L’epilessia è un disturbo neurologico caratterizzato da episodi ricorrenti e imprevedibili di attività elettrica anormale nel cervello, che può causare convulsioni, perdita di conoscenza e alterazioni del comportamento.
La causa esatta dell’e. non è ancora completamente compresa, ma si ritiene che sia dovuta a un’eccessiva attività dei neuroni nel cervello. Questa iperattività può essere causata da diversi fattori, tra cui lesioni cerebrali, malformazioni congenite, disturbi genetici o squilibri chimici nel cervello.
Gli episodi epilettici possono variare in intensità e durata, e le persone affette da e. possono manifestare diversi sintomi durante un attacco, tra cui convulsioni, spasmi muscolari, perdita di coscienza, comportamenti automatizzati o stati di confusione.
La diagnosi di e. viene solitamente effettuata attraverso l’anamnesi medica del paziente, esami neurologici e test diagnostici come l’elettroencefalogramma (EEG), che registra l’attività elettrica del cervello.
Non tutte le persone affette da e. sperimentano convulsioni frequenti o gravi, e molte sono in grado di gestire efficacemente la loro condizione attraverso il trattamento adeguato e il monitoraggio regolare da parte di un medico specialista.
È importante sottolineare che l’e. non è una malattia contagiosa né causata da problemi mentali o emotivi. Le persone affette da epilessia possono condurre una vita piena e normale, se gestita correttamente con il supporto e le cure adeguate.
Tra i principali rimedi omeopatici utilizzati come coadiuvanti nei casi di epilessia ci sono:
Belladonna, Causticum, Hyosciamus niger, Silicea, Stramonium, Zincum metallicum.
Tra gli altri rimedi ci sono:
Absinthium, Acidum hydrocyanicum, Agaricus muscarius, Argentum nitricum, Arnica, Artemisia vulgaris, Calcarea Carbonica, Chenopodium anthelminticum, Cicuta virosa, Cina, Cocculus, Cuprum, Gelsemium, Hydrocyanic acidum, Hypericum, Indingo, Kali bromatum, Magnesia phosphorica, Moschus, Natrum sulfuricum, Oenante crocata, Opium, Plumbum, Veratrum viride.
Secondo il temperamento (Lachesis, Ignatia, Platina, Nux Vomica, Gelsemium).
EPILESSIA: APPROFONDIMENTI
Conosciuta fin dall’antichità, l’e. fu chiamata “morbus sacer” per la credenza che l’epilettico fosse invasato da spiriti o da divinità.
Si suole distinguere un’epilessia sintomatica, dovuta a processi anatomopatologici ben definiti (tumori cerebrali, encefaliti, traumi craniocerebrali), ed una e. idiopatica o genuina o essenziale, da alcuni ritenuta indipendente da lesioni anatomiche cerebrali e dovuta a una predisposizione congenita e a meccanismi puramente dinamici, funzionali.
L’e. è una delle malattie neurologiche più frequenti. È dovuta all’iperattività dei neuroni, cioè delle cellule del cervello, generalmente localizzati a livello della corteccia cerebrale (lo “strato più esterno” dell’encefalo). Questa condizione neurologica interessa circa l’1% della popolazione mondiale; è generalmente più frequente nei bambini piccoli e negli anziani, mentre si riduce negli adulti. La maggiore incidenza nei soggetti più giovani è dovuta a patologie congenite, infezioni congenite e problemi metabolici o traumatici (ad es. trauma da parto). Negli anziani il maggior rischio di epilessia è in genere associato a fenomeni di degenerazione cerebrovascolare.
La crisi epilettica è provocata da una scarica elettrica anomala a livello della corteccia cerebrale, localizzata o diffusa; può essere asintomatica o provocare disturbi anche significativi.
A livello sintomatico tale iperattività provoca generalmente una ripetizione di crisi epilettiche caratterizzate da brevi episodi di perdita di conoscenza (assenze) e da alterazioni sensitive, psichiche o motorie, più o meno accompagnate da spasmi o da contrazioni della muscolatura scheletrica di tipo convulsivo. A volte, in luogo dell’accesso convulsivo, la crisi è costituita soltanto da una fugacissima sospensione della coscienza o da altre manifestazioni psichiche o psicomotorie, dette equivalenti delle crisi convulsive, e che possono alternarsi con queste. Tra le forme equivalenti quella più lieve e frequente è l’assenza (piccolo male epilettico). Consiste in una improvvisa e fugace perdita di coscienza, senza manifestazioni convulsive, talvolta con emissione di parole biascicate e incomprensibili.
