Contenuti:
- Premessa
- Principi fondamentali della medicina omeopatica
- Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
- Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
- Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
- Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
- Apparizione di vecchi sintomi
- Conclusioni
Premessa
Per semplicità di esposizione e per una migliore comprensione dei fenomeni partiremo dall’aggravamento che riguarda i sintomi da curare.
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che i sintomi da curare, alcuni o tutti, invece di migliorare, peggiorino: si verifica quello che viene chiamato l’aggravamento omeopatico. Tale situazione che può presentarsi nella fase iniziale della terapia, in genere non deve preoccupare perché è assolutamente naturale e sta ad indicare la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico. E’ una situazione transitoria, ma se dovesse perdurare è opportuno avvisare il proprio medico omeopata.
Per comprendere meglio tale fenomeno occorre ricordare i principi terapeutici ed i meccanismi d’azione della medicina omeopatica.
Principi fondamentali della medicina omeopatica
La medicina tradizionale adopera prioritariamente sistemi di cura che sfruttano l’azione dei principi contrari a quelli che hanno provocato la malattia, con l’obiettivo di sopprimere la sintomatologia che caratterizza la malattia. Per questo motivo è detta anche “medicina allopatica” o “allopatia”. Il termine, che fu coniato proprio da Hahnemann, deriva dal greco allos = diverso e pathos = malattia, cioè malattia del diverso, del contrario. E’ quindi una medicina che identifica prevalentemente la malattia nei sintomi della malattia stessa. Di solito viene prescritto un farmaco per ogni sintomo, che ha un’azione contrapposta al sintomo stesso, cioè provoca effetti direttamente contrari a quelli della malattia (es. in caso di febbre si somministra un antipiretico, in caso di pressione alta un antipertensivo o un diuretico, in caso di diarrea un astringente, in caso di cefalea un analgesico e così via). Se il paziente presenta più malattie dovrà assumere più farmaci. Il più delle volte le varie malattie, sia che si presentino contemporaneamente che in successione, vengono considerate ognuna a sé stante, senza cercare alcuna correlazione tra di loro.
La medicina omeopatica, o semplicemente omeopatia, invece si basa sul concetto di “simile”. Il termine deriva dalle parole greche ómois = simile e pàthos = malattia. Si deve a Samuel Hahnemann (1755–1843), il medico tedesco considerato il padre dell’omeopatia, la riscoperta del principio di similitudine già teorizzato da Ippocrate nel V secolo a.c. (“similia similibus curantur”: i simili si curano con i simili). Secondo tale principio è possibile curare una malattia con la stessa sostanza che la induce nel soggetto sano. Una sostanza (di origine vegetale, animale o minerale) può avere un effetto tossico o curativo a seconda della quantità ingerita. Ossia, un quadro sintomatologico, provocato da una sostanza assunta in dosi ponderali dall’individuo sano, è curato dalla stessa sostanza se viene assunta in dosi diluite dall’individuo che ne è ammalato. Questo quadro sintomatologico, che riguarda sia l’aspetto fisico che mentale, è unico e caratteristico per ciascuna sostanza.
Hahnemann, che provava su di sé le sostanze tossiche prudenzialmente diluite, si rese conto che quanto più continuava a diluire la sostanza di origine, tanto più si riduceva la sua azione tossica a vantaggio di una reazione dell’organismo, prima nascosta dall’azione tossica, che portava alla guarigione. Ricordiamoci che dopo la diluizione 12CH siamo oltre il numero di Avogadro e pertanto la soluzione non contiene più alcuna molecola della sostanza originale. Per conferire maggiore omogeneità alla soluzione in termini energetici, inoltre, ogni volta scuoteva energicamente il contenitore (si racconta che lo sbatteva 100 volte sulla Sacra Bibbia), dotando la soluzione della dinamizzazione. Nascono così i rimedi omeopatici. La diluizione e la dinamizzazione, senza le quali non si può parlare di rimedio omeopatico, conferiscono al rimedio la potenza terapeutica. Questa tecnica di preparazione dei rimedi omeopatici è tuttora ancora utilizzata.
Diventa fondamentale però individuare correttamente la sostanza di origine, ovverosia il rimedio omeopatico capace di produrre l’effetto terapeutico desiderato nella persona ammalata. Sono ancora gli studi e le osservazioni di Hahnemann che ci confortano in questa scelta.
Il criterio che si segue è che bisogna individuare un rimedio la cui sostanza di origine è in grado di sviluppare una complessità di sintomi, fisici e psichici, simili a quelli presenti nella persona affetta da quella determinata malattia, cioè un rimedio (ovvero la persona) che presenta un modo di ammalarsi simile. L’essenza e la straordinaria originalità dell’omeopatia è che “ogni rimedio è una persona”, capace cioè di personificare il malato in tutte le sue manifestazioni.
