Premessa
In quest’articolo si forniranno alcuni approfondimenti riguardanti le diverse diluizioni omeopatiche, se ne descriveranno sinteticamente le caratteristiche e le tecniche di preparazione, si riporteranno gli effetti terapeutici legati alla loro classificazione e si tenterà un confronto tra le diluizioni hahnemanniane e quelle korsakoviane, che si ritiene molto utile per gli studiosi ed i praticanti dell’omeopatia. Per comodità si riproporranno alcune nozioni e informazioni già sviluppate in altre parti del sito.
Il ceppo omeopatico
Il ceppo omeopatico è l’elaborazione preventiva della sostanza attiva di base (di natura vegetale, animale o minerale), da cui trae origine il rimedio omeopatico, prima di essere sottoposta alle operazioni di diluizione e di dinamizzazione. Tale elaborazione, che si rende indispensabile per portare correttamente in soluzione il principio attivo, si differenzia a seconda dell’origine della materia prima utilizzata. In linea del tutto generale, se la sostanza attiva è solubile in acqua e in alcool (è il caso ad es. delle sostanze vegetali) si ricorre alla Tintura Madre, se la sostanza attiva è solida non solubile (come spesso succede alle sostanze minerali e animali) si ricorre alla Triturazione. Maggiori informazioni sono contenute nell’articolo “Rimedi omeopatici: origine” della presente sezione del sito.
La diluizione
La diluizione è una delle due fasi importanti (l’altra è la dinamizzazione, di cui in seguito) del processo di preparazione dei rimedi omeopatici. Consiste nel ridurre in dosi infinitesimali il ceppo omeopatico, da cui trae origine il rimedio stesso, rendendo così possibile l’azione terapeutica secondo la Legge di similitudine. Il solvente che si utilizza per le diluizioni è una soluzione idroalcolica (etanolo + acqua distillata) con un’opportuna titolazione o anche la sola acqua distillata. Ad esempio per quanto riguarda le diluizioni hahnemanniane, il ceppo omeopatico viene diluito nel rapporto 1:10 per le diluizioni dette decimali (contrassegnate dalla sigla D) o nella misura di 1:100 per le diluizioni dette centesimali (contrassegnate dalla sigla CH) o nella misura di 1:50.000 per le diluizioni dette cinquantamillesimali (contrassegnate dalla sigla LM).
La dinamizzazione
La dinamizzazione è l’altra fase importante del processo di preparazione dei rimedi omeopatici. Consiste in un’azione di forte agitazione e di percussione del flacone in cui è contenuto la diluizione omeopatica (succussioni in senso verticale). Le succussioni canoniche che vengono impresse sono pari a 100, prendendo spunto da quelle effettuate dallo stesso Hahnemann, che come si racconta, soleva sbattere 100 volte il suo contenitore sulla Sacra Bibbia. Ad ogni passaggio di diluizione deve seguire una dinamizzazione. La dinamizzazione conferisce al rimedio il potere omeopatico, il “quid energetico” in concordanza con la Legge di similitudine, che costituisce la base di azione del rimedio. Questo è il motivo per cui molti Autori, riferendosi ad un rimedio, preferiscono parlare di dinamizzazione piuttosto che di diluizione. Un sinonimo di dinamizzazione, molto usato dalla scuola tedesca ed anglosassone, è il termine “potenza”, proprio a ricordare il potere energetico posseduto dal rimedio omeopatico. Nel presente sito, come del resto è consuetudine in Italia, verrà utilizzato il termine unico “diluizione” sottintendendo che sia comprensivo anche della dinamizzazione.
Le diluizioni hahnemanniane decimali D e centesimali CH
Come già accennato le diluizioni dei rimedi omeopatici contrassegnate dalla sigla D o dalla sigla DH (in Italia solitamente si adopera la D), sono le diluizioni decimali hahnemanniane (rapporto soluto/soluzione = 1/10), dal nome del padre dell’omeopatia classica Samuel Hahnemann (1755-1843, medico tedesco). Le diluizioni omeopatiche contrassegnate dalla sigla C o dalla sigla CH (in Italia solitamente si adopera la CH), sono le diluizioni centesimali hahnemanniane (rapporto soluto/soluzione = 1/100). La cifra numerica che segue o precede una delle suddette sigle indica quante volte è stata operata la relativa diluizione. Ad esempio la diluizione (o la potenza) D6 sta a significare che la sostanza di origine o, per meglio dire, il ceppo omeopatico è stato diluito 6 volte nel rapporto 1:10 e dinamizzato ad ogni passaggio. Invece la diluizione (o la potenza) 6CH sta a significare che il ceppo omeopatico è stato diluito 6 volte nel rapporto 1:100 e dinamizzato ad ogni passaggio.
