Contenuti:
- Premessa
- Principi fondamentali della medicina omeopatica
- Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
- Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
- Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
- Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
- Apparizione di vecchi sintomi
- Conclusioni
Premessa
Per semplicità di esposizione e per una migliore comprensione dei fenomeni partiremo dall’aggravamento che riguarda i sintomi da curare.
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che i sintomi da curare, alcuni o tutti, invece di migliorare, peggiorino: si verifica quello che viene chiamato l’aggravamento omeopatico. Tale situazione che può presentarsi nella fase iniziale della terapia, in genere non deve preoccupare perché è assolutamente naturale e sta ad indicare la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico. E’ una situazione transitoria, ma se dovesse perdurare è opportuno avvisare il proprio medico omeopata.
Per comprendere meglio tale fenomeno occorre ricordare i principi terapeutici ed i meccanismi d’azione della medicina omeopatica.
Principi fondamentali della medicina omeopatica
La medicina tradizionale adopera prioritariamente sistemi di cura che sfruttano l’azione dei principi contrari a quelli che hanno provocato la malattia, con l’obiettivo di sopprimere la sintomatologia che caratterizza la malattia. Per questo motivo è detta anche “medicina allopatica” o “allopatia”. Il termine, che fu coniato proprio da Hahnemann, deriva dal greco allos = diverso e pathos = malattia, cioè malattia del diverso, del contrario. E’ quindi una medicina che identifica prevalentemente la malattia nei sintomi della malattia stessa. Di solito viene prescritto un farmaco per ogni sintomo, che ha un’azione contrapposta al sintomo stesso, cioè provoca effetti direttamente contrari a quelli della malattia (es. in caso di febbre si somministra un antipiretico, in caso di pressione alta un antipertensivo o un diuretico, in caso di diarrea un astringente, in caso di cefalea un analgesico e così via). Se il paziente presenta più malattie dovrà assumere più farmaci. Il più delle volte le varie malattie, sia che si presentino contemporaneamente che in successione, vengono considerate ognuna a sé stante, senza cercare alcuna correlazione tra di loro.
La medicina omeopatica, o semplicemente omeopatia, invece si basa sul concetto di “simile”. Il termine deriva dalle parole greche ómois = simile e pàthos = malattia. Si deve a Samuel Hahnemann (1755–1843), il medico tedesco considerato il padre dell’omeopatia, la riscoperta del principio di similitudine già teorizzato da Ippocrate nel V secolo a.c. (“similia similibus curantur”: i simili si curano con i simili). Secondo tale principio è possibile curare una malattia con la stessa sostanza che la induce nel soggetto sano. Una sostanza (di origine vegetale, animale o minerale) può avere un effetto tossico o curativo a seconda della quantità ingerita. Ossia, un quadro sintomatologico, provocato da una sostanza assunta in dosi ponderali dall’individuo sano, è curato dalla stessa sostanza se viene assunta in dosi diluite dall’individuo che ne è ammalato. Questo quadro sintomatologico, che riguarda sia l’aspetto fisico che mentale, è unico e caratteristico per ciascuna sostanza.
Hahnemann, che provava su di sé le sostanze tossiche prudenzialmente diluite, si rese conto che quanto più continuava a diluire la sostanza di origine, tanto più si riduceva la sua azione tossica a vantaggio di una reazione dell’organismo, prima nascosta dall’azione tossica, che portava alla guarigione. Ricordiamoci che dopo la diluizione 12CH siamo oltre il numero di Avogadro e pertanto la soluzione non contiene più alcuna molecola della sostanza originale. Per conferire maggiore omogeneità alla soluzione in termini energetici, inoltre, ogni volta scuoteva energicamente il contenitore (si racconta che lo sbatteva 100 volte sulla Sacra Bibbia), dotando la soluzione della dinamizzazione. Nascono così i rimedi omeopatici. La diluizione e la dinamizzazione, senza le quali non si può parlare di rimedio omeopatico, conferiscono al rimedio la potenza terapeutica. Questa tecnica di preparazione dei rimedi omeopatici è tuttora ancora utilizzata.
Diventa fondamentale però individuare correttamente la sostanza di origine, ovverosia il rimedio omeopatico capace di produrre l’effetto terapeutico desiderato nella persona ammalata. Sono ancora gli studi e le osservazioni di Hahnemann che ci confortano in questa scelta.
Il criterio che si segue è che bisogna individuare un rimedio la cui sostanza di origine è in grado di sviluppare una complessità di sintomi, fisici e psichici, simili a quelli presenti nella persona affetta da quella determinata malattia, cioè un rimedio (ovvero la persona) che presenta un modo di ammalarsi simile. L’essenza e la straordinaria originalità dell’omeopatia è che “ogni rimedio è una persona”, capace cioè di personificare il malato in tutte le sue manifestazioni.