Non bastano quindi i soli sintomi del paziente, ma occorre tenere conto di tutte le altre peculiarità che rendono il soggetto unico rispetto a tutti gli altri affetti dalla stessa malattia. Sarà il medico omeopata a cercare nella storia del paziente e nelle sue manifestazioni somatiche e psichiche, il rimedio omeopatico più “simile” a lui. Si valuteranno quindi le caratteristiche ereditarie, le patologie passate, le cure effettuate, gli aspetti somatici, i sintomi psichici, lo stile di vita, i comportamenti, l’ambiente, la reattività, la sensibilità e quant’altro, senza trascurare niente (processo di individualizzazione). Si va cioè ad indagare in modo particolare il “terreno” caratteristico di quel paziente, di cui la manifestazione patologica ne è l’espressione. Il concetto è che l’omeopatia non prescrive il rimedio considerando la malattia, ma lo prescrive considerando il malato affetto da quella malattia.
Si riesce così ad individuare, tra i tanti possibili, il rimedio omeopatico che ha caratteristiche simili a quelle del paziente, a fronte di una certa patologia. Tanto più alta è questa similitudine, tanto maggiore sarà l’azione terapeutica. Il rimedio omeopatico perfettamente simile al paziente è chiamato simillimum ed è quello teorizzato e privilegiato da Hahnemann. La scuola di Medicina Omeopatica Unicista, rimasta fedele al pensiero del medico tedesco, prescrive un solo rimedio alla volta che è proprio il simillimum. Tale rimedio è molto personalizzato, è <<l’abito su misura>> e per questo può essere prescritto alle alte ed altissime diluizioni. La sua azione terapeutica è sistemica, profonda e veloce.
Aggravamento omeopatico: motivi e caratteristiche
I sintomi non sono quindi la malattia ma sono lo sforzo di reazione dell’organismo nel tentativo di ripristinare l’equilibrio perduto, per andare naturalmente verso la guarigione. Nel caso delle malattie croniche, citando ancora Hahnemann, i sintomi sono l’espressione della malattia che si manifesta all’esterno sulla base del miasma predominante (l’odierna diatesi, che ricordiamo è la modalità propria di sviluppo e di evoluzione della malattia verso la quale esiste una predisposizione acquisita o congenita).
Per ulteriori informazioni in merito consultare l’articolo “Diatesi in omeopatia” della presente sezione.
Per i motivi esposti l’approccio terapeutico della medicina omeopatica non è quello della soppressione dei sintomi, che addirittura sarebbe controproducente, come invece avviene nella medicina allopatica, ma di agire sullo squilibrio che ha provocato i sintomi, sulla causa profonda della malattia. L’utilizzo del simillimum porta proprio a questo risultato: l’eliminazione dei sintomi diventa la conseguenza della terapia e non il suo obiettivo, che resta la guarigione.
Per il fatto che il rimedio provoca gli stessi sintomi da curare (ossia, come visto, la sostanza di origine a dosi ponderali o lo stesso rimedio omeopatico somministrato ripetutamente), è possibile che all’inizio della cura si produca un’esaltazione di questi sintomi, un loro aggravamento temporaneo. Il fenomeno è noto in omeopatia sotto la denominazione di “aggravamento omeopatico” e va considerato in senso positivo, anche se a volte fastidioso e opposto alla psicologia del malato che dalla terapia si aspetta solo il miglioramento. Esso è la misura concreta di quanto il rimedio stia agendo correttamente e stia mettendo in atto la sua azione terapeutica. Quindi l’aggravamento omeopatico consiste in un’esaltazione temporanea dei sintomi da curare, che si manifesta nella fase iniziale della terapia ed è di tipo terapeutico, nel senso che sta ad indicare l’inizio di un percorso terapeutico favorevole. Lo stato di salute generale del paziente nel frattempo incomincia a migliorare, trasmettendo quella sensazione interna, non meglio precisabile, di inizio di benessere.
Diciamo subito che generalmente tale aggravamento temporaneo nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. Però la situazione relativa al suo presentarsi, alla sua durata ed alla sua entità è piuttosto articolata. Tutto è strettamente legato in misura proporzionale a diversi fattori individuali (come al solito in campo omeopatico), quali ad es. la reattività e sensibilità dell’organismo allo stimolo del rimedio omeopatico, la profondità della patologia o del disturbo (acuto, sub-acuto, cronico), il livello d’azione terapeutica (drenaggio, lesionale, funzionale, generale, mentale, diatesico), la diluizione del rimedio (bassa, media, alta, altissima), la presenza o meno di danni tissutali, le caratteristiche intrinseche del rimedio, ecc. In linea del tutto generale e in estrema sintesi, fermo restando che la diversa reattività del singolo organismo potrebbe fare la differenza, quando il rimedio omeopatico è ben scelto (nella condizione ideale il simillimum), nelle malattie acute, solitamente curate con le basse diluizioni, l’aggravamento omeopatico è quasi immediato e di breve durata, invece nelle malattie croniche, solitamente curate con le alte diluizioni, l’aggravamento si manifesta comunque più tardi, ma da più precocemente a più tardivamente con il crescere della diluizione. L’esistenza dei danni tissutali rende poi l’aggravamento proporzionalmente più severo.