Con il metodo hahnemanniano il numero dei flaconi da impiegare per ottenere una determinata diluizione, deve essere pari alla cifra numerica che esprime il livello della diluizione stessa. Ritornando all’esempio precedente, per preparare una D6 o una 6CH occorrono in entrambi i casi 6 flaconi nuovi. Tale numero potrebbe rappresentare un fattore critico del metodo, soprattutto per le alte ed altissime diluizioni.

In genere le diluizioni D hanno un’azione più morbida e modulante, invece le diluizioni CH un’azione più mirata e incisiva, per cui nei pazienti piuttosto sensibili possono essere consigliabili le diluizioni D.
Le diluizioni korsakoviane K
Le diluizioni korsakoviane, dal nome del loro ideatore Simeon Nicolaievitch Korsakov (1788-1853, consigliere di stato russo), connotate dalla sigla K, si preparano utilizzando sempre lo stesso flacone e per questo sono anche denominate “del flacone unico”. In tale unico flacone vengono eseguite tutte le diluizioni e le dinamizzazioni necessarie, impiegando come solvente dell’acqua distillata. Un possibile metodo di preparazione consiste nel riempire di ceppo omeopatico (ad es. di tintura madre) un flacone da 100 ml che poi si svuota per aspirazione. Sulle pareti del flacone si presuppone che sia rimasta adesa una quantità di sostanza pari a 1/100 del suo precedente contenuto. Dopo di che si riempie lo stesso flacone con acqua distillata, la cui quantità è pari a 99 volte la quantità di sostanza rimasta sulle pareti del flacone, si effettuano le 100 succussioni e si ottiene così la prima diluizione korsakoviana 1K. Si prosegue sempre con le stesse modalità per le diluizioni successive 2K, 3K, 4K e così via. Anche qui la cifra numerica che precede la sigla K indica quante volte è stata operata la diluizione.
Il metodo korsakoviano risulta essere molto semplice e poco dispendioso (utilizza un solo flacone e come solvente dell’acqua distillata), per cui si presta meglio al raggiungimento delle altissime diluizioni, ma risulta essere alquanto impreciso e ciò costituisce il suo limite.
Equivalenza tra diluizioni hahnemanniane e korsakoviane
Le diluizioni hahnemanniane CH e le diluizioni korsakoviane K, pur essendo entrambe centesimali (ricordiamoci che anche la diluizione korsakoviana è da ritenersi centesimale in quanto, come già detto, si presuppone che la quantità di soluzione aderente le pareti del flacone, dopo lo svuotamento ad ogni passaggio, rappresenti 1/100 del suo precedente contenuto), hanno tecniche di preparazione così diverse da rendere problematico ogni tentativo di comparazione. Tale difficoltà nasce essenzialmente dal fatto che nella diluizione korsakoviana non vi è mai una reale scomparsa delle molecole della sostanza di origine (che invece nella hahnemanniana avviene al di sopra di 12 CH), che la diluizione korsakoviana possiede una dinamizzazione molto più forte rispetto alla diluizione hahnemanniana di analoga concentrazione ed infine che il metodo korsakoviano è poco standardizzabile, in quanto presenta difficoltà nel controllare e mantenere costanti le varie fasi di cui si compone, in particolare il rapporto tra soluto e solvente. Per quest’ultimo motivo le diluizioni korsakoviane sono state escluse da diverse Farmacopee omeopatiche ufficiali, com’è avvenuto in Francia e in Germania. Molti Autori, comunque, nonostante ciò, hanno tentato di stabilire un rapporto di equivalenza tra le diluizioni hahnemanniane e quelle korsakoviane, con risultati però non sempre coincidenti. Ad ogni buon fine, solo a titolo orientativo e
con tutte le limitazioni accennate, si può dire che approssimativamente è possibile accettare la tabella di equivalenza, a lato riportata, in funzione della sola concentrazione molecolare e quindi della sola diluizione.
Però è importante ricordare che tali equivalenze possono essere ritenute valide soltanto dal punto di vista delle sole diluizioni e non dal punto di vista delle dinamizzazioni, poiché la diluizione korsakoviana, come già accennato, ha una dinamizzazione molto più forte della corrispondente diluizione hahnemanniana. Ad esempio, con le canoniche 100 succussioni in senso verticale ad ogni passaggio, la 9CH subisce 900 succussioni (9 x 100), mentre la 1.000K subisce 100.000 succussioni (1.000 x 100). Di conseguenza la diluizione korsakoviana possiede un potere energetico notevolmente superiore alla corrispondente diluizione hahnemanniana e per questo la sua azione terapeutica è più potente e duratura.