Non bastano quindi i soli sintomi del paziente, ma occorre tenere conto di tutte le altre peculiarità che rendono il soggetto unico rispetto a tutti gli altri affetti dalla stessa malattia. Sarà il medico omeopata a cercare nella storia del paziente e nelle sue manifestazioni somatiche e psichiche, il rimedio omeopatico più “simile” a lui. Si valuteranno quindi le caratteristiche ereditarie, le patologie passate, le cure effettuate, gli aspetti somatici, i sintomi psichici, lo stile di vita, i comportamenti, l’ambiente, la reattività, la sensibilità e quant’altro, senza trascurare niente (processo di individualizzazione). Si va cioè ad indagare in modo particolare il “terreno” caratteristico di quel paziente, di cui la manifestazione patologica ne è l’espressione. Il concetto è che l’omeopatia non prescrive il rimedio considerando la malattia, ma lo prescrive considerando il malato affetto da quella malattia.
Si riesce così ad individuare, tra i tanti possibili, il rimedio omeopatico che ha caratteristiche simili a quelle del paziente, a fronte di una certa patologia. Tanto più alta è questa similitudine, tanto maggiore sarà l’azione terapeutica. Il rimedio omeopatico perfettamente simile al paziente è chiamato simillimum ed è quello teorizzato e privilegiato da Hahnemann. La scuola di Medicina Omeopatica Unicista, rimasta fedele al pensiero del medico tedesco, prescrive un solo rimedio alla volta che è proprio il simillimum. Tale rimedio è molto personalizzato, è <<l’abito su misura>> e per questo può essere prescritto alle alte ed altissime diluizioni. La sua azione terapeutica è sistemica, profonda e veloce.
Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
I sintomi non sono quindi la malattia ma sono lo sforzo di reazione dell’organismo nel tentativo di ripristinare l’equilibrio perduto, per andare naturalmente verso la guarigione. Nel caso delle malattie croniche, citando ancora Hahnemann, i sintomi sono l’espressione della malattia che si manifesta all’esterno sulla base del miasma predominante (l’odierna diatesi, che ricordiamo è la modalità propria di sviluppo e di evoluzione della malattia verso la quale esiste una predisposizione acquisita o congenita).
Per ulteriori informazioni in merito consultare l’articolo “Diatesi in omeopatia” della presente sezione.
Per i motivi esposti l’approccio terapeutico della medicina omeopatica non è quello della soppressione dei sintomi, che addirittura sarebbe controproducente, come invece avviene nella medicina allopatica, ma di agire sullo squilibrio che ha provocato i sintomi, sulla causa profonda della malattia. L’utilizzo del simillimum porta proprio a questo risultato: l’eliminazione dei sintomi diventa la conseguenza della terapia e non il suo obiettivo, che resta la guarigione.
Per il fatto che il rimedio provoca gli stessi sintomi da curare (ossia, come visto, la sostanza di origine a dosi ponderali o lo stesso rimedio omeopatico somministrato ripetutamente), è possibile che all’inizio della cura si produca un’esaltazione di questi sintomi, un loro aggravamento temporaneo. Il fenomeno è noto in omeopatia sotto la denominazione di “aggravamento omeopatico” e va considerato in senso positivo, anche se a volte fastidioso e opposto alla psicologia del malato che dalla terapia si aspetta solo il miglioramento. Esso è la misura concreta di quanto il rimedio stia agendo correttamente e stia mettendo in atto la sua azione terapeutica. Quindi l’aggravamento omeopatico consiste in un’esaltazione temporanea dei sintomi da curare, che si manifesta nella fase iniziale della terapia ed è di tipo terapeutico, nel senso che sta ad indicare l’inizio di un percorso terapeutico favorevole. Lo stato di salute generale del paziente nel frattempo incomincia a migliorare, trasmettendo quella sensazione interna, non meglio precisabile, di inizio di benessere.
Diciamo subito che generalmente tale aggravamento temporaneo nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. Però la situazione relativa al suo presentarsi, alla sua durata ed alla sua entità è piuttosto articolata. Tutto è strettamente legato in misura proporzionale a diversi fattori individuali (come al solito in campo omeopatico), quali ad es. la reattività e sensibilità dell’organismo allo stimolo del rimedio omeopatico, la profondità della patologia o del disturbo (acuto, sub-acuto, cronico), il livello d’azione terapeutica (drenaggio, lesionale, funzionale, generale, mentale, diatesico), la diluizione del rimedio (bassa, media, alta, altissima), la presenza o meno di danni tissutali, le caratteristiche intrinseche del rimedio, ecc. In linea del tutto generale e in estrema sintesi, fermo restando che la diversa reattività del singolo organismo potrebbe fare la differenza, quando il rimedio omeopatico è ben scelto (nella condizione ideale il simillimum), nelle malattie acute, solitamente curate con le basse diluizioni, l’aggravamento omeopatico è quasi immediato e di breve durata, invece nelle malattie croniche, solitamente curate con le alte diluizioni, l’aggravamento si manifesta comunque più tardi, ma da più precocemente a più tardivamente con il crescere della diluizione. L’esistenza dei danni tissutali rende poi l’aggravamento proporzionalmente più severo.