Inoltre l’aggravamento omeopatico è tanto più sensibile quanto più il rimedio si avvicina al simillimum, in quanto questo riesce a coprire sempre più sintomi e ad agire più in profondità. Invece quando, secondo il pensiero della cosiddetta Scuola francese, si adoperano i rimedi sintomatici (che ricordiamo sono i rimedi caratterizzati da pochi sintomi, in bassa diluizione e che quindi hanno un’azione locale, di organo, non sistemica) per la cura delle malattie acute, l’aggravamento omeopatico è quasi del tutto assente o poco significativo. Può essere presente, ovviamente in una forma più blanda, solo se il rimedio sintomatico viene utilizzato per curare le malattie croniche (ricordiamo che il rimedio è lo stesso, si allungano solo i tempi ed il periodo di somministrazione): questo si verifica perché nella malattia cronica, che dura da molto tempo, c’è un coinvolgimento più profondo dell’individuo e quindi è possibile riscontrare un numero più alto di sintomi caratteristici, per cui il rimedio sintomatico si avvicina di più al simillimum.
Modalità di attenuazione dell’aggravamento omeopatico
Abbiamo detto che l’aggravamento omeopatico, ovverosia l’esaltazione dei sintomi da curare contenuti nel rimedio somministrato, che può presentarsi all’inizio di una terapia, è una situazione transitoria del tutto naturale che in genere non deve preoccupare in quanto rappresenta proprio l’efficacia dell’azione terapeutica del rimedio omeopatico.
Nel caso che l’aggravamento sia particolarmente molesto per il paziente, ma ancora sopportabile, si potranno momentaneamente allungare i tempi delle somministrazioni.
Quando invece siamo in presenza di un aggravamento omeopatico non sopportabile dal paziente, al punto tale da determinare una condizione di tracollo generale, fisico e psichico, è opportuno far valutare dal medico omeopata se è il caso di sospendere le somministrazioni o di ricorrere ad un antidoto omeopatico per i sintomi disturbanti. Ricordiamo che l’antidoto di un rimedio omeopatico, per determinati sintomi, non è l’antidoto allopatico, ossia non è il controveleno, ma è un rimedio omeopatico che controlla l’azione del rimedio principale, controllando proprio quei sintomi per i quali si rivela antidoto. In altre parole l’antidoto omeopatico è il rimedio che incanala gli effetti troppo impetuosi, troppo violenti del rimedio principale prescritto, relativamente ad alcuni sintomi. Nelle cure omeopatiche l’antidoto omeopatico può essere affiancato al rimedio principale, aiutandone l’azione nella fase acuta della patologia e riducendo sensibilmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Le diluizioni cinquantamillesimali LM, preconizzate da Hahnemann nella VI e ultima edizione dell’Organon, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di diminuire notevolmente l’entità dell’aggravamento omeopatico.
Apparizione di nuovi sintomi: l’aggravamento iatrogeno
Nel corso di una cura omeopatica, il più delle volte nella fase iniziale ma a volte anche più tardi, possono comparire dei nuovi sintomi, completamente estranei ai sintomi da curare. In tali casi bisogna saper leggere attentamente questi nuovi sintomi, nel senso di saperli opportunamente riconoscere per attribuirne l’origine e quindi adottare i provvedimenti conseguenti. Vediamo cosa può succedere.
Escludendo ovviamente che questi nuovi sintomi siano i sintomi evolutivi della malattia, perché in tal caso vorrebbe significare che il rimedio prescritto non è quello giusto, bisogna stare attenti a non confondere i nuovi sintomi con il ritorno di vecchi sintomi del proprio passato patologico, di cui diremo nell’apposito paragrafo successivo.
Una volta accertato che il nuovo sintomo (o i nuovi sintomi) può definirsi tale, ossia che non è un sintomo patologico e non è un vecchio sintomo, è importante notarlo bene e con tutte le sue caratteristiche, perché la prima cosa da fare è di controllare se tale sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio omeopatico. Nella stragrande maggioranza dei casi la verifica di tale riscontro è positiva, nel senso che il nuovo sintomo è contenuto nel rimedio, ossia rientra tra i sintomi che il rimedio normalmente è in grado di curare. Ma che è in grado anche di provocare qualora venga ripetuto incautamente con frequenza elevata, vale a dire con intervalli di tempo troppo brevi. Ciò si verifica in particolare con le alte diluizioni, quando la posologia, ovverosia la distanza tra le assunzioni, viola di molto la durata di copertura terapeutica del rimedio, quando, in parole più povere, il rimedio è ripetuto troppo spesso, anche giornalmente nelle diluizioni medie e alte.
L’aggravamento iatrogeno è dovuto quindi allo sviluppo del potere patogeno del rimedio, come conseguenza di un uso troppo ripetuto dello stesso durante la sua copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. Ecco perché il fenomeno è molto più probabile con le alte diluizioni.
Ovviamente è un aggravamento da evitare perché non è terapeutico, è disturbante e complica inutilmente il percorso di guarigione.
Per evitare il rischio di incorrere nell’aggravamento iatrogeno bisognerebbe astenersi dal ripetere la dose durante la fase di copertura terapeutica del rimedio, ossia finché lo stesso fa registrare dei miglioramenti ed assumerla perciò solo verso la fine di tale fase quando i miglioramenti incominciano a non progredire più.
Nella sporadica eventualità che il nuovo sintomo non figura nella patogenesi del rimedio prescritto e lo stato di salute generale del paziente è buono, nel senso che si sta comunque procedendo verso la guarigione, allora si tratta ancora di aggravamento iatrogeno perché certamente nuovi provings che saranno fatti in futuro mostreranno che il nuovo sintomo appartiene alla patogenesi del rimedio.