Più correttamente un’eventuale equivalenza tra le diluizioni hahnemanniane e korsakoviane andrebbe valutata dando rilevanza alla dinamizzazione, che, come visto, assume un ruolo prevalente rispetto alla mera diluizione della sostanza di origine, essendo quella che conferisce il noto quid energetico, che rappresenta la base d’azione terapeutica del rimedio omeopatico. Ad esempio, con tale precisazione, una 1.000CH può ritenersi abbastanza equivalente a una 1.000K (o MK), avendo la stessa dinamizzazione.
Effetti terapeutici delle diluizioni
Anche se in omeopatia non esiste la regola generale, in quanto gli effetti terapeutici dei rimedi omeopatici, gli inizi e le durate degli stessi dipendono, oltre che dalle caratteristiche proprie di ciascun rimedio, dalla capacità di reazione del singolo organismo, esiste comunque il seguente criterio, valido in molti casi, che può orientare l’omeopata nella scelta della diluizione.
● Basse diluizioni (quelle fino alla 7CH): hanno effetto rapido o rapidissimo, agiscono per qualche ora e devono essere assunte a distanza ravvicinata (ogni quarto d’ora, ogni mezz’ora, ecc.) per risolvere una patologia dalla sintomatologia acuta, per i sintomi locali e per il lesionale. Sono adatte anche per espletare un’attività di “drenaggio”, che stimola gli organi emuntori (reni, fegato, intestino, polmoni, pelle), libera l’organismo dalle tossine e lo rende più recettivo alla cura omeopatica.
● Medie diluizioni (ad es. la 9CH o la 15CH): hanno un effetto più lento, cioè abbisognano di 3-4 giorni per agire e coprono poi un tempo terapeutico di circa 10 giorni. Si usano soprattutto per le patologie organiche acute e subacute e per il funzionale.
● Medio-alte diluizioni (ad es. la 30CH che è una diluizione centrale, importantissima): impiegano alcuni giorni (5, 7, 10, 15 gg.) per esprimere la loro efficacia e poi mantengono i loro effetti terapeutici per circa 20-30 giorni. Si utilizzano prevalentemente per le malattie subcroniche e croniche, per i sintomi generali e per il funzionale, ma hanno effetto anche sui sintomi acuti e sullo psichismo.
● Alte diluizioni (ad es. la 200CH o la 200K): impiegano un buon numero di giorni per agire (15, 20, 30 gg.) e coprono un tempo terapeutico di circa 1 mese o oltre. Hanno un’azione più sistemica e profonda. Generalmente si usano nelle patologie croniche ed in quelle che coinvolgono la componente psicologica del soggetto.
● Altissime diluizioni (prime fra tutte la 1.000CH, la MK e la XMK): agiscono sullo stato mentale e psichico, sulla diatesi e sul substrato di terreno del soggetto. Sono rimedi profondi, impiegano molti giorni per esprimersi (20, 30, 40 gg.) e durano poi terapeuticamente un tempo abbastanza lungo.
Le diluizioni hahnemanniane cinquantamillesimali LM
Un discorso a parte meritano le diluizioni cinquantamillesimali hahnemanniane, connotate dalla sigla LM. Per preparare una cinquantamillesimale si parte da un globulo o da una goccia di una diluizione data, generalmente dalla 6CH alla 60CH, e si mescola a 500 parti di solvente. Questo viene poi succusso e diluito ad ogni passaggio avendo così un rapporto costante di 1:50.000 (500 x 100) ed il rimedio in tal modo preparato si esprime con 6LM, o 12LM, o 18LM, o 24LM, o 30LM, o 50LM, o 60LM, che sono le diluizioni più usate in questa scala. In generale, contrariamente ad una diffusa errata opinione, le cinquantamillesimali non sono altissime diluizioni, bensì normali diluizioni basse-medie-alte, fondamentalmente corrispondenti alle diluizioni centesimali di base.
L’uso delle cinquantamillesimali era stato preconizzato da Hahnemann (nella sesta edizione dell’Organon le definisce prossime alla perfezione, descrivendole per la prima volta), soprattutto perché si possono ripetere anche giornalmente nel corso delle affezioni croniche, senza incorrere nell’aggravamento omeopatico “iatrogeno”, che farebbe insorgere temporaneamente dei nuovi sintomi come conseguenza dello sviluppo del potere patogeno del rimedio. L’unica accortezza da adottare è di scuotere energicamente più volte il flacone contenente il rimedio, che in questi casi assume la forma liquida, prima di ogni assunzione allo scopo di variarne la potenza.
Ma le diluizioni cinquantamillesimali evitano o limitano l’entità anche dell’aggravamento omeopatico “terapeutico”, comunque indice prognostico di prossima guarigione, che comporterebbe un’esacerbazione temporanea dei sintomi da curare, tanto più sensibile quanto più elevata è la similitudine rimedio-paziente. Le cinquantamillesimali, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di diminuire l’entità dell’aggravamento.