Inoltre l’aggravamento omeopatico è tanto più sensibile quanto più il rimedio si avvicina al simillimum, in quanto questo riesce a coprire sempre più sintomi e ad agire più in profondità. Invece quando, secondo il pensiero della cosiddetta Scuola francese, si adoperano i rimedi sintomatici (che ricordiamo sono i rimedi caratterizzati da pochi sintomi, in bassa diluizione e che quindi hanno un’azione locale, di organo, non sistemica) per la cura delle malattie acute, l’aggravamento omeopatico è quasi del tutto assente o poco significativo. Può essere presente, ovviamente in una forma più blanda, solo se il rimedio sintomatico viene utilizzato per curare le malattie croniche (ricordiamo che il rimedio è lo stesso, si allungano solo i tempi ed il periodo di somministrazione): questo si verifica perché nella malattia cronica, che dura da molto tempo, c’è un coinvolgimento più profondo dell’individuo e quindi è possibile riscontrare un numero più alto di sintomi caratteristici, per cui il rimedio sintomatico si avvicina di più al simillimum.
Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
Abbiamo detto che l’aggravamento omeopatico, ovverosia l’esaltazione dei sintomi da curare contenuti nel rimedio somministrato, che può presentarsi all’inizio di una terapia, è una situazione transitoria del tutto naturale che in genere non deve preoccupare in quanto rappresenta proprio l’efficacia dell’azione terapeutica del rimedio omeopatico.
Nel caso che l’aggravamento sia particolarmente molesto per il paziente, ma ancora sopportabile, si potranno momentaneamente allungare i tempi delle somministrazioni.
Quando invece siamo in presenza di un aggravamento omeopatico non sopportabile dal paziente, al punto tale da determinare una condizione di tracollo generale, fisico e psichico, è opportuno far valutare dal medico omeopata se è il caso di sospendere le somministrazioni o di ricorrere ad un antidoto omeopatico per i sintomi disturbanti. Ricordiamo che l’antidoto di un rimedio omeopatico, per determinati sintomi, non è l’antidoto allopatico, ossia non è il controveleno, ma è un rimedio omeopatico che controlla l’azione del rimedio principale, controllando proprio quei sintomi per i quali si rivela antidoto. In altre parole l’antidoto omeopatico è il rimedio che incanala gli effetti troppo impetuosi, troppo violenti del rimedio principale prescritto, relativamente ad alcuni sintomi. Nelle cure omeopatiche l’antidoto omeopatico può essere affiancato al rimedio principale, aiutandone l’azione nella fase acuta della patologia e riducendo sensibilmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Le diluizioni cinquantamillesimali LM, preconizzate da Hahnemann nella VI e ultima edizione dell’Organon, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di diminuire notevolmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
Nel corso di una cura omeopatica, il più delle volte nella fase iniziale ma a volte anche più tardi, possono comparire dei nuovi sintomi, completamente estranei ai sintomi da curare. In tali casi bisogna saper leggere attentamente questi nuovi sintomi, nel senso di saperli opportunamente riconoscere per attribuirne l’origine e quindi adottare i provvedimenti conseguenti. Vediamo cosa può succedere.
Escludendo ovviamente che questi nuovi sintomi siano i sintomi evolutivi della malattia, perché in tal caso vorrebbe significare che il rimedio prescritto non è quello giusto, bisogna stare attenti a non confondere i nuovi sintomi con il ritorno di vecchi sintomi del proprio passato patologico, di cui diremo nell’apposito paragrafo successivo.
Una volta accertato che il nuovo sintomo (o i nuovi sintomi) può definirsi tale, ossia che non è un sintomo patologico e non è un vecchio sintomo, è importante notarlo bene e con tutte le sue caratteristiche, perché la prima cosa da fare è di controllare se tale sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio omeopatico. Nella stragrande maggioranza dei casi la verifica di tale riscontro è positiva, nel senso che il nuovo sintomo è contenuto nel rimedio, ossia rientra tra i sintomi che il rimedio normalmente è in grado di curare. Ma che è in grado anche di provocare qualora venga ripetuto incautamente con frequenza elevata, vale a dire con intervalli di tempo troppo brevi. Ciò si verifica in particolare con le alte diluizioni, quando la posologia, ovverosia la distanza tra le assunzioni, viola di molto la durata di copertura terapeutica del rimedio, quando, in parole più povere, il rimedio è ripetuto troppo spesso, anche giornalmente nelle diluizioni medie e alte.
L’aggravamento iatrogeno è dovuto quindi allo sviluppo del potere patogeno del rimedio, come conseguenza di un uso troppo ripetuto dello stesso durante la sua copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. Ecco perché il fenomeno è molto più probabile con le alte diluizioni.
Ovviamente è un aggravamento da evitare perché non è terapeutico, è disturbante e complica inutilmente il percorso di guarigione.
Per evitare il rischio di incorrere nell’aggravamento iatrogeno bisognerebbe astenersi dal ripetere la dose durante la fase di copertura terapeutica del rimedio, ossia finché lo stesso fa registrare dei miglioramenti ed assumerla perciò solo verso la fine di tale fase quando i miglioramenti incominciano a non progredire più.