Un’altra eventualità, abbastanza singolare, di poter incorrere nell’aggravamento iatrogeno è quando il paziente possiede una sensibilità eccessiva, una suscettibilità estrema nei confronti dei rimedi omeopatici, per cui manifesta i sintomi del rimedio somministrato qualsiasi esso sia. Il fenomeno è noto con il termine “idiosincrasia”, che in campo omeopatico intende descrivere un soggetto che presenta una ipersensibilità, una reazione eccessiva e violenta verso i rimedi omeopatici. In altre parole, ci troviamo al di sopra della normale soglia di reazione dell’organismo. Dal punto di vista della ricerca pura, questi pazienti si dimostrano essere degli eccellenti “provers”, però sono difficili da curare. L’azione da mettere in atto, prima di stabilire la terapia vera e propria, è di tentare di diminuire tale sensibilità esagerata utilizzando certi rimedi omeopatici che possono apportare una desensibilizzazione generale, quali ad es. Asarum europaeum, Chamomilla, Coffea, China, Ignatia amara, Nux vomica, Pulsatilla, Teucrium marum, Valeriana.
L’aggravamento iatrogeno è comunque temporaneo e sparirà, senza altre conseguenze, in un arco di tempo che generalmente va da qualche giorno a qualche settimana.
Modalità di attenuazione o di elusione dell’aggravamento iatrogeno
Ovviamente la prima modalità da mettere in atto è quella di evitare che l’aggravamento iatrogeno insorga, ossia di stare attenti a non ripetere eccessivamente il rimedio con le diluizioni più alte in particolare, tenendo in debito conto la durata di copertura terapeutica che è crescente con la diluizione.
La modalità di carattere generale per ridurre il rischio dell’aggravamento iatrogeno è adottabile con il rimedio omeopatico in forma liquida, che consente di poter accrescere ad ogni assunzione la potenza del rimedio, accrescendo leggermente o la diluizione o la dinamizzazione. In tal modo si fornisce al paziente ogni volta uno stimolo non sempre uguale, anche se simile e quindi una risposta di reazione dell’organismo sempre un po’ diversa, con il risultato che si scongiura o si attenua l’aggravamento in parola. Vediamo come.
Il sistema, adoperato dai Maestri del passato, consiste nel lasciar sciogliere alcuni granuli (3 sono sufficienti) in mezzo bicchiere d’acqua e poi berne un sorso nel numero di volte giornaliero prescritto. Si rabbocca di volta in volta l’acqua che viene bevuta, allo scopo di aumentare leggermente la diluizione della soluzione e quindi la sua potenza terapeutica, come raccomandava Hahnemann, per evitare qualsiasi effetto iatrogeno. Se non si effettua il rabbocco, la soluzione, prima di ogni assunzione, o deve essere travasata rapidamente più volte (almeno 20 volte) da un bicchiere all’altro, oppure deve essere scossa energicamente più volte (almeno 10 volte) ed in quest’ultimo caso occorre una bottiglietta. Ciò sempre allo scopo di aumentare ad ogni assunzione la potenza energetica della soluzione, aumentando in tal caso la dinamizzazione.
Se si dispone del rimedio già in forma liquida basta avere la sola accortezza di scuotere energicamente la bottiglietta ad ogni assunzione.
Tale modalità di assunzione è in grado di ridurre anche l’aggravamento omeopatico vero e proprio, quello terapeutico, di cui in precedenza.
Anche stavolta se i sintomi iatrogeni, comunque verificatesi, sono particolarmente disturbanti e debilitanti si può adottare un antidoto omeopatico per i sintomi in questione.
Le diluizioni cinquantamillesimali hahnemanniane LM, in forza della loro dispersione, permettono di addolcire l’impatto energetico del rimedio e quindi di evitare l’eventuale aggravamento iatrogeno, mantenendo sempre l’accortezza di scuotere energicamente, ad ogni assunzione, la bottiglietta del rimedio in forma liquida.
Apparizione di vecchi sintomi
Nel corso di una cura omeopatica può succedere che ritornino dei vecchi sintomi che appartengono al proprio passato patologico. Tale apparizione non deve preoccupare, conviene astenersi da qualsiasi terapia specifica, perché questo ritorno è un’eccellente prognosi. Ci troviamo nel pieno rispetto della legge di guarigione naturale di Hering (da Constantin Hering, uno dei più brillanti allievi di Hahnemann), secondo la quale la guarigione terapeutica segue una direzione ben precisa: “dall’alto al basso, da dentro a fuori, nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”. Nella fattispecie ci interessa considerare “nell’ordine inverso a quello dell’apparizione dei sintomi”, per cui durante la terapia sono riapparsi i vecchi sintomi del passato, che però non sono in grado di riproporre la malattia e quindi saranno solo passeggeri. Infatti dopo un arco di tempo variabile, da una a qualche settimana, questi vecchi sintomi scompaiono, senza che si intervenga, non lasciando alcuna conseguenza e contemporaneamente si instaura il processo di miglioramento del paziente. In tale evenienza ci si trova nell’ambito del naturale aggravamento omeopatico (quello terapeutico) di cui in precedenza.