Maggiori informazioni in merito sono contenute nell’articolo “Aggravamento omeopatico” della presente sezione del sito.
Le diluizioni cinquantamillesimali LM hanno un’azione terapeutica più dolce e graduale, pur mantenendosi energiche, per cui vengono soprattutto prescritte a pazienti deboli o particolarmente sensibili.
Classificazione delle diluizioni D, CH, K, LM
In conclusione, si riepiloga la classificazione delle diluizioni omeopatiche, ovvero il quadro delle varie diluizioni omeopatiche suddiviso nelle classi che hanno comportamenti terapeutici simili, mantenendo comunque le differenze finora esaminate.
Se si considera che la dinamizzazione assume per certi versi un ruolo preminente nell’azione terapeutica, rispetto alla pura e semplice diluizione della sostanza di origine, le diluizioni D, CH, K, LM possono essere analogamente classificate in base al valore della cifra numerica che le accompagna, la quale traduce il livello della dinamizzazione, oltre ovviamente il livello della diluizione nella tipologia di appartenenza. Si ricorda che le diluizioni con la stessa cifra numerica hanno la stessa dinamizzazione, ossia lo stesso numero di succussioni.
Pertanto, dal punto di vista dell’effetto clinico, tutte le tipologie di diluizioni omeopatiche possono così classificarsi:
► «basse» le diluizioni fino a 7 (D o CH o K o LM);
► «medie» quelle superiori a 7 fino a 15 (D o CH o K o LM);
► «medio-alte» quelle superiori a 15 fino a 30 (D o CH o K o LM);
► «alte» quelle superiori a 30 fino a 200 (D o CH o K o LM);
► «altissime» quelle superiori a 200 (D o CH o K o LM).
Ad esempio, una 7CH si avvicina maggiormente a una D7, che non a una D14 (che equivarrebbe a una 7CH in base alla mera diluizione). Esse infatti hanno la stessa dinamizzazione, avendo subito un uguale numero di succussioni, pari a 7 x 100 = 700 e quindi hanno effetti terapeutici simili.

Mirko dice
Buongiorno Dottoressa voleso sapere se è possibile che un rimedio omeopatico (in questo caso Phosphorus) possa dare effetti negativi come per esempio aumento di ansia e attacchi di panico lievi ,legati al pensiero di fatto che prima dell assunzione del rimedio non dava alcun problema.
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Mirko, nella fase iniziale di somministrazione di un rimedio omeopatico possono manifestarsi due tipi di fenomeni transitori: un aggravamento omeopatico o un aggravamento iatrogeno. L’aggravamento omeopatico, che consiste in un’esaltazione dei sintomi da curare e per i quali il rimedio è stato assunto, può verificarsi nel caso di un rimedio ben scelto, cioè molto somigliante al paziente sotto l’aspetto psicofisico ed anche se è un fenomeno fastidioso, non deve preoccupare perché è indice prognostico di un inizio di guarigione terapeutica. L’aggravamento iatrogeno consiste nell’apparizione di nuovi sintomi, del tutto estranei alla sintomatologia precedente (cioè quella da curare) ed è dovuto allo sviluppo del potere patogenetico del rimedio, a meno che non si tratti di vecchi sintomi che sono riemersi con l’assunzione del rimedio, i quali, se sono accompagnati dal profilarsi di un percorso di guarigione locale e generale, possono rientrare in senso lato nell’ambito dell’aggravamento omeopatico di cui in precedenza. In ogni caso se dovesse trattarsi di ciò, ossia esaltazione dei sintomi da curare, comparsa di nuovi sintomi contenuti nel rimedio o riapparizione di vecchi sintomi, tali fenomeni dovrebbero regredire da soli fino a scomparire del tutto, senza lasciare altre conseguenze. La durata di tali aggravamenti, che potrebbe andare da alcuni giorni ad alcune settimane, dipende da diversi fattori, quali il grado di profondità della patologia, la capacità di reazione dell’organismo, la diluizione del rimedio, la presenza o meno di danni tissutali, ecc. Se i sintomi dovessero perdurare con la stessa intensità o addirittura dovessero crescere di intensità, occorrerà rivedere l’analisi omeopatica e prescrivere un rimedio diverso. Ritornando al possibile sviluppo del potere patogenetico del rimedio con l’apparizione di nuovi sintomi, per comprendere meglio se di ciò si potrebbe trattare, bisogna considerare che i momenti di ansia e di attacchi di panico di Phosphorus assomigliano alla metafora del fiammifero, cioè si accendono improvvisamente e in una seconda fase si spengono e si indeboliscono, per cui il soggetto passa dall’esaltazione alla prostrazione e depressione. Però nel suo caso potrebbe trattarsi anche di una semplice suggestione, che si alimenta da sola in un circolo vizioso, nel senso che lei più pensa che Phosphorus possa essere la causa e più i fenomeni si verificano. Sarebbe comunque opportuno informare l’omeopata che le ha prescritto il rimedio. Cordiali saluti.