Nella sporadica eventualità che il nuovo sintomo non figura nella patogenesi del rimedio prescritto e lo stato di salute generale del paziente è buono, nel senso che si sta comunque procedendo verso la guarigione, allora si tratta ancora di aggravamento iatrogeno perché certamente nuovi provings che saranno fatti in futuro mostreranno che il nuovo sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio.
Un’altra eventualità, abbastanza singolare, di poter incorrere nell’aggravamento iatrogeno è quando il paziente possiede una sensibilità eccessiva, una suscettibilità estrema nei confronti dei rimedi omeopatici, per cui manifesta i sintomi del rimedio somministrato qualsiasi esso sia. Il fenomeno è noto con il termine “idiosincrasia”, che in campo omeopatico intende descrivere un soggetto che presenta una ipersensibilità, una reazione eccessiva e violenta verso i rimedi omeopatici. In altre parole, ci troviamo al di sopra della normale soglia di reazione dell’organismo. Dal punto di vista della ricerca pura, questi pazienti si dimostrano essere degli eccellenti “provers”, però sono difficili da curare. L’azione da mettere in atto, prima di stabilire la terapia vera e propria, è di tentare di diminuire tale sensibilità esagerata utilizzando certi rimedi omeopatici che possono apportare una desensibilizzazione generale, quali ad es. Asarum europaeum, Chamomilla, Coffea, China, Ignatia amara, Nux vomica, Pulsatilla, Teucrium marum, Valeriana.
L’aggravamento iatrogeno è comunque temporaneo e sparirà, senza altre conseguenze, in un arco di tempo che generalmente va da qualche giorno a qualche settimana.
Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
Ovviamente la prima modalità da mettere in atto è quella di evitare che l’aggravamento iatrogeno insorga, ossia di stare attenti a non ripetere eccessivamente il rimedio con le diluizioni più alte in particolare, tenendo in debito conto la durata di copertura terapeutica che è crescente con la diluizione.
La modalità di carattere generale per ridurre il rischio dell’aggravamento iatrogeno è adottabile con il rimedio omeopatico in forma liquida, che consente di poter accrescere ad ogni assunzione la potenza del rimedio, accrescendo leggermente o la diluizione o la dinamizzazione. In tal modo si fornisce al paziente ogni volta uno stimolo non sempre uguale, anche se simile e quindi una risposta di reazione dell’organismo sempre un po’ diversa, con il risultato che si scongiura o si attenua l’aggravamento in parola. Vediamo come.
Il sistema, adoperato dai Maestri del passato, consiste nel lasciar sciogliere alcuni granuli (3 sono sufficienti) in mezzo bicchiere d’acqua e poi berne un sorso nel numero di volte giornaliero prescritto. Si rabbocca di volta in volta l’acqua che viene bevuta, allo scopo di aumentare leggermente la diluizione della soluzione e quindi la sua potenza terapeutica, come raccomandava Hahnemann, per evitare qualsiasi effetto iatrogeno. Se non si effettua il rabbocco, la soluzione, prima di ogni assunzione, o deve essere travasata rapidamente più volte (almeno 20 volte) da un bicchiere all’altro, oppure deve essere scossa energicamente più volte (almeno 10 volte) ed in quest’ultimo caso occorre una bottiglietta. Ciò sempre allo scopo di aumentare ad ogni assunzione la potenza energetica della soluzione, aumentando in tal caso la dinamizzazione.
Se si dispone del rimedio già in forma liquida basta avere la sola accortezza di scuotere energicamente la bottiglietta ad ogni assunzione.
Tale modalità di assunzione è in grado di ridurre anche l’aggravamento omeopatico vero e proprio, quello terapeutico, di cui in precedenza.
Anche stavolta se i sintomi iatrogeni, comunque verificatesi, sono particolarmente disturbanti e debilitanti si può adottare un antidoto omeopatico per i sintomi in questione.
Le diluizioni cinquantamillesimali hahnemanniane LM, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di evitare l’eventuale aggravamento iatrogeno, mantenendo sempre l’accortezza di scuotere energicamente, ad ogni assunzione, la bottiglietta del rimedio in forma liquida.
Apparizione di vecchi sintomi
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che ritornino dei vecchi sintomi che appartengono al proprio passato patologico. Tale apparizione non deve preoccupare, conviene astenersi da qualsiasi terapia specifica, perché questo ritorno è un’eccellente prognosi. Ci troviamo nel pieno rispetto della legge di guarigione naturale di Hering (da Constantin Hering, uno dei più brillanti allievi di Hahnemann), secondo la quale la guarigione terapeutica segue una direzione ben precisa: “dall’alto al basso, da dentro a fuori, nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”. Nella fattispecie ci interessa considerare “nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”, per cui durante la terapia sono riapparsi i vecchi sintomi del passato, che però non sono in grado di riproporre la malattia e quindi saranno solo passeggeri. Infatti dopo un arco di tempo variabile, da una a qualche settimana, questi vecchi sintomi scompaiono, senza che si intervenga, non lasciando alcuna conseguenza e contemporaneamente si instaura il processo di miglioramento del paziente. In tale evenienza ci si trova nell’ambito del naturale aggravamento omeopatico (quello terapeutico) di cui in precedenza.