Nella sporadica circostanza che i vecchi sintomi persistano con la stessa intensità, occorrerà procedere ad una seconda prescrizione di un rimedio omeopatico diverso mettendo in primo piano nella ricerca repertoriale i vecchi sintomi.
Conclusioni
Nel corso di una cura omeopatica può presentarsi un aggravamento sintomatico temporaneo che può risultare di due tipi: l’aggravamento omeopatico vero e proprio e l’aggravamento iatrogeno. Il primo è terapeutico, il secondo no.
L’aggravamento omeopatico, consistente in un’esaltazione transitoria dei sintomi da curare, è da considerarsi terapeutico, nel senso che indica la reazione positiva dell’organismo sotto lo stimolo del rimedio omeopatico e quindi è indice prognostico di percorso terapeutico favorevole. Nelle malattie acute si manifesta quasi subito e dura poche ore, mentre nelle malattie croniche si manifesta più o meno tardivamente e dura qualche giorno. I modi per contenerlo sono il diradamento delle assunzioni, la loro sospensione o l’uso di un antidoto omeopatico.
L’aggravamento iatrogeno, consistente nell’apparizione transitoria di nuovi sintomi contenuti nel rimedio come sviluppo del suo potere patogeno, è dovuto ad un uso eccessivo e ripetuto del rimedio durante la sua fase di copertura terapeutica, che è crescente con la diluizione. E’ un aggravamento assolutamente da evitare perché non è terapeutico e complica inutilmente il percorso di guarigione. Generalmente scompare in un arco di tempo variabile da qualche giorno a qualche settimana. I modi per contenerlo o per evitarlo si traducono nell’uso proprio della diluizione senza eccessi, nelle somministrazioni a potenze crescenti o nel ricorso ad un antidoto omeopatico.
L’apparizione temporanea di vecchi sintomi del proprio passato patologico è da considerarsi di natura terapeutica, in quanto in sintonia con la legge di guarigione di Hering e con il naturale aggravamento omeopatico.
anna dice
Gent.ma Dottoressa
A seguito di alcuni cicli di chemioterapia ho notato la formazione di cicatrici di un colore grigio, presenti sulle gambe e sulle braccia a mò di striature oltre che sul collo dove mi venne praticata la biopsia.
Evito di indossare abiti corti e senza maniche…ma l’estate si sa ha le sue priorità.
Mi consiglierebbe una crema o una pomata capaci di ridurre un tale danno estetico?
La ringrazio
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Anna, potrebbe essere valido l’utilizzo di creme cheratolitiche, che facilitano la normale e fisiologica desquamazione della pelle, come ad esempio l’unguento di Graphites, il gel di Aloe vera, una crema all’urea, una crema a base di acido glicolico. Cordiali saluti.
Samanta dice
Gentile dottoressa,
Per circa un mese ho assunto silicea 5 ch, 3 granuli al giorno, per una ipertricosi causata da un contraccettivo sbagliato che conteneva una sostanza androgenizzante. Purtroppo però ho notato un aumento della peluria e, spaventata, ho sospeso l’assunzione di silicea. Crede che questa peluria in eccesso andrà via da sola? Al momento è passato un mese dalla sospensione ed è ancora presente. Cosa posso fare per rimediare? Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Samanta, per una corretta identificazione del disturbo è utile ricordare, come lei certamente saprà, la differenza tra irsutismo e ipertricosi. L’irsutismo si manifesta nella donna con la crescita di peli estesi in sedi tipicamente maschili (viso, torace, spalle, schiena, addome, glutei, interno cosce, ecc.) ed è classicamente legato ad un eccesso di androgeni. L’ipertricosi si manifesta con un aumento localizzato o generalizzato dei peli corporei, che può interessare qualsiasi parte del corpo, in particolare le zone dove i peli sono normalmente presenti nella donna e non è un disturbo androgeno dipendente (solo in una percentuale minoritaria dei casi è dovuto ad uno squilibrio ormonale). Comunque sia, il fenomeno non dovrebbe essere attribuibile all’assunzione di Silicea ed anche se fosse ascrivibile ad un improbabile aggravamento omeopatico, questo a distanza di un mese sarebbe già dovuto scomparire senza lasciare alcuna conseguenza. Silicea è un rimedio omeopatico che può intervenire nel sostenere l’apparato tegumentario (essenzialmente pelle e annessi cutanei come capelli, peli ed unghie), ma solo se lo stesso presenta fragilità e problematiche. Se lei intende quindi continuare ad avvalersi dell’Omeopatia, le consiglio di rivolgersi ad un medico omeopata che con la visita sarà in grado di prescrivere la terapia appropriata al suo caso specifico. In diversi casi risulta efficace l’Ormonoterapia omeopatica, che utilizza in dosi diluite e dinamizzate, ossia preparate con il metodo omeopatico, diversi tipi ormoni che sono gli stessi su cui occorre intervenire a scopo terapeutico. Gli ormonoterapici che in genere trovano impiego sono orientati ad abbassare la sintesi di testosterone e/o aumentare quella degli estrogeni e/o inibirne la conversione in diidrotestosterone (DHT). Vengono utilizzati perciò i relativi ormoni omeopatizzati, scegliendo con la massima oculatezza le diluizioni, quelle cioè giuste per determinare ed indirizzare correttamente l’azione terapeutica necessaria alla singola circostanza. Può essere molto utile una costante e regolare attività fisica ed un’appropriata alimentazione, sana ed equilibrata, che eviti i carboidrati raffinati allo scopo di scongiurare aumenti di produzione di insulina e quindi di ormoni androgeni, che tenga il fegato in ordine consumando più frutta e verdura, meno grassi e fritture e bevendo molta acqua. Per un effetto estetico, si possono applicare localmente preparati vegetali a base di estratti di soia o di oli essenziali di rosmarino e di menta, che aiutano ad allungare i tempi di ricrescita dei peli. Cordiali saluti.