ROBERTO dice
buongiorno, scrivo per mio padre, 86 anni, affetto da forti dolori reumatici/artritici alle ginocchia, (affetto da tumore alla prostata, diabete, perdita della memoria (non grave ma c’è)).
al fine di limitare il rischio di caduta, potrebbe gentilmente consigliarmi uno o più rimedi efficaci?
grazie mille, cordialmente Roberto
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Roberto, i due grandi rimedi omeopatici più frequentemente utilizzati per i dolori reumatici articolari sono Bryonia e Rhus toxicodendron, che hanno però delle modalità praticamente opposte. Bryonia è maggiormente indicato per dolori che migliorano con il riposo e peggiorano con il movimento; i dolori sono acuti e pungenti e sono altresì migliorati dalla pressione; inoltre il rimedio è molto valido per la sinovite. Rhus toxicodendron è invece indicato per dolori che migliorano con il movimento (all’inizio del movimento però sono molto intensi) e, viceversa, peggiorano con il riposo, oppure il riposo non li migliora affatto; i dolori sono più sordi e più opprimenti, ma non pungenti ed in generale sono altresì migliorati dal calore e aggravati dal freddo umido o sdraiandosi sul lato dolente; inoltre il rimedio agisce in maniera più specifica sui legamenti e sui tendini articolari. Tra i due, il rimedio che assomiglia di più sarà in grado di produrre i risultati migliori. Anche la fitoterapia potrebbe essere molto utile con diversi preparati, quali ad esempio: Artiglio del diavolo TM (tintura madre), che ha una notevole azione antinfiammatoria e analgesica; Ribes nigrum glicerolato, che è l’antinfiammatorio per eccellenza; Vite glicerolato, che è molto utile nelle artriti croniche; Pino glicerolato, che esercita una buona azione sull’artrosi in quanto stimola il trofismo osseo e cartilagineo; Rovo glicerolato, che ha un ottimo effetto sull’artrosi specie se associata a osteoporosi; Olmaria TM, che svolge un’azione diuretica e agisce sui versamenti articolari; eccetera. Dia anche un’occhiata all’articolo “Stop reumatismi-nevralgie-ecc.” nella sezione del sito “Rimedi della nonna”. Si ricordi però che la parola spetta sempre al medico. Cordiali saluti.
marina dice
buonasera, io soffro spesso di mal di schiena e dolori al collo e volendo nel limite del possibile evitare gli antidlorifici che mi provocano dolori di stomaco, mi affido spesso ai rimedi omeopatici anche per altri malanni.In farmacia mi vengono venduti a tal proposito globuli “arnica 9ch 0 7ch o i monodose da 30ch o monodose da 10mk .Vorrei chiedere qual’è il migliore per i miei problemi .Ringrazio anticipatamente Marina
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Marina, il rimedio omeopatico migliore, o per meglio dire il rimedio più adatto, è quello che assomiglia di più al paziente, quello che contempla una sintomatologia quanto più somigliante a quella del paziente, quello che rispecchia meglio la totalità dei sintomi del paziente. A tal fine si dovrà tenere conto, nel caso specifico, delle modalità di manifestazione dei dolori, con particolare riguardo ai loro modi di insorgenza, alla loro localizzazione, ai sintomi concomitanti, alle circostanze di aggravamento e di miglioramento, ecc. Sarebbe però importante cercare innanzitutto di comprendere la causa dei suoi dolori di schiena e al collo, perché se si riuscisse ad individuare la causa si potrebbero trovare le condizioni o per allontanarla completamente o per limitarla nei suoi effetti dannosi. Le cause di tali tipologie di dolori sono numerose e tra le più frequenti troviamo gli errori di postura, la sedentarietà, le attività fisiche con sovraccarichi ripetuti a livello della schiena e del collo, gli eccessi di alcuni tipi di attività sportiva, i colpi di freddo, i traumi, la tendenza a scaricare lo stress quotidiano assumendo posizioni rigide e contratte, il cattivo riposo notturno con materassi e cuscini non adatti, l’artrosi, ecc. Arnica montana è un rimedio senz’altro indicato per le sintomatologie dolorose a carico dell’apparato muscolo-scheletrico e quindi anche per il mal di schiena e per i dolori al collo, però soprattutto quando questi sono originati da traumi. Altri rimedi omeopatici altrettanto indicati e più frequentemente adoperati sono: Bryonia se i dolori migliorano con il riposo e peggiorano con il movimento; Rhus toxicodendron se i dolori migliorano con il movimento o con il calore e peggiorano con il riposo (ha delle modalità opposte a Bryonia); Aconitum napellus se i dolori, che si acuiscono dopo un colpo di