Nella sporadica circostanza che i vecchi sintomi persistano con la stessa intensità, occorrerà procedere ad una seconda prescrizione di un rimedio omeopatico diverso mettendo in primo piano nella ricerca repertoriale i vecchi sintomi.
Conclusioni
Nel corso di una cura omeopatica può presentarsi un aggravamento sintomatico temporaneo che può risultare di due tipi: l’aggravamento omeopatico vero e proprio e l’aggravamento iatrogeno. Il primo è terapeutico, il secondo no.
L’aggravamento omeopatico, consistente in un’esaltazione transitoria dei sintomi da curare, è da considerarsi terapeutico, nel senso che indica la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico e quindi è indice prognostico di percorso terapeutico favorevole. Nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. I modi per contenerlo sono il diradamento delle assunzioni, la loro sospensione o l’uso di un antidoto omeopatico.
L’aggravamento iatrogeno, consistente nell’apparizione transitoria di nuovi sintomi contenuti nel rimedio come sviluppo del suo potere patogeno, è dovuto ad un uso eccessivo e ripetuto del rimedio durante la sua fase di copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. E’ un aggravamento assolutamente da evitare perché non è terapeutico e complica inutilmente il percorso di guarigione. Generalmente scompare in un arco di tempo variabile da qualche giorno a qualche settimana. I modi per contenerlo o per evitarlo si traducono nell’uso proprio della diluizione senza eccessi, nelle somministrazioni a potenze crescenti o nel ricorso ad un antidoto omeopatico.
L’apparizione temporanea di vecchi sintomi del proprio passato patologico è da considerarsi di natura terapeutica, in quanto in sintonia con la legge di guarigione di Hering e con il naturale aggravamento omeopatico.
francesca dice
Buonasera Dottoressa,
a seguito di uno spermiogramma che ha riscontrato oligoteratospermia, il mio compagno ha iniziato una cura omeopatica con Gossypium 15 CH, tre granuli al giorno. Pensa che questo rimedio possa essere utile da solo o occorre associarlo ad altro rimedio omeopatico? Inoltre da qualche giorno lamenta una sorta di “ansia da prestazione” …può essere conseguenza della cura?
La ringrazio sin d’ora.
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Francesca, da quel che mi risulta Gossypium herbaceum è un rimedio omeopatico che viene principalmente usato nelle problematiche a carico degli organi riproduttivi femminili. Sarebbe pertanto opportuno chiedere delucidazioni all’omeopata che ha prescritto il rimedio, il quale per farlo avrà avuto evidentemente le sue buone ragioni. Per quanto riguarda l’ansia da prestazione, questa non dovrebbe essere attribuibile alla cura, in quanto il rimedio in parola non avrebbe alcuna influenza sulla componente emotiva o psicologica. Sempre l’omeopata potrà fornire maggiori ragguagli in relazione al caso specifico. Tra gli altri rimedi omeopatici che possono trovare indicazione, come coadiuvanti, troviamo Aurum metallicum, Lycopodium, Medorrhinum, Natrum muriaticum. L’alimentazione consigliata in caso di oligoteratospermia, che aiuta qualsiasi terapia, è quella sana e bilanciata, con un buon apporto di frutta e verdura (entrambe fonti di antiossidanti) e quindi ricca di vitamine, in particolare di vitamina C (ortaggi e verdure come peperoni, prezzemolo, radicchio, spinaci, cetrioli, piselli, rape, cavoli, cavolfiori, asparagi, cipolle, carote, pomodori, vegetali di colore rosso-arancio in genere e frutta come arance, mandarini, limoni, cedri, pompelmi, ribes, mirtilli, lamponi, fragole, banane, frutta acidula in genere) e di acido folico (o vitamina B9, in verdura fresca, ortaggi, frutta fresca, frutta secca ed anche in legumi, cereali integrali, uova). Inoltre si consiglia il consumo di cibi ricchi di omega-3 (pesce azzurro, salmone, verdura a foglia larga, noci, mandorle), di minerali come il selenio (aglio, cereali integrali, alghe, frutti di mare) e lo zinco (alghe, barbabietole, carote, cavolo, verdure a foglia verde, lattuga, spinaci, patate, lievito di birra, pomodoro, riso, arance, mandarini, banane, ciliegie, pesche, mele, mirtilli, noci). Cordiali saluti.
anna dice
Gent.ma dottoressa
La mia allergia alla polvere e nichel non mi dà tregua, la tosse sembra placarsi con l’assunzione di uno sciroppo fitoterapico ma le borse sotto gli occhi e un fastidioso prurito, talvolta con lacrimazione, non mi consentono di stare davanti al computer, alla tv e ad un bel libro per il tempo che desidero.
Oltre a rimuovere la fonte del disagio, con una accurata pulizia e scegliendo prodotti privi di nichel, quale rimedio mi consiglierebbe?