Olga dice
Gentile Dottoressa, da un mese sto assumendo la thuja occidentalis 30 ch (ogni 2 settimane un tubo monodose, 2 monodosi fin’ora) per dei calazi cronici all’occhio sinistro (uno da 4 anni e uno da 2 anni). Dal quinto al decimo giorno dalla prima assunzione ho avuto secondo le info dell’articolo il cosidetto aggravamento omeopatico: come se mi si stesse formando un’altro all’occhio destro, con gonfiore, rossore, mal di testa, etc… Ora sono rimaste tracce di sintomi, l’occhio destro non è del tutto guarito, ogni tanto legero mal di testa. Ho avuto come la sensazione che mi spuntassero fuori un po di problemi di salute vecchi. Legermente, ho ancora questa sensazione… Contemporaneamente uso anche il colirio Euphralia. Siccome, la visita dall’oculusta la farò a ottobre 2018 ho pensato che per questi mesi usare questo rimedio. Devo confessare che non sono seguita da un medico omeopata, è per la prima volta che uso omeopatia, ero scettica ma visa la reazione ci credo si che è una cura potente. Basta che aiuti me! Vorrei chiederLe quanto prolungato puòessere l’uso di thuja occidentalis monodosi con la frequenza di 2 al mese? Fino alla sparizione dei calazi? Magari!!! Grazie mille! Olga
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Olga, in genere le cure omeopatiche continuano a praticarsi finché si registrano benefici e finché esistono margini di miglioramento, senza porsi dei limiti temporali particolarmente stringenti ed ovviamente si smettono alla guarigione o al raggiungimento di un risultato soddisfacente e stabile. I rimedi omeopatici che vengono comunemente utilizzati per il trattamento dei calazi, che cioè rispondono meglio in un’alta percentuale di casi, sono Staphysagria (calazi ripetitivi che sul finire lasciano dei piccoli noduli sulle palpebre) e Pulsatilla (calazi talvolta accompagnati da arrossamento della sclera e della congiuntiva), che solitamente vengono somministrati insieme o alternati tra loro. Anche Thuya è un rimedio omeopatico che può risultare adatto, in particolare se sono concomitanti dolori acuti che migliorano con il calore e coprendosi gli occhi. Nelle forme recidivanti generalmente si richiede l’associazione di un trattamento omeopatico di fondo, al fine di scongiurare le ricadute. Inoltre, considerato che il calazio è una cisti (precisamente un lipogranuloma) dovuta all’infiammazione di una delle ghiandole sebacee localizzate lungo i bordi delle palpebre (ghiandole di Melbomio), a causa dell’ostruzione del dotto escretore, il calore diventa pertanto uno dei segreti da utilizzare per la relativa cura. L’applicazione di un panno caldo sull’occhio interessato può essere quindi molto utile, od anche gli impacchi caldi con un infuso di camomilla o di malva o di eufrasia (il collirio di quest’ultima è sempre valido), o gli impacchi di foglie di cavolo fresche scottate al vapore, oppure un delicato lavaggio con acqua calda, sterilizzata previa bollitura, cui si può aggiungere un poco di acido borico, per un’azione antisettica, antinfiammatorie e cicatrizzante. Si ricordi di curare l’alimentazione con più frutta e verdura crude e di ridurre il più possibile il consumo di dolciumi, zuccheri semplici, fritti, grassi, alcool, caffè e di bere molta acqua. Ovviamente la prescrizione appropriata al suo caso specifico la può garantire solo un medico omeopata, previa visita. Cordiali saluti.