L’inizio dell’accesso convulsivo è spesso contrassegnato da un grido improvviso e rauco. Poi il malato impallidisce, cade a terra con violenza e, nella caduta, spesso si produce delle contusioni o ferite al capo. Ha inizio allora la fase tonica della convulsione a cui partecipa, di solito, tutta la muscolatura del corpo; il capo viene ruotato da un lato o iper-esteso all’indietro, gli arti si irrigidiscono in estensione, le mani si chiudono a pugno,, gli occhi ruotano in alto o da un lato, la lingua viene protusa e spesso serrata fra i denti; la respirazione si arresta, il volto diventa cianotico, le vene del collo turgide, le iridi si dilatano fortemente e non reagiscono alla luce.
Dopo alcuni secondi alla fase tonica subentra la fase clonica: spasmi ritmici della muscolatura animano gli arti e il capo, all’apnea iniziale segue un respiro interciso e rumoroso, dalla bocca fuoriesce una schiuma acquosa. Poi, poco a poco, le scosse diventano sempre più distanziate e meno violente, finché non cessano del tutto, seguite da un completo rilasciamento muscolare, accompagnato da stato comatoso, respirazione rumorosa e profonda, pallore e sudorazione.
I sintomi dipendono dall’area cerebrale interessata.
Le crisi epilettiche sono classificabili essenzialmente in crisi parziali (dette anche focali) e crisi generalizzate.
Le prime originano in una regione della corteccia cerebrale, cioè da un’area che possiede un’anomala eccitabilità, e la loro manifestazione clinica dipende dall’area interessata. Possono essere ulteriormente classificate in semplici o complesse. Nel primo caso si caratterizzano per attacchi leggeri, che non si traducono mai in perdite di conoscenza; al contrario, le epilessie complesse comportano manifestazioni più severe, sempre accompagnate da perdita di conoscenza (generalmente di breve durata – pochi secondi -) e da contrazioni muscolari più intense.
Il focus epilettogeno interessa soltanto un emisfero cerebrale.
A seconda del coinvolgimento dell’area motoria, sensitiva o del linguaggio possono insorgere scatti, movimenti anomali, formicolio, disturbi sensitivi, difficoltà a parlare. Sono possibili anche fenomeni visivi, gustativi, alterazioni del comportamento, sensazioni di estraneità o di deja-vu.
Le seconde coinvolgono invece tutta la corteccia cerebrale e provocano normalmente una completa perdita di coscienza. Fra le crisi generalizzate, i tipi più comuni sono le assenze (piccolo male) e le crisi tonico-cloniche (grande male). Nelle crisi di assenza il soggetto diventa improvvisamente incosciente, spesso a occhi aperti, di solito non cade e non presenta disturbi motori. Nelle crisi tonico-cloniche, alla perdita di coscienza si associano contrazioni muscolari diffuse, che provocano la caduta a terra del paziente. È spesso presente contrattura mandibolare, cianosi temporanea del volto con ingombro respiratorio, e successivamente un periodo di recupero di durata variabile. Esistono poi altri tipi di crisi generalizzate meno frequenti quali le crisi toniche, atoniche o miocloniche. I neuroni che causano gli attacchi interessano entrambi gli emisferi.
In definitiva, le principali cause dell’insorgenza di crisi epilettiche sono:
Alterazioni congenite originatesi durante lo sviluppo del sistema nervoso del feto, dovute all’ dell’abuso di alcol e droghe durante la gravidanza.
Traumi cranici dovuti ad esempio all’applicazione del forcipe o alle eccessive compressioni subite dal cranio fetale durante i parti particolarmente prolungati.
Ascesso o tumore cerebrale
Anossia alla nascita
Ischemia dei vasi cerebrali
Emorragia cerebrale
Alterazioni indotte da malattie infettive, soprattutto quelle esantematiche che interessano la prima infanzia.
La ricerca
Le prime indagini sperimentali sull’e. risalgono al diciannovesimo secolo, con le osservazioni di Brown-Séquard (1850) sull’insorgenza di crisi epilettiche in animali con lesioni del S.N.C. o periferico. Da allora varie tecniche sono state utilizzate nell’animale per simulare sperimentalmente l’e. Le più impiegate riguardano l’uso di farmaci convulsivanti e la stimolazione elettrica di strutture cerebrali corticali o sottocorticali. Le ricerche ad oggi effettuate hanno comunque chiarito vari aspetti neurofisiologici, biochimici e farmacologici dell’e.
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