed affollati.































pallido, con nervature longitudinali sporgenti nella pagina inferiore. Alla sommità si trovano i fiori a capolino di un bel colore giallo-aranciato con i caratteristici petali spettinati e dal gradevole odore aromatico. I frutti sono
Nel soggetto Arnica montana i capillari tendono facilmente a rompersi ed a sanguinare nelle zone infiammate (se il soggetto tossisce, espettora muco contenente grumetti di sangue; se il suo apparato urinario è infiammato, emette urina con tracce di sangue; se lo stomaco è infiammato, il vomito contiene tracce di sangue; nelle donne sono possibili mestruazioni abbondanti).
Nei casi di 
L’antimonio e molti dei suoi composti sono altamente tossici. Il suo avvelenamento è simile a quello dell’arsenico. A piccole dosi provoca mal di testa, confusione e depressione; a dosi più elevate provoca nausea e vomito, in quanto agisce sul nervo vago, e conduce alla morte in pochi giorni.
Antimonium crudum è essenzialmente un rimedio digestivo, con pochi sintomi respiratori (infatti Antimonium crudum è un rimedio addominale, mentre Antimonium tartaricum è un rimedio respiratorio, toracico). I suoi sintomi respiratori sono di scarso rilievo e sono rappresentati da catarro e/o tosse che peggiorano entrando in una camera riscaldata.
Il soggetto Antimonium crudum è aggravato dal vino (gli basta poco per ubriacarsi e quindi compaiono i dolori quali ad es. la cefalea), dal calore e dal freddo eccessivi. Ha cioè sensibilità per gli estremi di caldo e di freddo. Di conseguenza non ama la calura estiva e non è il tipo che si espone ai raggi del sole o ad una fonte di calore (i suoi sintomi generalmente migliorano solo con un calore moderato, con un bagno caldo) ed altresì spesso rapporta i suoi disturbi ad un bagno freddo, a una forte ondata di freddo. Inoltre i sintomi migliorano con il riposo e viceversa peggiorano con il movimento.