Elena dice
Buonasera è il primo mese che assumo hormeel e Lilium compositum rispettivamente 10 gocce 3 volte al giorno e due fiale a settimana , ho iniziato HORMEEL dal primo giorno di mestruazioni che di solito arrivano ogni 30 gg questo mese ho ovulato al 7 pm quindi prestissimo, può essere considerato come aggravamento omeopatico,quindi positivo o è meglio ridurne la posologia ? Ho avuto anche molto mal di testa
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Elena, come lei saprà, Hormeel e Lilium compositum non sono rimedi unitari dell’Omeopatia classica, bensì sono rimedi complessi dell’Omotossicologia, che pur avendo diversi punti di contatto con l’Omeopatia, alla quale si ispira (in particolare alla scuola complessista), adotta principi, orientamenti terapeutici, rimedi e criteri di scelta degli stessi completamente differenti. L’assunzione di rimedi complessi omotossicologici, ai fini della valutazione di eventuali effetti secondari indesiderati, comunque transitori, rende alquanto indecifrabile ogni situazione, proprio per il tipo di formulazione. Di conseguenza è difficile dire se quanto le succede è da attribuire o no ai rimedi in questione, anche se con essi l’aggravamento omeopatico è molto più improbabile. Tuttavia bisogna altresì considerare che quando si utilizza una terapia omotossicologica si può andare incontro alla cosiddetta “vicariazione regressiva”, ossia ad un ricomparire temporaneo di sintomi pregressi, di vecchia data, di cui si è sofferto per lunghi periodi in precedenza. Pertanto, se i fenomeni subentrati possono essere così catalogabili, allora si può anche ipotizzare che essi rappresentino la reazione positiva dell’organismo alla terapia omotossicologica e quindi bisogna solo attendere che passino, senza modificare nulla. Se invece dovessero persistere, allora verosimilmente si tratta di fenomeni completamente estranei che richiedono un approfondimento medico. Sarebbe comunque opportuno informare il medico omeopata che le ha prescritto la cura. Cordiali saluti.
Dafne75 dice
Gentile Dott.ssa
Grazie per l’articolo molto interessante.
Dopo aver preso Carcinosinum xmk 7 gocce per 20 gg ora sto prendendo da 15 gg Apis xmk sempre 7 gocce.
Il fatto e’ che la mia naturale stanchezza e’ aumentata tantissimo e praticamente non riesco a fare nulla e mi sento brividi e freddo nonostante che non ho la febbre e ho il volto caldo. Non dormo bene e mi sveglio poco riposata piu del solito.
Sto sbagliando rimedio? Grazie se mi puo’ aiutare
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Dafne, verosimilmente se i rimedi in parola non stanno producendo alcun beneficio si può solo ritenere che essi non sono adatti a lei, ovvero non sono sufficientemente somiglianti. Carcinosinum, che è il nosode del carcinoma, si rivolge prevalentemente a bambini che presentano una predisposizione costituzionale verso numerose affezioni infantili acute ed un sistema neuro-psichico particolarmente sofferente, connotato da torpore intellettuale, difficoltà a pensare, apatia, indifferenza, insonnia. Apis è un rimedio omeopatico idoneo a trattare infiammazioni acute, violente che si accompagnano a edemi rosacei con dolori pungenti/brucianti e si addice ad un soggetto ove a picchi di ansia, inquietudine, irritazione e disperazione seguono stati depressivi caratterizzati da tristezza e malinconia, apatia, stanchezza nervosa, indifferenza. Per una panoramica dei principali rimedi omeopatici che vengono utilizzati nei vari disturbi emotivi, psichici o psico-somatici, consulti l’articolo “Ansia, Depressione, Attacchi di panico” nella sezione del sito “Affezioni-Rimedi”. Tra i rimedi tipici per l’astenia (stanchezza) troviamo: Argentum nitricum (nonostante la frettolosità), Arsenicum album (intensa con paresi e ansietà), Calcarea carbonica (con lentezza e torpore delle reazioni), Graphites (intensa con voglia di far nulla), Kali phosphoricum (alternata a eccitazione), Nux vomica (subito dopo il pasto con bisogno di dormire), Phosphoricum acidum (profonda, soprattutto dopo stress psico-fisici), Sepia (notevole), Silicea (donna gracile, stanca, che non ha voglia di fare nulla). Ma potrebbe essere adatto anche qualche altro rimedio omeopatico, laddove si ravvisi una migliore somiglianza rimedio-paziente. Le consiglio comunque di non fare da sola, ma di rivolgersi ad un medico omeopata che con la visita sarà in grado di prescrivere la terapia appropriata al suo caso specifico. Cordiali saluti.
Maddalena dice
Gentile dottt.ssa,
Mia figlia di 3 anni é in cura con notakehll d5 per tonsillite cronica (oltre ad echinacea compositum e manganese e rame). A dieci giorni dall’inizio della terapia, sono sopraggiunte febbre (meno alta del consueto) e tonsille gonfie. Potrebbe essere compatibile con l’aggravamento omeopatico? Grazie, Maddalena
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Maddalena, potrebbe non trattarsi di aggravamento omeopatico, perché in genere questo con le basse diluizioni, qual è una D5 e nella fase acuta di una patologia cronica si manifesta abbastanza presto. Sarebbe pertanto opportuno informare il medico omeopata che ha prescritto la terapia. Cordiali saluti.
Laura dice
Buona sera,
Vorrei un consiglio su quale rimedio omeopatico assumere per curare onicomicosi alle unghie dei piedi e delle mani che porto dietro da tempo.
Mi indicano Antimonium Crudum e Silicea.