freddo, sono violenti, sono accompagnati da agitazione intensa e peggiorano di notte; Belladonna se i dolori peggiorano con il contatto e con il movimento e migliorano con il riposo; è il rimedio tipico dell’infiammazione ed il paziente traspira al contrario di Aconitum; Apis se i dolori sono brucianti e migliorano con le applicazioni fredde; Arsenicum album, se i dolori sono brucianti, con parestesie e migliorano con il caldo; Hypericum se i dolori peggiorano con il movimento e/o con il freddo e migliorano coricandosi sul lato dolente; Actaea racemosa se i dolori peggiorano con il tatto e con il movimento, ma neppure il riposo dà sollievo; Magnesia carbonica se i dolori migliorano con il movimento e con le bevande fredde; eccetera. Sarebbe però meglio che la scelta la effettuasse un medico omeopata, al quale è sempre opportuno rivolgersi per la garanzia di vedersi prescritta una terapia strettamente personale (rimedio, diluizione, posologia, durata della cura, eventuali adattamenti in corso d’opera, ecc.), secondo i corretti canoni omeopatici e medici in generale. Anche la fitoterapia può fornire il suo contributo con diversi preparati, quali ad esempio quelli dell’antica tradizione riportati nell’articolo “Stop reumatismi-nevralgie-ecc.” della stessa sezione del sito “Rimedi della nonna”, che la invito a consultare. Cordiali saluti.
Claudio dice
Grazie per la risposta celere. Invece una mondose XMK o 30 LM in quanto tempo esplica i suoi effetti? Qual è il loro tempo di copertura terapeutico? Grazie mille. Cordiali saluti
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Claudio, i dati riportati nell’articolo a proposito dei tempi di azione e di copertura terapeutica dei rimedi alle varie diluizioni, come precisato, possono essere solo di carattere orientativo e non sono universalmente validi, ma vanno rapportati al caso reale, cioè alla persona (reattività), al tipo di rimedio (costituzionale, di fondo, policresto, ad azione locale, ad azione breve, ad azione lunga, ecc.), alla tipologia della malattia (acuta, sub-acuta, cronica, locale, sistemica, organica, funzionale, psichica, ecc.). Ad esempio uno dei criteri guida che ricorre in omeopatia è che nelle malattie acute si adottano le basse diluizioni da assumere a brevi intervalli di tempo, mentre in quelle croniche si adottano le medie e le alte diluizioni da assumere a intervelli più lunghi, in entrambi i casi abbastanza rispettosi dei tempi di copertura terapeutica. Invece non si può escludere che le medie e le alte diluizioni possano agire anche sulle malattie acute ed in tal caso vengono somministrate a distanze più ravvicinate rispetto ai loro tempi di copertura terapeutici dichiarati. Quindi come vede la situazione reale può essere molto più complessa di quanto si immagini, per cui la conoscenza generica dei tempi di azione e di copertura terapeutica potrebbe portare a qualche conclusione fuorviante. In effetti la misura concreta di tali tempi la fornisce direttamente il paziente, in base alla percezione dei miglioramenti locali e generali che egli avverte, così come richiede la sua situazione personale. I tempi perciò possono essere stabiliti con la migliore precisione possibile solo con la visita omeopatica e con le osservazioni successive. Venendo alla sua domanda, con tutti i limiti contenuti nelle considerazioni appena esposte, è possibile dire che la XMK, che è un’altissima diluizione, ha in genere dei tempi di azione e di copertura terapeutica abbastanza lunghi, valutabili entrambi in circa un mese e più. La 30LM, che è una medio-alta diluizione, ha in genere un tempo di azione di una quindicina di giorni ed un tempo di copertura terapeutica di poco superiore. Cordiali saluti.
Claudio dice
Salve dott.ssa,
Il mio medico nelle fasi acute prescrive diluizione 30ch ogni 3ore. Come può spiegarsi questa scelta terapeutica?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Claudio, come avrà avuto modo di rilevare leggendo l’articolo, la 30CH è una diluizione medio-alta che copre un tempo terapeutico di qualche decina di giorni ed agisce sia sugli stati cronici che su quelli acuti, per i quali occorre però adottare tempi di somministrazione differenti. Nelle malattie croniche le somministrazioni saranno più diradate e più rispettose del tempo di copertura terapeutico; nelle malattie acute le somministrazioni saranno invece più ravvicinate secondo l’entità dei sintomi. Quindi un intervallo di somministrazione di 3 ore per una 30CH nella fase acuta è giustificabile. Cordiali saluti.