La ringrazio tantissimo
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Anna, l’allergia al nichel si presenta in forme e modalità abbastanza variegate, per cui le reazioni ed i sintomi possono variare da persona a persona, in base al livello di intensità dell’allergia ed alla propria soglia di sensibilità. È bene ricordare che quella al nichel è un’allergia da accumulo, per cui nelle persone più sensibili un forte accumulo di nichel nell’organismo può portare allo scatenarsi di reazioni allergiche anche se ci si sottopone a quantità minime del metallo, invece in quelle meno sensibili il livello di tolleranza è più alto. Nella stragrande maggioranza dei casi l’allergia al nichel è un’allergia da contatto, ossia il contatto con oggetti che contengono il metallo può produrre una “dermatite allergica da contatto”, la quale si presenta con lesioni cutanee molto simili a quelle dell’eczema (prurito, arrossamento, formazione di vescicole e/croste) o dell’orticaria (prurito, bruciore, formazione di pomfi). Nelle persone con grado di allergia più severo, anche l’ingestione di alcuni alimenti che contengono nichel può scatenare una reazione allergica indesiderata. I sintomi più comuni sono: nausea e vomito, mal di testa, stanchezza e malessere generale, insonnia, variazioni di peso corporeo, problemi respiratori, tachicardia, afte e infiammazioni della bocca, gastrite, gonfiori addominali, colite. La problematica agli occhi che lei avverte potrebbe, quindi, non essere dovuta all’allergia al nichel, ma probabilmente all’allergia alla polvere o ad altra forma di allergia o ad altra causa. Sarebbe pertanto opportuno un approfondimento medico. I rimedi omeopatici sintomatici che potrebbero essere di aiuto sono tutti quelli che contengono i sintomi avvertiti, come gonfiore, prurito, lacrimazione, ecc. Tra essi si citano Allium cepa, Apis, Arsenicum album, Belladonna, Euphrasia, Pulsatilla, Sulphur. Ovviamente stiamo parlando di rimedi sintomatici, in grado cioè di affrontare la fase acuta dell’eventuale reazione allergica, ma non la causa della stessa, ossia l’allergia, per la qual cosa occorrerà affiancare una cura omeopatica di fondo che possa intervenire sul «terreno» del paziente e che quindi possa “educare” il sistema immunitario a non avere una reazione spropositata nei confronti di sostanze (allergeni) normalmente innocue. Negli ultimi tempi si va sempre più affermando una bioterapia di ispirazione omeopatica, la Microimmunoterapia omeopatica, la quale utilizza, in dose diluita e dinamizzata, le stesse sostanze immuno-modulatrici che l’organismo produce per reazione immunologica agli allergeni (immunoglobuline IgE in particolare). Per quanto riguarda la Fitoterapia, dia uno sguardo all’articolo “Vediamoci chiaro” nella sezione del sito “Rimedi della nonna”. L’alimentazione consigliata è quella ricca di vitamine (in particolare A/beta-carotene, gruppo B, C, D, E), di sali minerali (in particolare magnesio) e di acidi grassi polinsaturi (omega-3 e omega-6 non ossidati dal calore), che combattono meglio i processi infiammatori. Per tutto quanto detto finora le consiglio di non fare da sola, ma di rivolgersi ad un medico omeopata che con la visita sarà in grado di prescrivere la terapia appropriata al suo caso specifico. Cordiali saluti.
Maria Teresa dice
Buonasera, sono Maria Teresa e mi è stata prescritta una terapia di Lachesis per contrastare i sintomi fastidiosi della Menopausa.Prendo due tappini di granuli una volta a settimana già da un mese, ma purtroppo al momento non ho avuto nessun miglioramento e ne tantomeno un aggravamento omeopatico. Mi chiedo se è il rimedio giusto. Lei che ne dice?
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Maria Teresa, se a distanza di un mese non si registra alcun miglioramento, è ragionevole ritenere che Lachesis non sia il rimedio omeopatico giusto, a meno che il suo uso non venga ostacolato da qualche sostanza incompatibile (altri farmaci, caffè, sostanze con aromi forti, come mentolo, canfora, eucalipto, ecc.). Sarebbe pertanto opportuno informare il medico omeopata, che potrà considerare di adattare o modificare la prescrizione. Cordiali saluti.
marco dice
Buongiorno. Ho subito un intervento chirurgico al sovraspinato spalla dx.
L’omeopata mi ha dato zeel-t 2 compresse da sciolere in bocca 2 volte al gg e symphytum globuli 10 al di per 2 volte. Fra 15gg meta dose.
Ma i dolori sono aumentati alla spalla.
E normale? Saluti
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Egregio Marco, potrebbe trattarsi del temporaneo aggravamento omeopatico, che è un fenomeno possibile, assolutamente naturale in Omeopatia e segno prognostico di percorso terapeutico favorevole. Ma occorre essere certi che di ciò si tratti e non di un quadro evolutivo a sé stante. Il presente articolo fornisce diverse chiavi di lettura per una corretta interpretazione del disturbo. Se dovesse trattarsi di aggravamento omeopatico, il fenomeno dovrebbe gradualmente regredire in un arco di tempo ragionevolmente breve, in genere da poche ore a qualche giorno. Se invece dovesse persistere, allora, come accennato, si tratta di un fenomeno completamente estraneo alla somministrazione dei rimedi omeopatici. Sarebbe comunque opportuno informare il medico omeopata curante. Cordiali saluti.
