La cataratta è l’opacità del cristallino dovuta a un perturbamento dei processi chimici o chimicofisici che regolano il ricambio del cristallino. Può essere determinata da cause traumatiche, tossiche o dismetaboliche che determinano profonde modificazioni organiche a carattere degenerativo, che comportano sempre perdita o diminuzione della trasparenza.
Nell’accezione più ricorrente il termine c. si riferisce alle opacità che si sviluppano, senza causa riconoscibile, nel cristallino di individui, per altro sani, oltre una certa età. Il limite d’età, con larga approssimazione, può essere fissato intorno ai 50 anni. Si tratta della c. senile dovuta alla senescenza.
In altre forme di c. invece è riconosciuto un rapporto causale. Esse sono separabili per evoluzione clinica e sintomatologia, e perché legate a precise malattie generali (c. patologiche) o locali (c. complicate), a intossicazioni o a traumi. Più oscura è invece l’etiologia delle c. congenite, dove possono essere in causa fattori disgenetici (forme familiari, forme associate ad altre anomalie oculari o extraoculari congenite) o tossici o dismetabolici (forme sporadiche).
La c. senile è una delle malattie oculari più comuni tra le persone di età avanzata. A seconda della sede dell’opacità, si sogliono distinguere forme nucleari e forme corticali.
Le prime sono caratterizzate da un’opacità diffusa del nucleo. Iniziano dagli strati più interni di esso, progrediente verso la periferia fino a comprendere l’intero nucleo adulto. Le seconde sono le forme più comuni di c. senile. Le forme corticali comprendono molte varietà: c. equatoriale, cuneiforme, cupoliforme, perinucleare, deiscente, ecc. Nelle forme corticali le opacità iniziano negli strati più superficiali, più spesso nel segmento inferiore della lente, e hanno forma diversa. In genere ripetono la struttura radiale del tessuto ed hanno perciò l’aspetto di piccoli cunei con l’apice verso il centro della lente, isolati o confluenti verso masse più grossolane. Altre volte prevale una disposizione delle opacità a sottocoppa negli strati corticali più posteriori, o attorno al nucleo.
I caratteri di ogni tipo si cancellano gradatamente a mano a mano che la c. procede verso la maturazione.
Il cristallino umano è in effetti una “lente naturale”, che insieme alla cornea converge i raggi di luce (ha la stessa funzione dell’obiettivo in una macchina fotografica). La lente si trova all’interno del bulbo oculare tra l’iride e il corpo vitreo dell’occhio. In un occhio giovane il cristallino è trasparente ed elastico con una capacità di cambiare forma istantaneamente per fornire il fuoco che permette all’occhio di vedere bene sia da vicino che da lontano. La capacità del cristallino di modificare il potere di rifrazione nella visione da vicino e da lontano è definita accomodazione. Oltre alla funzione diottrica e all’accomodazione, il cristallino assorbe parte dei raggi ultravioletti, quindi contribuisce alla protezione della retina.
L’opacità del parenchima lenticolare, cioè della sostanza propria del cristallino può essere parziale o completa, quindi solo una parte dei raggi di luce sono in grado di raggiungere la retina. Ciò significa che la persona interessata lamenta una diminuzione della vista e le immagini sono poco chiare e offuscate.
Con gli anni la malattia progredisce, l’opacità si intensifica e si estende e la visione si deteriora ulteriormente.
Il disturbo fondamentale da cui deriva la perdita della trasparenza del parenchima lenticolare può essere riassunto in due tipi.
Il primo è l’opacità da rigonfiamento, un’alterazione reversibile. L’alterazione è connessa con una modificazione del grado di imbibizione dei complessi micellari costituenti le fibre del cristallino. Di ciò è responsabile l’azione di enzimi proteolitici presenti nella stessa lente, attivati dallo spostamento della reazione attuale verso l’acidità. È un processo di autolisi che libera complessi proteolitici solubili. Questi processi causano un aumento della pressione osmotica e il rigonfiamento del tessuto con la perdita della trasparenza del cristallino. La trasparenza del cristallino è strettamente collegata al contenuto di acqua. Al rigonfiamento succede la diffusione nell’umor acqueo di prodotti di degradazione protidici solubilizzati, sicché le fibre risultano in ultimo deformate, raggrinzite, e finiscono per scomparire del tutto, o lasciare detriti amorfi coagulati. Contemporaneamente altre modificazioni secondarie, anch’esse di carattere regressivo, hanno luogo a carico degli altri componenti del tessuto reticolare (lipidi, glicidi, minerali).
Il secondo è l’opacità da coagulazione, un’alterazione irreversibile. L’alterazione consiste in una denaturazione e successiva agglutinazione. In ultimo risulta una profonda disorganizzazione delle strutture.
La maturazione della cataratta, che rappresenta quindi l’evoluzione dell’opacità del cristallino, può determinare una diminuzione quantitativa (5/10, 2/10, ecc.) oppure una diminuzione della qualità della visione (appannamento, visione sbiadita, diminuzione della visione serale).
I rimedi più prescritti in omeopatia per la gestione della cataratta e per rallentarne il decorso sono Causticum, Cineraria maritima, Kalium chloratum o muriaticum, Secale cornutum, Silicea, Sulphur, Lycopodium.
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(*) V. Note esplicative