viola dice
Gentile dott.ssa,
ho letto molto attentamente il suo articolo, mi è stata prescritta pulsatilla 6lm in globuli da prendere una volta al giorno per 30 giorni. Alcune amiche mi hanno detto che è un rimedio molto forte per i miei sintomi che sono molto legati al soggetto pulsatilla ma che non sono poi così gravi come ho letto in giro. ero andata dal mio omeopata per curare le ovaie policistiche e la sindrome premestruale fatta di ansia, pianti e dolori alle emorroidi in vista di una futura gravidanza. Le mie mestruazioni sono regolari, ho l’ovulazione e non vorrei che questo rimedio fosse troppo forte per me. lei cosa ne pensa?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Viola, se l’omeopata le ha prescritto il rimedio omeopatico Pulsatilla 6LM, con quella posologia, è perché avrà riscontrato un buon grado di somiglianza con il rimedio e proprio in forza di tale fatto le ha prescritto una diluizione medio-alta che riesce meglio a curare i sintomi psicologici. Tra l’altro le diluizioni LM, come avrà rilevato leggendo l’articolo, hanno un impatto sull’organismo molto più dolce e meno problematico dal punto di vista dell’aggravamento omeopatico (sia quello terapeutico che quello iatrogeno), per cui possono essere assunte anche a maggiore relativa frequenza e per un periodo relativamente lungo. Credo che non debba dare ascolto alle sue amiche, ma fidarsi dell’omeopata, al quale riferire di come la situazione evolve durante la cura. Cordiali saluti.
Daniele dice
Grazie per l’articolo interessante e chiaro. Volevo sapere se esiste qualche criterio indicativo nel distanziare un rimedio omeopatico con una certa diluizione dall’assunzione dello stesso rimedio omeopatico con un’altra diluizione. Per esempio se ho preso un rimedio con diluizione 35k e poi passo ad una 30LM ci deve essere una distanza di qualche giorno tra l’assunzione ?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Daniele, come avrà avuto modo di rilevare leggendo l’articolo è sempre molto problematico fare delle comparazioni tra le diluizioni korsakoviane e quelle hahnemanniane, soprattutto se queste ultime sono le cinquantamillesimali LM. Nella preparazione di un rimedio omeopatico conta la diluizione della sostanza di origine, ma conta forse maggiormente la dinamizzazione che conferisce al rimedio il “quid energetico” che ne determina, unitamente alla diluizione, il suo potere terapeutico. A ciò si deve aggiungere che ogni organismo presenta una propria capacità reattiva allo stimolo del rimedio omeopatico, che potrebbe essere diverso da persona a persona, per cui la scelta della diluizione, legata comunque al tipo di patologia (acuta, sub-acuta, cronica, locale, sistemica, organica, psichica, ecc.), nonché della posologia e della durata della cura potrebbe essere molto individuale e sfuggire ad ogni regola di carattere generale. Fatta questa indispensabile premessa, per cercare di rispondere alla sua domanda si può osservare che sia la 35K che la 30LM sono dal punto di vista terapeutico delle medio-alte diluizioni, che hanno quindi delle dinamizzazioni equivalenti (35×100 per la 35K e 30×100 per la 30LM), anche se le concentrazioni della sostanza di origine sono molto differenti. Però la 30LM ha un impatto sull’organismo molto più dolce e meno problematico dal punto di vista dell’aggravamento omeopatico (sia quello terapeutico che quello iatrogeno), per cui può essere assunta anche a maggiore relativa frequenza e per un periodo relativamente lungo. In conclusione con la 30LM potrebbe rispettare la stessa distanza di assunzione che le è stata prescritta con la 35K od anche inferiore. Cordiali saluti.
Marcello dice
Salve Dr.ssa, volevo chiederle se una Brionya 5Ch è meno potente di una 30 Ch … in sostanza e facendo un paragone, un 5ch è paragonabile a un 500 milligrammi di Tachipirina e un 30 ch ad un 1000 milligrammi? Quindi più aumenta la diluzione più potente è il rimedio?