Paola dice
Buona sera, mi chiamo Paola e ho 50 anni. Da 23 giorni ho un flusso emorragico che non si è fermato né col tranex né con il progesterone. Da questo pomeriggio ho iniziato a prendere Sabina 30, 3 granuli ogni 30 minuti per 4 volte, ho un aggravante omeopatico del flusso e mi è iniziato un bel mal di testa. Domani la riprenderò ogni ora per 4 volte e poi il giorno dopo ogni tre ore e via via a diminuire. Il mal di testa andrà via? I sintomi si attenueranno? Sono abbastanza disperata perché non mi possono fare eco visto che c’è il sangue e quindi non il ginecologo non può intervenire
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Paola, Sabina è certamente uno dei rimedi omeopatici che trova prescrizione nelle emorragie e quindi anche nei flussi mestruali eccessivamente abbondanti e prolungati (ipermenorrea), in particolare se il sangue è di colore rosso brillante e sono presenti dolori violenti che si estendono dal sacro al pube, con aggravamenti al minimo movimento, di notte, con il calore e miglioramenti con il freddo ed all’aria aperta. La cefalea è pressoria, frontale, appare bruscamente e sparisce lentamente. Pertanto, se la sua sintomatologia ha caratteristiche simili, allora il rimedio può considerarsi adatto ed espletare l’azione terapeutica necessaria. Ovviamente la prescrizione a misura per lei la può garantire solo un medico omeopata con l’esame del caso specifico. Cordiali saluti.
anna dice
gent.ma dottoressa
sono reduce da una influenza palesatasi prima di Natale: purtroppo la tosse secca e stizzosa non mi abbandona ancora adesso. Inizialmente ho opposto molta resistenza all’espettorazione, ho difficoltà a produrne dalla bocca. Poi i muchi si sono fermati ma la tosse c’è e mi tormenta. Mi sono curata con R1, R6 ed R9…di notte sudo e per ben 2 mesi avevo assunto Dolisobios. Da anni non soffrivo in questo modo. La tosse mi preoccupa perché incide con spasimi sull’ernia ventrale con anse intestinali di cui sono afflitta.
Mi affido al suo consiglio…in passato bastava uno sciroppo preparato in erboristeria ma non ricordo più la composizione.
Grazie infinite
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Anna, occorre innanzitutto tenere presente che la tosse è un sintomo da interpretare correttamente, perché rappresenta un meccanismo di difesa dell’organismo di tipo riflesso, che serve per liberare le vie aeree. Una tosse secca persistente è pertanto un segnale che può avere molte cause, quali ad es. esposizione continua a polvere o sostanze nocive, infiammazione o irritazione cronica delle mucose aeree (tra cui si citano quelle di tipo allergico), infezioni virali o batteriche delle vie respiratorie, ecc. È quindi importante porre una diagnosi medica precisa, anche per conoscere i risultati ottenibili con le cure naturali. Ciò premesso, relativamente all’Omeopatia, tra i rimedi che vengono più spesso adoperati per trattare una tosse secca troviamo Ammonium carbonicum, Arsenicum album, Belladonna, Bromum, Bryonia, Cuprum metallicum, Drosera, Iodum, Kalium bichromicum, Phosphorus, Sambucus nigra, Senega, Sticta pulmonaria, le cui sintomatologie di copertura sono rilevabili dall’articolo “Tosse” nella sezione del sito “Affezioni-Rimedi”. Sempre a titolo informativo, in diversi casi viene associato qualche gemmoterapico della Fitoterapia rinnovata (trattasi, com’è noto, di macerati glicerici di gemme vegetali con diluizione alla prima decimale hahnemanniana, che si pongono a cavallo tra la Fitoterapia classica e l’Omeopatia), in gocce, come ad es. Carpinus betulus M.G. D1 che ha una specifica attività sul rino-faringe e sulle mucose respiratorie, con azione antinfiammatoria, anticatarrale, sedativa della tosse, cicatrizzante delle mucose affette da processi flogistici e riduce gli spasmi delle prime vie respiratorie. Per quanto riguarda la Fitoterapia classica, dia un’occhiata all’articolo “Via raffreddore-tosse-influenza-ecc.” nella sezione del sito “Rimedi della nonna”, dove sono riportate diverse preparazioni utili, come ad esempio, per citare quelle più casalinghe, lo sciroppo di cipolla e limone, i cataplasmi con semi di lino, le tisane di malva o maggiorana, ecc. L’alimentazione consigliata è quella ricca di vitamine (in particolare A/beta-carotene, gruppo B, C, D, E), di sali minerali (in particolare magnesio) e di acidi grassi polinsaturi (omega-3 e omega-6 non ossidati dal calore), che combattono meglio i processi infiammatori. Ovviamente la prescrizione giusta per lei la può garantire solo un medico omeopata, previa visita. Cordiali saluti.