Cosa ne pensa?!?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Laura, Antimonium crudum è indubbiamente il miglior rimedio omeopatico per il trattamento della micosi ungueale (o onicomicosi). Silicea invece è maggiormente adatto per la fragilità delle unghie e dell’apparato tegumentario in generale. Per quanto riguarda i fitoterapici, proprio per la micosi alle unghie dei piedi e delle mani in genere si rivela molto efficace l’olio essenziale di Melaleuca (noto anche come Tea Tree Oil). Relativamente all’alimentazione, le regole di base di ogni dieta alimentare per sconfiggere qualsiasi genere di funghi prevedono l’allontanamento degli zuccheri semplici, degli alcolici, dei cibi ricchi di lieviti e di conservanti. Si consiglia il consumo di cibi ricchi di vitamine (in particolare vitamine C e D), di minerali (in particolare zinco, selenio, magnesio, ferro), di acidi grassi polinsaturi (in particolare omega-3), di antiossidanti polifenolici (contenuti soprattutto in frutta e verdure fresche), degli amminoacidi lisina e glicina (contenuti soprattutto in carne, pesce, formaggi, leguminose) e di probiotici (contenuti soprattutto negli alimenti fermentati, come lo yogurt). Ovviamente la prescrizione appropriata al suo caso specifico la può garantire solo un medico omeopata, previa visita. Cordiali saluti.
Cristina dice
I farmaci omeopatici possono dare assuefazione e dipendenza ? Se l’organismo è talmente abituato al farmaco che non lavora più da solo , come è opportuno procedere ?
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Cristina, i rimedi omeopatici non hanno nulla di chimico e quindi non possono produrre assuefazione o dipendenza, in quanto non introducono praticamente sostanze, dal momento che grazie alla forte dispersione esse sono ridotte a livello estremamente basso, pressoché infinitesimale. La loro azione consiste unicamente nel veicolare una bio-informazione, una sollecitazione energetica, esattamente quella che serve ai sistemi di difesa e di regolazione generale dell’organismo per stimolare la capacità propria di guarigione. Pertanto le cure omeopatiche possono proseguire finché comportano benefici e finché esistono dei margini di miglioramenti, senza porsi dei limiti temporali particolarmente stringenti e logicamente si smettono alla guarigione o al raggiungimento di un risultato soddisfacente e stabile. Poiché, come detto, è sempre l’organismo a “lavorare” per la guarigione ed il farmaco omeopatico funge solo da stimolo, non ci si deve preoccupare se i tempi di cura dovessero dilatarsi oltre il prevedibile, in quanto ciò sta a significare che l’organismo ha bisogno ancora di tempo per raggiungere l’equilibrio necessario allo stato di salute, che certamente arriverà. Oltremodo i rimedi omeopatici non hanno, come si intuisce, controindicazioni o effetti collaterali e quindi una cura lunga non è mai pregiudizievole, sempreché, ripeto, venga a prodursi l’azione terapeutica auspicata. Ovviamente, trattandosi pur sempre di farmaci, per non sbagliare essi vanno sempre adoperati con cognizione di causa e perciò secondo prescrizione medica. Cordiali saluti.
Elena dice
Buongiorno chiedo scusa per la domanda, mi sono rivolta ad una farmacia omeopatica ed ho deciso di provare con 7 ch di follicolinum e ovarium, abbinati a sabina 30ch, solo che credo di aver capito male e credo di aver fatto confusione, li ho presi entrambi sotto la lingua due volte al giorno come ho fatto per l’altro rimedio, guardando su internet ho visto che però va presa l’intera dose (quindi tutti quelli presenti nel contenitore? ) in determinati giorni del ciclo, ho compromesso qualcosa oppure può andare bene anche come ho fatto? Grazie mille
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Elena, se trattasi di granuli, la singola dose è di 3-5 granuli ad ogni assunzione; se invece trattasi di globuli (circa 10 volte più piccoli dei granuli) in tubo-dose, allora la singola dose è costituita da tutti i globuli insieme (monodose) e quindi essi vanno assunti in un’unica soluzione. Cordiali saluti.
Elena dice
Buongiorno mi è stata prescritta sabina 30 ch per dolori da oulazione con perdite di sangue, dicendomi che poteva aiutarmi anche per la ricerca di una nuova gravidanza,può bastare come rimedio o posso integrare anche con altri stimolanti dell’ ovulazione? Vorrei poi fare un’altra domanda, lo sto prendendo da circa 15gg e sto meglio per quanto riguarda i dolori pelvici ma da circa 5gg ho naso chiuso e occhi che lacrimano quasi come un’allergia può essere collegata all’assunzione diquesto rimedio o è solo una coincidenza?
Grazie
Dott.ssa Rita della Volpe dice
Gentile Elena, i sintomi che lei avverte non fanno parte della patogenesi di Sabina, per cui verosimilmente non c’è alcuna relazione con l’assunzione del rimedio omeopatico, tale da far ipotizzare un effetto iatrogeno. Per quanto riguarda un aiuto per la fecondità, in linea di principio potrebbe essere utile associare qualche organoterapico, come ad es. Follicolinum e Ovarinum, che vengono impiegati per sostenere l’attività ovarica. Follicolinum interviene sulla produzione di follicolina che è l’ormone estrogeno dei follicoli ovarici, Ovarinum interviene sull’ovaio e sull’ovulazione. Occorrerà però individuare correttamente le diluizioni, che sono determinanti per ottenere l’azione terapeutica necessaria. Pertanto sarebbe opportuno parlarne con il medico omeopata curante, che andrebbe anche informato sui sintomi subentrati a naso e occhi. Cordiali saluti.