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Marcello, in omeopatia il concetto di forza o di potenza ha un significato diverso da quello della medicina convenzionale. La diluizione di un rimedio omeopatico, che rende l’azione dello stesso sempre più profonda e duratura a mano a mano che essa aumenta, viene scelta in base al tipo di patologia (acuta, sub-acuta, cronica, locale, sistemica, organica, psichica, ecc.) ed alla capacità di reazione del singolo organismo allo stimolo del rimedio omeopatico, che ovviamente è strettamente personale. Quindi le regole generali hanno solo carattere orientativo e possono valere per molti ma non per tutti. Ad esempio si verificano casi di pazienti che reagiscono male alle alte diluizioni, mentre hanno guarigioni spettacolari con le basse diluizioni. Perciò se si usasse l’omeopatia con l’idea che aumentando la diluizione del rimedio si rende l’azione dello stesso più potente e quindi più efficace, si corre il rischio di ottenere dei risultati assolutamente controproducenti. Ciò conferma il concetto che l’omeopatia è la medicina che “veste” su misura, per cui le regole generali, come detto, sono solo orientative e per certi soggetti è assolutamente necessario adattarsi intimamente al loro caso. Questo lavoro di ricerca e di individuazione lo fa il medico omeopata, che oltre a scegliere il rimedio giusto più somigliante al paziente (il simillimum), deve anche individuare la diluizione che è più attiva per quel paziente, avvalendosi della propria esperienza, della propria abilità, della propria capacità di osservazione e delle facoltà rivelatrici della propria strategia terapeutica. Cordiali saluti.
Paolo dice
Buongiorno Dott.ssa Rita della Volpe,
qualora la diluizione 30LM fosse monodose ed in granuli la si potrebbe usare giornalmente?In quanto tempo agirebbe?Le diluizioni LM monodose in granuli ogni quanto tempo dovrebbero essere assunte?
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Paolo, di solito le confezioni monodose di rimedi omeopatici contengono globuli e non granuli (i globuli sono piccole sfere di saccarosio o lattosio molto più piccole dei granuli) e sono riservate alle diluizioni medie o alte, quali sono appunto le LM. Assicurano il massimo effetto sulla sintomatologia sia mentale che fisica e generalmente vengono prescritte una volta al dì o meno di una volta al dì per un periodo limitato. Resta comunque sempre valido il concetto che le diluizioni LM si possono ripetere con maggiore relativa frequenza, rispetto alle equivalenti centesimali, senza incorrere nell’aggravamento iatrogeno, ma quella precedente è la regola che solitamente si adotta, fatta salva la situazione personale. Cordiali saluti.
Pietro dice
Salve dottoressa,
mi chiedevo in base a quali criteri un medico omeopata sceglie una diluizione 6LM piuttosto che 12 o 24LM. Nel senso che mi chiedevo se la potenza dovesse aumentare tanto quanto più cronici sono i sintomi. E se è così come si esegue la scelta? Qual’è la scala – se esiste – che un medico adotta per ritenere una diluizione migliore di un altra visto anche la numerosità delle stesse.
Grazie in anticipo
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Pietro, come già riportato nell’articolo, in omeopatia non esiste la regola universale valida per tutti, ma ogni terapia è intimamente legata al singolo individuo (ricordiamoci che l’omeopatia è la medicina del malato più che della malattia), per cui una volta effettuata correttamente la scelta del rimedio che deve tendere al simillimum, cioè al rimedio simile al paziente, la diluizione deve essere individuata tenendo conto del grado di approfondimento della malattia (acuta, sub-acuta, cronica, organica, psichica, ecc.) e della capacità di reazione del singolo organismo allo stimolo del rimedio omeopatico. Esistono comunque dei criteri guida che possono orientare l’omeopata nella scelta della strategia terapeutica da mettere in atto, che però richiede sempre la verifica della sua completa applicabilità a quel paziente. Per questo motivo le cure omeopatiche vanno avanti per gradi e ciascun grado richiede un adattamento terapeutico particolare che può contemplare anche la modifica della diluizione allo scopo di ricercare quella più attiva per il paziente. Ad esempio, giusto per andare sul concreto, un possibile percorso potrebbe essere il seguente. Sulla base della sintomatologia e della natura della patologia, delle caratteristiche di attività del rimedio, nonché dell’idea di reattività che l’omeopata si è fatta del paziente, si sceglie la fascia di diluizione (bassa, media, alta), mantenendosi prudenzialmente sui valori più bassi all’interno di essa. Si osserva il decorso e finché i miglioramenti (sia dei sintomi specifici che dello stato di salute generale) sono evidenti e continui, vanno nella direzione giusta, a conferma della bontà della prescrizione, non si tocca nulla. Qualora i miglioramenti si dovessero attenuare o si dovessero esaurire e quindi non si fanno importanti progressi verso la guarigione, si adotta una diluizione più elevata che ha un’azione più profonda e sistemica. La terapia continua e se dovesse essere necessario si potranno adottare diluizioni via via crescenti fino alla completa guarigione. Questo è solo uno dei modi di procedere, probabilmente è quello che interpreta meglio i canoni dell’omeopatia e dei suoi rimedi, ma non è l’unico. E’ una scelta che fa l’omeopata confidando molto sulla propria esperienza, sulla propria osservazione e sulla capacità di successo della propria strategia terapeutica. Cordiali saluti.