Malika dice
salve,
a seguito di alcuni mesi di attacchi di panico, ansia e depressione, ho iniziato una terapia omeopatica, assumendo drenanti con fitoterapici per gli emuntori, omeopatico di escolzia e tiglio e la boccetta fatta dal medico omeopata con vari rimedi di cui non conosco la composizione,
passati 4 mesi di assunzione costante ho notato parecchi miglioramenti, associato a psicoterapia.
Due giorni fa avendo finito la boccetta sono tornata dall’omeopata che mi ha prescritto sepia in granuli e fatto una nuova boccetta.
Ho iniziato ieri l’assunzione di sepia e questa mattina mi si è presentato un forte attacco di panico, anche se non sfociato come al solito, ma riuscito a gestire, contornato da pianto e depressione forte. So dell’aggravamento, ma ho paura che non sia questo, ho paura di non riuscire a guarire. Se fossi consapevole che fosse solo l’aggravamento lo accetterei volentieri; secondo voi è possibile che sia il rimedio?
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Malika, potrebbe effettivamente trattarsi dell’aggravamento omeopatico, costituito, com’è noto, dal temporaneo peggioramento dei sintomi da curare e/o dal ritorno, sempre temporaneo, dei sintomi del proprio passato patologico. Se così fosse il tutto dovrebbe gradualmente regredire, senza lasciare alcuna conseguenza. Sarebbe comunque opportuno informare il medico omeopata curante. Cordiali saluti.
isabella dice
Buongiorno, ho iniziato una cura con nuxvomica 30 lm le dosi per controllare il sospiro che ne soffro da diversi mesi e ansia in generale, ma come ogni inizio cura, ho avuto un peggioramento, e la mia dottoressa mi ha fatto sospendere per assumere gelsemium 30ch per 10 giorni, ma dopo un paio di giorni ho avuto delle extrasistole che mesi prima ne avevo sofferto, e ancora una volta la dottoressa mi ha sostituito la cura con ignatia 30 ch per 1 settimana per poi riprendere la mia cura base.. Tutto questo cambiare mi sta facendo preoccupare e mi sta confondendo un pò le idee. E’ possibile che la omeopatia possa far venire sintomi di extrasistole? perche il mio cardiologo mi ha consigliato di sospendre la omeopatia per 1 settimana, ed io non so cosa fare.Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Isabella, può succedere che inizialmente e transitoriamente una cura omeopatica dia luogo a dei peggioramenti, che possono riguardare i sintomi contingenti e/o i sintomi del passato. È un fenomeno assolutamente naturale, temporaneo, per molti versi terapeutico e quindi anche se disturbante non deve preoccupare perché è indice prognostico di percorso terapeutico favorevole. Si tratta cioè dell’aggravamento omeopatico, ampiamente trattato nel presente articolo. Il fenomeno, come descritto, può comportare un peggioramento iniziale dei sintomi da curare e/o un ritorno, sempre temporaneo, dei sintomi del proprio passato patologico, i quali spontaneamente rientrano senza lasciare alcuna conseguenza. In questi casi, per agevolare ciò, può essere utile diradare o sospendere l’assunzione del rimedio omeopatico principale. Inoltre, se la sintomatologia è particolarmente disturbante, può essere opportuno ricorrere temporaneamente ad altri rimedi omeopatici, scelti sempre sul massimo grado di similitudine con il paziente, per trattare specificamente tali disturbi, che una volta attenuati o eliminati possono permettere di riprendere la cura di base con il rimedio omeopatico principale. Tenga comunque sempre informata la dottoressa omeopata e la metta anche al corrente del consiglio dato dal cardiologo. Cordiali saluti.
Emanuela dice
. Buongiorno.ho notato un peggioramento dei dolori alla cervicale dopo assunzione di arnica in globuli 200 ch
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Emanuela, potrebbe trattarsi del naturale aggravamento omeopatico. Se così fosse, come riportato nel presente articolo, il peggioramento dei sintomi dovrebbe gradualmente regredire fino a scomparire del tutto, in un arco di tempo variabile, da alcune ore ad alcuni giorni, senza lasciare alcuna conseguenza. In caso di persistenza il fenomeno non è da attribuire all’assunzione del rimedio omeopatico e andrebbe indagato. Cordiali saluti.
Maria Grazia dice
Buongiorno , mi chiamo Maria Grazia , anche io ho preso fm cinnabaris . Perché sono intollerante a tantissimi alimenti , la mia dottoressa mi ha detto che mi avrebbe aiutato . Adesso appena iniziata la cura , ho anche io le feci verdissime , ma come è possibile , e dolori al fegato , da non resistere , come devo comportarmi smettere ? Non ho mai avuto una cosa così in vita mia . Sempre classico colon irritabile
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Maria Grazia, legga la risposta al commento del visitatore Fausto appena sottostante in “Commenti precedenti”). Sarebbe opportuno, se non l’avesse ancora fatto, informare la dottoressa. Cordiali saluti.